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Ecco rotta (e ostacoli) per costruire un partito di cattolici. Scrive Reina

I cattolici se davvero vogliono contribuire a nobilitare la politica italiana si affidino al proprio patrimonio storico-politico, si confrontino con altri percorsi e cerchino di realizzare la migliore sintesi nell’interesse degli italiani. Il commento di Raffaele Reina

La situazione politica generale del Paese non promette niente di esaltante in questa contingenza natalizia. Gli scontri, i confronti, le minacce, gli aut aut sono all’ordine del giorno, sembra di vivere in un Paese che da poco ha conquistato la democrazia, vista la pochezza politica, culturale, democratica dei partiti. C’è la necessità, ormai avvertita da tanti, di ripristinare regole politiche finalizzate a mettere ordine nel sistema democratico. Ci sono le idee, i pensieri ma mancano gli uomini su cui farli camminare.

I cattolici in questa confusa situazione cercano di essere propositivi e di dare il proprio contributo alla causa. Ernesto Preziosi e Domenico Galbiati, cattolici impegnati in politica, già deputato nel Pd il primo, parlamentare democristiano di lungo corso il secondo, scrutando appunto la condizione politica generale, sono intervenuti in questi giorni tramite i media per ragionare sull’esistenza di elementi per andare oltre, dando vigore e forza a un impegno politico autonomo più convinto. Iniziativa quanto mai apprezzabile, vista la modestissima offerta che la politica propone al Paese in questo tempo storico. Gli argomenti affrontati dai due ex parlamentari riguardano più o meno la stessa questione: come costruire un partito di cattolici per partecipare degnamente alle scelte politiche necessarie al raggiungimento del bene comune.

Emerge dai loro scritti la constatazione che ci sono ostacoli non proprio facili da superare, per riuscire nell’intento. Hanno colto nel segno: è cresciuta la diffidenza tra i cattolici nell’approvare progetti e proposte a scatola chiusa, già in passato lanciati e falliti, perché il vero obiettivo non era quello di dar vita a un soggetto politico di cultura popolare per migliorare la condizione del Paese, ma tutto si riduceva a far eleggere deputato o senatore tizio, caio e sempronio. Il fastidio avvertito da alcune espressioni del cattolicesimo, l’incomprensione o addirittura l’intolleranza per la riproposizione di anacronistici e usurati paradigmi che si vorrebbe far apparire nuovi, ma che in realtà sono sempre gli stessi del passato vengono decisamente respinti. Una pratica abusata che guarda solo all’utile particulare. Ci sono tanti uomini di buona volontà, sinceramente proiettati verso la costruzione di un partito moderno, autonomo, ispirato alla dottrina sociale della Chiesa, che stanno svolgendo con limpidezza un ruolo pedagogico, paziente per agevolare il confronto, il dialogo tra le diverse componenti dell’associazionismo cattolico e non, al fine di pervenire a una sintesi efficace, che si concretizzi nella nascita di una forza politica in grado di incarnare principi e valori figli del cattolicesimo politico, vanno sollecitati e accompagnati nel loro prezioso impegno.

Si dia loro spazio e possibilità di agire, mettendo da parte vecchie cariatidi pronte a salire e a scendere da tram ormai in disuso. Non bastano però solo buoni propositi per riuscire nell’impresa, è necessario riflettere cosa è stato l’impegno politico dei cattolici tra fine XIX e XX secolo. È essenziale conoscere cosa ha significato costruire un partito popolare di ispirazione cristiana. Il lungo, profondo, intenso confronto che don Luigi Sturzo ebbe col card. Gasparri dopo la Prima guerra mondiale e fino al gennaio 1919, anno di nascita del PPI è di certo una pietra miliare. Altrettanto utile sarebbe penetrare il significato dei discorsi, dei dialoghi, del lavoro di Mons. Montini, poi San Paolo VI, con De Gasperi e altri autorevoli esponenti cattolici dal 1943 al 1948 che portarono alla nascita della Democrazia Cristiana.

Ci si ritrova oggi con una gerarchia ecclesiastica molto più aperta, fatta da una pluralità di voci provenienti da ogni parte del globo, per cui è quasi impossibile imitare le esperienze avvenute al tempo del card. Gasparri e di Giovan Battista Montini. A chi pensa che sia possibile mettere insieme il pensiero popolare con quello di De Gasperi per dare sostanza politica e culturale a un probabile nuovo partito di ispirazione cristiana si può rispondere che tale percorso è problematico, se si ha a che fare con qualche cacicco, preoccupato solo di mettere in mostra se stesso per conquistare qualche piccolo vantaggio di potere. Non è il tempo di agevolare la prevalenza dell’incompetenza politica e dell’ignoranza della storia del cattolicesimo politico. È insopportabile che esso venga considerato residuale da gente che cerca di inserirsi spregiudicatamente in percorsi politici che poco le appartengono, ergendosi a censore della storia democristiana.

L’umiltà di capire che esperienza si sta vivendo e quale rotta bisogna seguire per raggiungere un sicuro punto d’approdo non è da tutti. I cattolici se davvero vogliono contribuire a nobilitare la politica italiana si affidino al proprio patrimonio storico-politico, si confrontino con altri percorsi e cerchino di realizzare la migliore sintesi nell’interesse degli italiani.

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