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Il 2021 parte piano. L’anno che verrà visto da Confindustria

Secondo gli economisti di Viale dell’Astronomia, il 2020 si chiuderà piuttosto male, con un Pil in profondo rosso. E le restrizioni figlie della seconda ondata si ripercuoteranno anche nei primi mesi del 2021

Il 2020 si era aperto così e cosà. E si chiude nel peggiore dei modi. Confindustria tira le somme di un anno che definire nero è poco. Si spera, certo, che il 2021 sia migliore, ma nel frattempo si fa la conta dei danni.

UN’IPOTECA SUL 2021?

“La pandemia”, scrivono gli economisti del Centro Studi, coordinati da Stefano Manzocchi, fa chiudere male il 2020 per l’economia e zavorra così il 2021. Non è un’ipoteca, ma poco ci manca.

Colpa, per esempio, dei servizi che “sono di nuovo in rosso, mentre finora regge a fatica l’industria, dove il settore automotive affronta insieme shock sanitario e salto tecnologico. I consumi tornano in calo, si riduce l’occupazione, il debito eccessivo delle imprese frena gli investimenti, l’export italiano vira al ribasso mentre gli scambi mondiali reggono. L’Eurozona è in recessione, nonostante i tassi favorevoli, mentre incombe il rischio di una Brexit disordinata, il dollaro è sempre più debole e il petrolio più caro”.

UN ANNO DA DIMENTICARE

Secondo il Centro Studi di Viale dell’Astronomia, “la seconda ondata di epidemia da fine estate e le restrizioni per arginarla fanno stimare un nuovo calo nel quarto trimestre. Ciò causerà un trascinamento statistico peggiore al 2021, che parte più basso. Il risultato, nelle variazioni annue, è una minore caduta nel 2020, ma meno rimbalzo l’anno prossimo”.

Più nel dettaglio, “cadono i servizi dell’industria. Nei servizi si è registrata una nuova flessione a novembre, sebbene meno marcata di quella di marzo-aprile; ciò a causa dell’impatto sulla domanda delle restrizioni alla mobilità e anche per le chiusure parziali di alcuni settori, molti legati al turismo. Nell’industria, invece, si registra una frenata, ma ancora in territorio positivo. La produzione, però, sembra aver già invertito la rotta (-2,3% a novembre e -6,3% dal livello pre-Covid)”.

IL FATTORE BREXIT

Impossibile poi non tenere conto della Brexit, su cui le trattative sono ancora in alto mare. “Il 31 dicembre si conclude il periodo transitorio della Brexit: senza un accordo che regoli le relazioni con la Ue, si dovrà gestire un’uscita disordinata del Regno Unito dal mercato unico. Nel caso di no deal, il governo britannico ha pubblicato il sistema di dazi e tariffe che dovrebbe applicarsi. Secondo stime di Confindustria l’Italia (direttamente) è esposta meno di Spagna, Germania e Francia. L’impatto sarà comunque maggiore per vari comparti del Made in Italy (agri-food, fashion, autoveicoli); per alcuni territori (Nord-Est); per le imprese esportatrici di minore taglia, meno attrezzate per mercati non-Ue”.

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