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Conte, l’intelligence e il triste show libico. Parla Gaiani (Analisi Difesa)

Uno show che danneggia l’immagine dell’Italia e avrà un prezzo tutto da definire. Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, commenta il blitz di Conte e Di Maio per liberare i pescatori da Haftar, “la politica estera è alla deriva”. Ecco cosa avrebbe fatto un Paese con un minimo di ragion di Stato

Giuseppe Conte ha pronto un regalo di Natale per il Paese. L’Italia avrà indietro i diciotto pescatori sequestrati dalle forze del generale Khalifa Haftar in Libia, dopo 108 giorni. Un blitz del premier con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dopo un vertice con l’Aise, ha rimandato la verifica di maggioranza con Italia Viva. Mentre dal Nazareno già si levano voci irritate su quella che sembra l’ennesima gestione personale di un dossier dell’intelligence da parte di Conte, fra gli addetti ai lavori lo sconcerto non è da meno. “La nostra politica estera è alla deriva”, sentenzia il direttore di Analisi Difesa Gianandrea Gaiani.

Ma è una buona notizia. O no?

Certo, tutti siamo felici di vederli tornare a casa. Ma l’immagine del Paese ne esce a pezzi. Li abbiamo lasciati in una situazione umiliante, l’Italia è stata ridicolizzata.

Addirittura?

Parlano i fatti. Un anno fa eravamo il Paese con maggiore influenza in Libia, specie a Tripoli. Ora riportiamo a casa dei connazionali dopo più di tre mesi di sequestro. Qualsiasi Stato avrebbe fatto ricorso da tempo a una classica formula diplomatica: “Non escludiamo alcuna opzione per liberarli”. Niente del genere. Quando Haftar ha fermato una nave turca, Erdogan l’ha fatta rilasciare in cinque giorni. I turchi non solo hanno spiegato di non escludere un’ipotesi militare, ma hanno chiarito che chi prende anche un solo cittadino turco in ostaggio diventa automaticamente obiettivo legittimo di un’azione militare. Capisce la differenza?

Cosa si poteva fare?

Abbiamo la flotta più potente del Mediterraneo, non una sola nave è stata inviata di fronte a Bengasi. Il governo ha provato a far leva sui Paesi che sostengono Haftar, una strategia che non poteva dare risultati nel breve periodo. Man mano che l’Italia ha perso prestigio, questi sponsor esterni hanno guadagnato peso: la geopolitica non lascia mai vuoti. Per convincerli serviva un’escalation, qualche nave da guerra. Come fanno gli americani nel Mar Cinese Meridionale quando i cinesi allungano le mani su qualche isola.

Qual è il prezzo da pagare per l’operazione?

Questa è una bella domanda, va rivolta a Palazzo Chigi. Non vorrei che in cambio abbiamo dovuto liberare qualche criminale in carcere. Sarebbe un precedente molto pericoloso, che mette a rischio qualsiasi italiano all’estero.

La diplomazia ha fallito?

Questo tipo di diplomazia sì. Bastava anche alzare i toni, spiegare che chi prende cittadini italiani diventa un bersaglio. Le trattative in Libia stanno andando molto male, gli sponsor di Haftar cercano una soluzione, un’Italia infuriata diventava un elemento di disturbo. E avrebbe indotto al Sisi a dire ad Haftar: “Sicuro che vogliamo guai con gli italiani?”. Ma aggiungo un’altra osservazione.

Prego.

Era proprio il caso di riaprire in questi giorni un processo ad al-Sisi, sulla consegna delle fregate Fremm e il possibile ritiro dell’ambasciatore? Così facendo rendiamo inconcludenti le decisioni di oggi e di ieri, e miniamo qualsiasi credibilità internazionale del Paese.

Un altro vertice con i Servizi, un altro blitz del premier. Nella maggioranza c’è chi denuncia un approccio all’intelligence troppo verticistico.

Se la maggioranza è tanto infastidita da una gestione personalistica dell’intelligence da parte di Conte, mi chiedo perché continui a sostenerlo. Questo show di Conte e Di Maio con i pescatori conferma l’eterna gara a fare la prima donna nel governo, anche su dossier sensibili di politica estera, il caso di Silvia Romano è un precedente illustre. A ridosso di Natale, una buona notizia che distrae dalle difficoltà del governo.

L’intelligence sconta il prezzo della politica?

L’intelligence è uno strumento che può e deve essere usato in maniera efficace per gestire queste crisi. Ma la gestione delle crisi rimane in mano alla politica, e a nessun altro. L’intelligence è un esecutore competente, il problema italiano è l’assenza di qualsiasi politica estera. Ricorda cosa aveva promesso Di Maio un anno fa?

Cosa?

Aveva annunciato la nomina di un inviato speciale per la Libia, e la stampa gli era andata dietro con un ricco totonomi. È passato un anno, qualcuno l’ha visto? Eppure sarebbe stato davvero utile per gestire il sequestro di questi connazionali. La politica estera italiana è alla deriva. Anche nel nostro giardino di casa.



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