Una crisi di governo ora sarebbe surreale, dice il presidente della Commissione Esteri del Pd e già sindaco di Torino. Conte coinvolga di più maggioranza e opposizione, il Parlamento non è un optional. Dal G20 al Cop26, ecco perché il 2021 è un anno decisivo per l’Italia
Ci sono i litigi di partito, i sussurri di corridoio, i rimpasti e i rimpastini, le beghe dell’uno e dell’altro leader. Poi c’è una sfida epocale in Europa, una mole di fondi per la ripresa da gestire, un Paese da trascinare fuori dall’emergenza e far tornare protagonista sullo scacchiere internazionale. Piero Fassino, deputato e volto storico del Pd, già sindaco di Torino, oggi presidente della Commissione Esteri della Camera, ha le idee chiare. Il premier Giuseppe Conte, dice a Formiche.net intervistato a margine dell’evento “Game Changers 2020” della Nato Defence College Foundation, deve governare questa fase coinvolgendo tutte le forze politiche, opposizione inclusa. Ma per un governo di unità nazionale “non ci sono le condizioni”.
Fassino, che bilancio fa del Consiglio europeo?
Molto positivo. Ha confermato lo scatto dell’Europa, dal Next generation Eu al bilancio comune fino all’accordo con Polonia e Ungheria e all’impegno di tutti i Paesi membri a ridurre le emissioni del 55% entro il 2030. È una rivoluzione avviata nel giro di qualche mese che ha fatto uscire l’Ue da una condizione di paralisi. D’altra parte nessun Paese europeo da solo, senza l’Ue, sarebbe in grado di uscire da questa crisi.
A Bruxelles si è presentato un governo italiano lacerato al suo interno. Non è certo un segnale di forza.
L’Italia si è presentata con la ferma determinazione di utilizzare tutti gli strumenti predisposti dall’Ue. Certo, la situazione politica interna conosce un momento di fibrillazione. Che deve essere superato, perché nessuno si può permettere anche solo di pensare a una crisi di governo di fronte a una pandemia che provoca mille morti al giorno. L’Italia non comprenderebbe. Siamo tutti impegnati a fermare il contagio per evitare una terza ondata e a contrastare le conseguenze economiche e sociali di Covid-19. Il dovere di oggi non è aprire crisi, ma rafforzare la coesione della maggioranza e delle istituzioni.
Come?
Ci vuole un sussulto di responsabilità da parte di tutti. Da parte del Presidente del Consiglio, che deve coinvolgere nelle scelte strategiche tutte le forze della maggioranza e confrontarsi con le opposizioni, perché si tratta di assumere decisioni che impegneranno il Paese per molti anni a venire. Ci vuole responsabilità della maggioranza, che deve cercare un punto di sintesi, chiedendo a ogni forza della coalizione di rifuggire dalla tentazione di piantare bandierine simboliche solo per lucrare consenso. E ci vuole responsabilità dell’opposizione a cui chiediamo di avanzare proposte realistiche e praticabili, non generiche idee irrealizzabili.
Una bandierina è stata piantata al Senato, di nuovo, da Matteo Renzi.
Da quando è uscito dal Pd e ha fondato Italia Viva, Renzi è alla ricerca di uno spazio politico. Ultimamente questa ricerca si è fatta più affannosa, forse alla luce dei sondaggi che confermano un consenso marginale del suo partito. Che un partito cerchi spazio è del tutto legittima, ma non destabilizzando governo e maggioranza di cui fa parte. Tanto più in un momento come quello che viviamo. Se ha delle proposte, le porti al tavolo, senza minacciare una crisi al buio.
Matteo Salvini propone un governo di unità nazionale. Vi fidate?
Mi sembra una proposta propagandistica e impraticabile. Evocare un governo di tutti è semplice, ma poi quando si dovesse definire il programma emergerebbero veti e inconciliabilità. E il risultato sarebbe la paralisi. Per questo non vedo oggi le condizioni per un governo di tutti. L’opposizione ha tutto il diritto di pungolare il governo e chiedere un confronto sulle scelte da adottare. Ma per confrontarsi e realizzare convergenze non c’è bisogno di fare un governo insieme. Così come non ha senso parlare di un ritorno anticipato alle urne nel pieno dell’emergenza. Mi sembra pretestuoso e anche poco rispettoso per chi ne sta pagando il prezzo.
