Il primo gennaio 1921 usciva nelle sale lo svedese “Il carretto fantasma” di Viktor Sjöström, dal romanzo di Selma Lagerlöf (1912). Apprezzatissimo dal pubblico, oggi cult, inaugurava il genere fantastico post mortem, fondendo tradizioni popolari pagane e cristiane. Si affermava al contempo, nel cinema muto, in tutto il mondo, la “scuola svedese”
Sia il romanzo di Selma Lagerlöf che il film tratto dallo stesso, di Viktor Sjöström, sostanzialmente fedele all’opera letteraria, parlano di una leggenda scandinava: quella del “carretto fantasma”. All’anima che dovesse capitare di morire a mezzanotte in punto, tra il 31 dicembre e il primo gennaio, in peccato mortale, gli toccherà per un anno condurre il carretto al servizio della Morte, raccogliendo tutte le anime dei morti in quel momento, in giro per il mondo. Sino alla mezzanotte del Capodanno successivo quando un’altra anima che morrà in quel preciso momento e in quello stato (peccato mortale), sostituirà il conducente del carro della Morte. La fatica e l’incombenza di un anno solare post mortem, però corrispondono ad un tempo uguale a 100 anni sulla terra.
TROPPO ALCOL FA (IL) MALE
Il film Il carretto fantasma (Körkarlen, 1921) di Sjöström apre, con mascherino circolare, su una giovane e bella donna, sorella Edit (Astrid Holm: intensa e brava quanto la coetanea Greta Garbo), a letto. È una laica dell’Esercito della Salvezza, che, tornata a casa, sta morendo di tubercolosi, assistita dalla anziana madre e da una consorella. E la notte di San Silvestro. Esattamente un anno prima aveva, insieme all’amica, aperto una casa di accoglienza per homeless, per conto dell’Esercito della Salvezza. Prima di esalare l’ultimo respiro chiede all’amica di rintracciare David Holm, che proprio un anno prima aveva ospitato nella nuova struttura, “il primo povero mandato dal Signore”. Poi capiremo che ne era segretamente innamorata. Nel taglio successivo, in montaggio alternato, vediamo tre barboni, seduti in terra, accanto alle lapidi di un cimitero (ricostruito in teatro), con un grande orologio su una torre alle loro spalle. Hanno bottiglie in mano e continuano e bere, ridendo e blaterando. Aspettano il nuovo anno. Uno di loro è David Holm. E, tra una sorsata e l’altra, narra, agli altri due beoni, la storia del carretto fantasma. A lui riferitogli, un anno prima, dal suo amico George, “uno bravo, non uno come noi, egli aveva studiato a Uppsala”. Senonché George, dopo aver raccontato quella storia, “morì a mezzanotte”. Finito il racconto, dopo un’altra bevuta, giunge trafelato un collaboratore dell’Esercito, dicendo a David che sorella Edit sta morendo e vuole vederlo. Egli si rifiuta. I due compagni gli dicono di andare, egli si oppone. Lo spingono fisicamente ad alzarsi, lui reagisce. Nasce una colluttazione, uno dei due, per calmarlo, gli spacca una bottiglia in testa. Muore. I due scappano. Il corpo di David rimane in terra. Arriva il carretto fantasma, tirato da un ronzino. Con alla guida un uomo con cappuccio e falce.
UN UOMO DUE DONNE
L’anima di David si stacca dal corpo (trucco della doppia esposizione) e si guarda, indecisa, intorno. L’uomo con il cappuccio è sceso dal carretto. Si avvicina, nel buio, a David: è George! È al servizio della Morte. Gli dice di salire sul carretto. David non vuole, non accetta la morte. George gli fa notare che ora è un’anima, non può più disporre di sé. “La cosa peggiore è che ora dovrai affrontare le conseguenze del male che hai fatto”. George si siede accanto a lui e gli ricorda i suoi molteplici peccati. Come avendo un’amorevole moglie e due belle bambine, una piccola falegnameria, che conduceva con il suo giovane fratello, abbia mandato tutto alla malora perché schiavo dell’alcol (parte una serie di flash-back). Come abbia abituato a ubriacarsi anche il fratello da trasformarlo in un assassino, durante una rissa. Come dopo la prigione, nonostante le promesse al direttore del carcere di mutar vita, appena tornato a casa, abbia ripreso a bere, picchiando la moglie. Come un anno prima, la sera di San Silvestro, ubriaco, si presentava presso la casetta dell’Esercito della Salvezza accolto con tanto amore da sorella Edit. E, come ella abbia, per tutta la notte, rammendato il suo cappotto pieno di germi e da quello si fosse infettata di tubercolosi e ora stesse morendo per causa sua. Come sua moglie in questo momento, più povera che mai, disperata, stesse preparando l’ultima cena per lei e le piccole, con il veleno da versare nella minestra.
