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Digitale, infrastrutture e (tanto) green. Ecco il Recovery Plan del governo

Quasi 196 miliardi di gittata per il piano d’azione per il Recovery Fund messo a punto dal governo. Oltre 70 miliardi solo per la transizione energetica e un triumvirato al vertice della cabina di regia. Spinta alla banda larga in fibra e ai pagamenti elettronici. E spunta la riforma dell’Irpef per il ceto medio

Quasi 200 miliardi. Tanta è la gittata del Recovery e Resilience Plan, il piano d’azione per l’allocazione dei 209 miliardi del Recovery Fund all’esame di un Consiglio dei ministri non certo tranquillo, causa malumori nella maggioranza e la positività al Covid del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. Quando sull’Italia cominceranno a piovere i primi miliardi, sarà bene farsi trovare pronti per farne, subito, tesoro. E le oltre 120 pagine del piano possono essere un inizio.

UN BIGLIETTO (DI SOLA ANDATA) PER LA RIPRESA

“Per l’Italia in particolare”, si legge nella prefazione firmata dal premier Giuseppe Conte, “oltre a recuperare il terreno perduto con la crisi pandemica, si tratta
di voltare pagina rispetto al passato. Non possiamo permetterci di ritornare allo status quo precedente a questa crisi. E “per uscire da questa crisi e per portare l’Italia sulla frontiera dello sviluppo europeo e mondiale occorrono un progetto chiaro, condiviso e coraggioso per il futuro del Paese, che permetta all’Italia di ripartire rimuovendo gli ostacoli che l’hanno frenata durante l’ultimo ventennio. Che Paese vorremmo tra dieci anni? Da questa domanda è partita la riflessione del governo. Dietro al ritardo italiano ci sono problemi strutturali noti, ma mai affrontati con sufficiente determinazione. Questo è il momento di farlo, seguendo tre direttrici di riforma e mantenendo al centro della nostra azione la persona umana, la sua libertà, le sue aspirazioni. In primo luogo, vogliamo un Paese moderno, innovativo dotato di una pubblica amministrazione efficiente e moderna, in cui possano operare imprese innovative e sempre”.

LA MISSION DI CONTE

Secondo il premier il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia “si propone di dare concretezza a questi obiettivi, traducendoli in azioni di riforma e di
investimento, con tempi di esecuzione certi e soggetti a un controllo constante e pubblico sulla loro realizzazione. La modernizzazione dell’economia comporta il completo abbandono di paradigmi produttivi ormai superati per passare pienamente a una economia della conoscenza. Questo richiede prima di tutto e soprattutto competenze e quindi di concentrare gli sforzi sulla scuola, sugli studi superiori e professionalizzanti, sulla ricerca, sulla formazione. In secondo luogo, vogliamo rimuovere i principali ostacoli che impediscono al Paese e al suo ricco tessuto imprenditoriale di crescere come sa e può fare. Questo vuol dire innanzitutto affrontare con
determinazione alcune riforme essenziali: quella della giustizia civile e penale, per garantire un’effettiva tutela dei diritti e degli interessi attraverso procedimenti snelli e processi rapidi; quella della Pubblica amministrazione, che si realizzerà anche grazie a un ampio ed efficace ricorso alle tecnologie digitali, riorganizzando di conseguenza l’offerta di servizi ai cittadini”.

TRAZIONE GREEN

Nel merito, il piano vale 196 miliardi di euro diviso in 6 macro aree tra cui quella delle iniziative green assorbe da sola oltre un terzo delle risorse. In particolare, alla parte sulla transizione verde vanno 74,3 miliardi, a quella della digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura 48,7 miliardi e alle infrastrutture 27,7 miliardi. Altri 19,2 miliardi sono destinati all’istruzione e alla ricerca, 17,1 miliardi alla parità di genere e 9 miliardi alla sanità. L’effetto di tutto questo sul Pil?

