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Diciamo sì alla riforma del Mes e a Forza Italia… Parla Saccone

Il senatore di FI-Udc a Formiche.net: “Quale centrodestra stiamo immaginando per il futuro? Quello appiattito contro l’Europa non è più una risorsa ma diventa una caserma. Sì alla riforma del Mes perché impedirebbe l’effetto troika”

Qualcuno nel centrodestra si è dimenticato dell’Udc? Se lo chiede dalle colonne di Formiche.net il senatore Antonio Saccone (Fi-Udc) che, partendo dal cambio di postura di Forza Italia sul Mes (“incomprensibile”), mette l’accento sul ruolo dei centristi (“non siamo gli utili-idioti”), sul rischio di isolamento internazionale per l’Italia e sull’inconsistenza del governo Conte. “Sì alla riforma del Mes perché impedirebbe l’effetto troika.”

Perché Berlusconi non dovrebbe cedere alla linea di Salvini e Meloni sul Mes?

Perché un centrodestra largo e inclusivo a guida Berlusconi non avrebbe mai permesso di isolare, o di non considerare, chi avesse un’opinione diversa. Pertanto bisogna capire quale centrodestra stiamo immaginando per il futuro. Quello appiattito contro la riforma dell’Europa non è più una risorsa ma diventa una caserma ed è assai difficile che si possa tollerare.

I centristi dell’Udc puntano sul richiamo alle comune radici popolari ed europeiste. Forza Italia, che è nel Ppe, lo coglierà?

Berlusconi è un leader internazionale ed è elemento di garanzia per l’Ue: il suo ripiegamento sulle posizioni, legittime, di Salvini non è comprensibile. Ricordo che nel caso in cui non passasse la riforma del Mes rimarrebbe in piedi l’attuale status quo: ovvero se qualche paese dovesse avere problemi finanziari, interverrebbe la troika. Quel modello di Mes è stato condannato da tutti, perché sinonimo del memorandum-Grecia che va contro il principio della solidarietà.

Con la riforma cosa cambierebbe?

Sarebbe un piccolo passo in avanti verso il traguardo, ancora lontano, di un’Europa solidale che ad oggi non si è ancora completato. Da qui alla ratifica del Parlamento italiano, che avverrà entro il dicembre 2021, ci sarebbe tutto il tempo per porre sui tavoli europei il completamento della riforma.

In caso contrario cosa rischia l’Italia?

Un isolamento internazionale grave. Non solo i socialisti e il Ppe, ma anche i sovranisti alla Orban hanno dato l’ok e noi finiremmo per essere l’unico Parlamento a dire no in Ue. Francamente poi diventerebbe difficile andare a Bruxelles e chiedere solidarietà. Per cui mentre da un lato comprendiamo le posizioni di Salvini, legittime, dall’altro non capiamo quelle di FI. Osservo che al tavolo del Ppe nell’ultimo anno nessuno si è mai detto contrario a questa riforma: sono state certamente espresse delle perplessità, ma le trattative sono andate avanti.

Il destra-centro rischia di fare un assist al governo in questo modo?

L’aut-aut, fino ad oggi, non ha prodotto la disgregazione della maggioranza, che anzi è stata ricompattata. Ogniqualvolta una parte del centrodestra ha preferito un confronto tutto muscolare con il governo ha sempre perso, perché appunto l’ha ricompattato. Riteniamo che questo governo sia inadeguato e insufficiente: ma per abbatterlo serviva incunearsi nelle sue contraddizioni. Noi crediamo inoltre che mercoledì la maggioranza avrà i voti. Ma anche se non li avesse, ma passasse la riforma, è evidente che un governo senza piena legittimazione del Parlamento sarebbe in evidente crisi. Il Colle non lo manderebbe certo in Europa senza una maggioranza compatta.

Antonio Tajani ha detto che in Forza Italia il dissenso è certamente possibile, ma diranno no alla riforma. Cosa c’è dietro questa posizione?

E’un approccio molto apprezzabile perché si comprende la natura di Fi, liberale e dialettica. Ma il problema non è dividersi all’interno dell’area di centro, bensì il fatto che l’area di centro avrebbe dovuto dare una risposta unica.

Quanto ha influito la diarchia Letta-Ghedini sull’annuncio di Forza Italia e anche sugli alleati del centrodestra?

Non entro nel merito delle vicende interne di FI, a cui siamo federati. Pongo però il delicato tema dell’agibilità politica: è possibile che non esista un tavolo nazionale del centrodestra a cui l’Udc possa sedersi ed esprimere la propria posizione? Siamo una piccola realtà, certo, ma non utili-idioti da sollecitare solo alla vigilia delle elezioni regionali o comunali. Credo sia una questione che investa la dignità politica: vorremmo che, da qui a mercoledì, si convocasse un tavolo nazionale allargato anche alla gamba dei democratici-cristiani. Fino ad oggi ci è stato impedito e non rafforza ciò che ha caratterizzato il centrodestra italiano: ovvero largo e inclusivo. Nonostante ci sia stato impedito di esprimerci, abbiamo eseguito alla lettera le indicazioni della capogruppo in Senato, Annamaria Bernini, senza usare artifizi o tecnicismi per agevolare il governo.

Un disagio che potrebbe condurre a cosa?

Abbiamo la coscienza a posto, perché i nostri tre senatori hanno sempre votato le mozioni contro il governo e abbiamo la patente di senatori fedeli. Ma quando qualcuno inizierà a dirci che anche noi abbiamo diritto di parola all’interno del centrodestra? Per cui non si può pensare che in questo caso i senatori dell’Udc voteranno a prescindere.

twitter@FDepalo

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