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Banda larga e infrastrutture digitali. Così Manzella spiega la road map italiana

Al convegno di Formiche in collaborazione con Inwit una road map per il 5G italiano con l’Ad di Inwit Giovanni Ferigo, il sottosegretario al Mise Gian Paolo Manzella e il professore della Luiss Matteo Caroli, insieme a parlamentari e addetti ai lavori. Ecco come la nuova rete può rilanciare la ripresa italiana post-Covid

Si scrive 5G, si legge crescita. La rete di quinta generazione può davvero diventare un volano per l’economia italiana nella ripresa post Covid-19. Numeri alla mano, l’impatto economico degli investimenti nel 5G per il prossimo decennio è da capogiro. Posti di lavoro, innovazione, semplificazione. Un recente report di Gsma stima in 2,2 trilioni di dollari il contributo della nuova rete all’economia mondiale fra il, 2024 e il 2034.

Chiamarla “rivoluzione” è quasi un cliché. Il 5G è già qui, o così almeno dovrebbe essere. L’Italia figura ancora alla terza posizione dell’indice Desi fra i Paesi europei. Ma è un dato da filtrare, perché viziato dalla partenza sprint che ha visto il nostro Paese concludere già nel settembre 2018, con largo anticipo, l’asta per l’assegnazione per le frequenze agli operatori: 6,5 miliardi di euro l’incasso record per lo Stato. Eppure due anni dopo ancora si è lontani dalla fase di implementazione. Perché?

È una delle domande cui ha provato a rispondere il convegno di Formiche in collaborazione con Inwit, Dalla Banda larga al 5G, quali infrastrutture per l’Italia post-pandemia, con la partecipazione, fra gli altri, dell’amministratore delegato di Inwit Giovanni Ferigo, del Sottosegretario allo Sviluppo Economico Gian Paolo Manzella e di Matteo Caroli, Dean Research, Professore di Economia e gestione delle imprese internazionali alla Luiss Guido Carli, insieme a un assortito pubblico di parlamentari e addetti ai lavori.

C’è un’occasione per colmare il gap, ha ricordato in apertura Manzella, e si chiama Next generation Eu. Al digitale sarà dedicata una fetta non secondaria della torta, quasi 49 miliardi di euro. Non solo 5G, ma anche banda ultralarga, da portare ovunque, dalle città metropolitane alle aree ultra-bianche. “L’impegno del governo è massimo, così come lo sforzo amministrativo di ministeri e regioni. Se la banda ultralarga non diventa un progetto nazionale e percepito come qualificante, è destinata a fermarsi”. Certo, non mancano le difficoltà, oltre la politica. Dai permessi all’iperburocrazia fino al rapporto fra Infratel e Open Fiber.

Rete 5G e Bul, ha garantito, “saranno due priorità della ripresa”. “Dobbiamo usare tutte le misure d’urgenza possibili per far sì che il dialogo tra Commissione e Stato membro sia veloce. Nel processo di digitalizzazione daremo particolare attenzione alle infrastrutture sociali, come il circuito ultrabroadband per le scuole”.

La digitalizzazione nel suo complesso è un nervo scoperto per l’Italia in Ue. Lo stesso indice Desi che le concede il terzo posto sul 5G la inchioda al venticinquesimo nella classifica generale della digitalizzazione. “È auspicabile un intervento normativo di riduzione di tempi e semplificazione delle procedure nel rilascio delle autorizzazioni e di adeguamento dei limiti di emissione elettromagnetica per non rischiare che l’Italia passi da una posizione di leadership nello sviluppo della nuova tecnologia 5G ad una situazione simile a quella fotografata dal recente Indice Desi” ha spiegato Ferigo, ad di Inwit, il primo tower operator italiano.

Di qui la proposta al governo: “Servirebbe un intervento normativo “risolutivo”, una Legge Obiettivo per il 5G.” È fondamentale, poi, che il nostro Paese sfrutti a pieno la grande opportunità offerta dalle risorse del Next Generation EU/PNRR per accelerare lo sviluppo delle reti 5G e azzerare il digital divide su tutto il territorio nazionale, supportando insieme l’infrastrutturazione e la diffusione di conoscenze e competenze digitali.”.

C’è poi il tema della sostenibilità economica della rete di ultima generazione. “È necessario garantire il massimo accesso a tutti, in particolare alle zone svantaggiate” ha spiegato Caroli della Luiss Guido Carli. Senza sostenibilità non c’è equità. “Bisogna procedere in modo il più possibile allineato: si rafforza sennò quel differenziale di competitività per le imprese, investimenti e persone, avendo aree che restano più indietro. Serve una penetrazione il più possibile allineata e coerente tra i territori.”

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