Secondo i calcoli del governo, l’impatto partirà da 0,93 punti di Pil aggiuntivi rispetto allo scenario di base nel 2021 per raggiungere nel 2024 l’1,1%. L’effetto è molto più alto al Sud con 4,21 punti nel 2021, che arrivano nel 2024 a 5,3 circa “con una variabilità regionale che va dal 3,75 per cento registrato in Abruzzo a oltre il 5 per cento per le altre Regioni”.

LA GOVERNANCE A TRE

Uno dei passaggi salienti riguarda però la governance dell’intero impianto con cui smistare le risorse, che, bozza alla mano, potrà contare sulla presenza di alcuni manager selezionati dallo stesso governo. “Sull’attuazione del Recovery plan vigilerà con compiti di indirizzo, coordinamento e controllo un Comitato esecutivo, composto dal presidente del Consiglio, ministro dell’Economia e delle Finanze e dal “ministro dello Sviluppo Economico”. Sarà poi il ministro degli Affari europei “di intesa con il ministro degli affari esteri e delle cooperazione internazionale per quanto di competenza di quest’ultimo a svolgere il ruolo di referente unico con la Commissione Europea per tutte le attività legate all`attuazione del Piano”.

OBIETTIVO IRPEF

E c’è anche l’agognata riforma fiscale, che ruota intorno all’Irpef. “La riforma fiscale che abbiamo in mente e i cui principi e criteri saranno presentati con il disegno di legge delega che il Parlamento sarà chiamato ad esaminare risponderà, da un lato, all’esigenza di definire una riforma organica del nostro sistema fiscale e, dall`altro, alla necessità che il disegno riformatore possa essere attuato nei tempi previsti per la fine della legislatura. Abbiamo pensato innanzitutto a una riforma dell’Irpef, perché è l’imposta principale, interessa circa 41 milioni di contribuenti (dichiarazioni 2019 riferite all’anno di imposta 2018), e perché è quella che mostra più di ogni altra evidenti problemi di inefficienza, iniquità verticale e orizzontale e mancanza di trasparenza”.

“Anche in considerazione degli interventi posti in essere negli ultimi anni – si legge ancora – si ritiene che l’esigenza sia ora di concentrare le risorse disponibili per ridurre prioritariamente la pressione fiscale sui redditi medi. Finora siamo infatti intervenuti sui lavoratori con reddito fino a 40mila euro, ora dobbiamo intervenire a favore dei lavoratori (sia dipendenti sia autonomi) con un reddito medio, ovvero orientativamente incluso tra 40 e 60 mila euro, perché si tratta della fascia che oggi sconta livelli di prelievo eccessivi rispetto ai redditi ottenuti”.

VERSO LA RETE IN FIBRA

Nella lista degli interventi non poteva mancare la banda larga, alias fibra. Con il Recovery plan “si intende promuovere un progetto fibra che eviti il rischio di duplicazioni nella messa a terra della rete, che è parte delle infrastrutture strategiche nazionali, garantendo al contempo la piena concorrenza nella fornitura dei servizi anche attraverso opportune forme di separazione delle attività all`ingrosso di gestione della rete da quelle dei servizi al dettaglio”.

Inoltre nel piano si prevedono “interventi per la riduzione del digital divide, favorendo il raggiungimento degli obiettivi europei della Gigabit society” tra cui “il completamento del progetto Banda ultra larga (in particolare nelle aree grigie) e la copertura in fibra ottica in realtà pubbliche ritenute prioritarie (scuole, ospedali, parchi naturali, musei e siti archeologici, vie di comunicazione extra urbane)”.

SPINTA AL CASHLESS

Ultimo, ma non ultimo, pilastro, i pagamenti elettronici. Palazzo Chigi punta a un “piano nazionale per realizzare una cashless community, ovvero una comunità più predisposta e attenta al pagamento digitale”.  Il piano prevederà “meccanismi di incentivo all’utilizzo di mezzi di pagamento elettronici sia per i consumatori sia per gli esercenti” e “comporterà un cambiamento strutturale teso da un lato a favorire l’emersione di base imponibile e dall’altro a portare il tasso di pagamenti elettronici in Italia al livello di quello degli altri Paesi europei nel giro di un triennio”.

 

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