In questi mesi il Parlamento è rimasto troppo indietro?
Il governo non può sostituire il Parlamento e viceversa. Ricordiamo però che è il Parlamento a dare la fiducia al governo. La democrazia parlamentare riconosce a questo istituto una centralità che non può in nessun modo essere modificata.
Ci sono le condizioni per un rimpasto o un Conte-ter?
Spero di no. Sono scenari che non corrispondono alla gravità della situazione sanitaria ed economica in cui versa il Paese. Chiunque abbia un minimo di esperienza politica sa che un rimpasto si sa quando comincia ma mai quando e come finisce. Significherebbe settimane di discussione fra i partiti, non avendo più come primo tema la lotta all’epidemia. Si offrirebbe agli italiani uno spettacolo surreale che accrescerebbe il disagio e l’insofferenza dei cittadini.
Nel 2021 l’Italia è attesa da tanti appuntamenti internazionali, su tutti la presidenza del G20 e del Cop26. Come ci si arriva preparati?
Sí un anno molto intenso. Presidenza G20, Cop26, Presidenza del Consiglio d’Europa, Health Global Summit dopo il Covid-19, Conferenza biennale Italia-America Latina. E ancora il partenariato Italia-Africa che il ministro Di Maio lancerà martedì prossimo. Tutti questi eventi devono avere un filo comune. La ricostruzione di un sistema di governance multilaterale del mondo, fortemente lesionata da quattro anni di amministrazione Trump. Una governance che ridefinisca regole per i grandi temo globali: il commercio internazionale, il climate change, le migrazioni, le pandemie. E anche il tema cruciale del rispetto dei diritti umani, mai come oggi così vivo.
Cioè?
Conosciamo il modo atroce con cui è stato ucciso Giulio Regeni. È di queste ore l’impiccagione di un giornalista iraniano, Ruhollah Zam, perché dissidente. Da Hong Kong al Tibet alla Bielorussia in troppe realtà nel mondo diritti umani e civili sono quotidianamente repressi. La globalizzazione non può essere solo dei mercati. È tempo di globalizzare i diritti. Ecco, il G20 a guida italiana non può prescindere da questa scelta.
Come prepararsi alla nuova era transatlantica firmata Biden?
Con Biden cambiano molte cose, a partire dall’impegno sul climate change e dalla ricostruzione del multilateralismo. Le sue prime scelte vanno già nella direzione opposta a quella di Trump, dall’annuncio di voler riaprire l’accordo sul nucleare iraniano Jcpoa a un rapporto con l’Ue che ricomponga la frattura provocata da Trump. Il rapporto transatlantico è una scelta strategica deve essere confermato, naturalmente aggiornandone le strategie alle nuove sfide di oggi.
Sulla Difesa restano divergenze. Di recente lei ha incontrato il ministro francede Le Drian. L’idea di Parigi di una autonomia strategica nella sicurezza europea sembra poco conciliabile con quella di Washington DC.
Un riequilibrio delle responsabilità delle politiche di sicurezza e difesa è già in corso. L’Ue ha scelto di procedere verso una politica comune di difesa e sicurezza. Non contro o a prescindere dalla Nato, ma in termini complementari, rafforzando il pilastro europeo dell’Alleanza. Ma sulla Nato mi permetta di fare un’aggiunta.
Prego.
L’Alleanza atlantica è chiamata a misurarsi non solo con le sfide militari. Oggi ci sono nuove sfide alla sicurezza. Penso al tema del cambiamento climatico che provocando desertificazioni determina lo spostamento di intere popolazioni e giganteschi flussi migratori. Penso alla sicurezza sanitaria oggi aggredita da pandemie che sconvolgono il mondo. Penso alla intelligenza artificiale e alle tecnologie digitali, che offrono nuove immense opportunità, ma espongono anche rischi alla sicurezza, come le guerre ibride o le interferenze digitali. Sono sfide nuove che interrogano governi e istituzioni internazionali. E anche la Nato è chiamata ad occuparsene.