LA MORTE SI COMMUOVE
David ora capisce i suoi errori. È profondamente dispiaciuto e vorrebbe riparare. George, forse per deroga della Morte (ma non lo vediamo), visto il pentimento, permette all’anima di rientrare nel corpo che giace inerme ai piedi delle lapidi del cimitero, e tornare a vivere. David corre a casa, si presenta alla moglie che, al vederlo, è terrorizzata: pensa alla razione di percosse. David, invece, la fissa lungamente, poi avanza nella povera nuda cucina, si siede, e inizia a piangere. La donna, pian piano si commuove, si avvicina, e gli dice “David piangi!”. Si abbracciano, e lei “aspetto che le mie lacrime cancellino il dolore”. La didascalia finale è una frase di David: “Signore fa’ che la mia anima raggiunga la fede prima della fine”
IL SUCCESSO INTERNAZIONALE
Il carretto fantasma fu subito un successo internazionale, segnava l’apogeo della scuola svedese, tra realismo ed espressionismo (con autori quali Stiller (Erotikon, 1920), lo “scopritore” di Greta Garbo; Gustaf Molander; Gustaf Hallén e altri). Introduceva nel fantastico cinematografico il tema dello spettro buono, un genere “notturno” privo di horror. La storia, pur avendo origine da una leggenda scandinava popolare, venne compresa e apprezzata dal pubblico di diversi continenti. Tranquillizzante era la personificazione della Morte, la sua umanizzazione, pronta a sospendere il suo intervento finale di fronte a un tardivo pentimento. Rassicurava il pubblico la conversione di David (non a caso nome che rimanda al pentimento del David biblico), personaggio con cui lo spettatore si poteva identificare oltre, naturalmente, al motivo della salvezza cristiana.
I TRUCCHI CHE FECERO EPOCA
Sul piano formale il film affascinò il pubblico soprattutto grazie al trucco della doppia esposizione. Questa sorta di sovraimpressione permanente consentiva al carretto di attraversare città, campagne e il mare comunicando allo spettatore, ancora non alfabetizzato cinematograficamente, sensazioni di vivere vicende ultraterrene. Molti credettero di assistere a situazioni “reali”, a fatti accaduti. Ciò grazie anche alla notevole maestria con cui Sjöström dirige gli attori (egli si riserva la parte di David).
LO STILE
Seppur Sjöström, all’apice del successo con capolavori quali La figlia della torbiera (1917) e I proscritti (1918), non adotti, nell’articolazione dei piani di ripresa, tutti quelli che si andavano affermando – il primo piano, il primissimo piano o il particolare – , rimanendo legato a soluzioni classiche, quali la mezza figura e il mascherino circolare, mostra una certa padronanza del linguaggio del cinema. Infatti, ricorre sovente alla panoramica orizzontale o alle imbibizioni (colorare la pellicola: blu per la notte; rosa per il tramonto). Permane qualche indecisione nei raccordi tra inquadrature: talvolta sono fuori asse gli sguardi di chi guarda verso chi è guardato, “svista” che in quello stesso anno un Charlie Chaplin o un Carl Th. Dreyer evitano. Nonostante ciò il racconto mantiene una fresca suspense, sino all’abbraccio finale, grazie al ricorso al montaggio alternato (lezione di David Wark Griffith) e all’inserimento di lunghi flashback.
SJOSTROM E BERGMAN
Alcuni storici sottolineano come Il carretto fantasma abbia influenzato un altro grande regista svedese, rivoluzionario, per lo studio dell’anima al cinema, Ingmar Bergman. Nel famoso film Il settimo sigillo anch’egli personifica la Morte che accetta la partita a scacchi con Antonius Blok (Max von Sydow). E, successivamente, offrirà a Sjöström attore, la magnifica parte del protagonista, l’anziano prof. Isac Borg, che davanti al sereno approssimarsi della morte, scopre aspetti sconosciuti della sua vita, in Il posto delle fragole.
Forse è per questo aspetto malinconico ma al contempo fiducioso con cui è tratteggiato lo spirito nordico che Il carretto fantasma da molti anni è, per le Tv scandinave, il film della notte di San Silvestro.