Il premier Conte non può inventarsi dalla notte al giorno una cosiddetta task force, dove c’entrano solo alcuni suoi esperti di fiducia per gestire la crisi sanitaria. Sul tavolo, se non fosse chiaro, c’è in gioco la gestione di un fondo assegnato dall’Ue all’Italia per fronteggiare la pandemia. L’opinione di Reina
Il clima politico non è dei più tranquilli in questa fase di Covid return. Il governo Conte non riesce a prendere il largo, nonostante promesse e messaggi rassicuranti. Allo stato, Renzi è la vera spina nel fianco di Conte, non a caso viene attaccato, censurato, contrastato per aver minacciato di ritirare il sostegno dei suoi parlamentari al governo, se questi non recupera collegialità nella gestione dei 209 miliardi che arriveranno dalla Commissione Europea.
Non mi pare una richiesta scellerata o lunare. Renzi coi suoi parlamentari sostiene il governo, è giusto che partecipi alla organizzazione della gestione delle ingenti risorse utili per migliorare la condizione socio-economica del Paese. Si ha la sensazione che Conte sul Recovery fund non riesce proprio a trovare la quadra, non si capisce bene se per furbizia, per incapacità o sciatteria. Non è la prima volta comunque che incontra ostacoli seri sul suo cammino, capitò anche con l’esecutivo precedente, di cui era socio azionista la Lega di Salvini, e quel sodalizio non a caso finì come tutti sappiamo.
Allo stato mentre la discussione sul Recovery fund è ancora all’ordine del giorno non si conosce che risvolti ci saranno nell’immediato futuro. L’argomento non è di ordinaria quotidianità, non riguarda una categoria di lavoratori o qualche ignoto ente da finanziare, qui c’è in gioco la gestione di un fondo assegnato dall’Ue all’Italia per fronteggiare la crisi dovuta alla perdurante pandemia, che ha coinvolto e stravolto la vita di tutti gli italiani; si tratta di varare riforme coerenti con le necessità presenti e future, in primis la ristrutturazione del servizio sanitario italiano.
È chiaro che la questione è di importanza straordinaria, e come tale ha bisogno del coinvolgimento delle forze parlamentari e del consenso convinto almeno dei gruppi di maggioranza. Conte non può pescare nel torbido, inventandosi una cosiddetta task force, dove c’entrano solo alcuni suoi esperti di fiducia. È una idea in contrasto con la collegialità figlia della maggioranza di governo, elementare peculiarità dei governi di coalizione. E poi perché nominare degli esperti che surrogano le attività vere e proprie dei vari ministri? Allora, o i ministri non sono capaci e vanno sostituiti, tesi molto realistica, aprendo una crisi di governo o un rimpasto, oppure la task force che ha in mente Conte può avere solo carattere consultivo. Nessuno a questo punto può individuare in Renzi il responsabile di una probabile crisi di governo. Conte, Di Maio, Zingaretti e Speranza sono avvisati.