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Sanzioni europee sui diritti umani, bene ma… L’analisi di Laura Harth

Via libera Ue al nuovo regime sanzionatorio sui diritti umani. Ma il quadro non è perfetto: c’è il vincolo dell’unanimità e manca la cleptocrazia tra i casi. Il commento di Laura Harth (Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella”)

È ufficiale: ieri, 7 dicembre 2020, è stato adottato l’Eu Global Human Rights Sanctions Regime, che permette all’Unione europea di adottare misure restrittive mirate per contrastare gravi violazioni e abusi dei diritti umani nel mondo. Tale decisione prevede il divieto di ingresso o transito nel territorio e il congelamento di fondi e risorse economiche, nonché il divieto di mettere fondi e risorse economiche a disposizione delle persone o le entità giuridiche designate sulla lista.

Il nuovo Regolamento fornisce una lista non esaustiva delle violazioni che possano portare all’adozione di sanzioni individuali: a) genocidio; b) crimini contro l’umanità; c) gravi violazioni o gravi abusi dei diritti umani seguenti: i) tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti; ii) schiavitù; iii) esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie; iv) sparizione forzata di persone; v) arresti o detenzioni arbitrari; d) altre violazioni o altri abusi dei diritti umani, compresi, tra gli altri, quelli riportati di seguito, nella misura in cui tali violazioni o abusi sono diffusi, sistematici o comunque motivo di seria preoccupazione per quanto concerne gli obiettivi di politica estera e di sicurezza comune stabiliti all’articolo 21 Tue: i) tratta di esseri umani, nonché abusi dei diritti umani di cui al presente articolo da parte dei trafficanti di migranti; ii) violenza sessuale e di genere; iii) violazioni o abusi della libertà di riunione pacifica e di associazione, iv) violazioni o abusi della libertà di opinione e di espressione, v) violazioni o abusi della libertà di religione o di credo.

Un’ampio raggio di azioni ideale quindi per un mondo dove il rispetto dei diritti umani non è certamente in crescita e sempre più spesso incoraggiato come pratica di Stato nei regimi autoritari. A tal fine, nel mirino non solo i diretti responsabili, ma anche chi fornisce sostegno finanziario, tecnico o materiale, o che è altrimenti coinvolto in gravi violazioni o abusi dei diritti umani, anche pianificandoli, dirigendoli, ordinandoli, assistendoli, preparandoli, agevolandoli o incoraggiandoli.

Si apre quindi la possibilità di sanzionare non solo il singolo ufficiale incaricato di perpetrare crimini contro l’umanità, ma direttamente anche chi ne è il mandante. Pensiamo non solo alle politiche genocidarie contro le minoranze musulmane nello Xinjiang o i Rohingya in Birmania, ma per esempio anche alle tante e crescenti imposizioni di divieti contro la libertà di manifestazione, associazione, opinione e espressione delle opposizioni democratiche a Hong Kong, in Venezuela, Bielorussia, Cambogia, Thailandia, eccetera.

L’adozione del Regolamento ieri segna quindi un enorme passo in avanti per l’Unione europea per rendere effettivi i suoi valori e principi, di proteggere attivamente i diritti umani non solo all’interno del suo territorio ma su scala universale. Un passo auspicato da tanto tempo dagli attivisti, da alcuni governi — ne è stato artefice sopratutto quello olandese — e da chi soffre ogni giorno sotto le mani crudeli dei regimi nel mondo.

Certo, non mancano le critiche al provvedimento, vittima come sempre dalla regola dell’unanimità intergovernativa all’interno del Consiglio europeo, che rischia sopratutto di bloccare la designazione effettiva delle persone o entità giuridiche sulla lista. Designazione che può avvenire su proposta dell’Alto rappresentante o di un singolo Paese membro, ma che dovrà sempre passare quel difficile vaglio dell’unanimità.

Come ha dichiarato Bill Browder, artefice insieme al defunto senatore statunitense John McCain del primo Magnitsky Act statunitense: ”Questa regola dell’unanimità è un vero problema. Un altro problema con il Magnitsky Act dell’Unione europea è che non include la cleptocrazia, include solo l’abuso dei diritti umani. E quello che abbiamo scoperto è che la cleptocrazia e abuso dei diritti umani vanno di pari passo. Ovviamente, oggi festeggiamo perché si tratta di una pietra miliare enorme, ma domani inizia il lavoro per fare pressione sull’effettivo imposizione di sanzioni contro i malintenzionati in Paesi come Russia e Cina e per garantire che il Regolamento europeo sia aggiornata per includere anche la corruzione”.

A Browder avrà indubbiamente anche addolorato il fatto che il provvedimento europeo non porta il nome di Sergei Magnitsky, vittima degli abusi e della corruzione russa la cui morte nelle mani del regime ha ispirato il regime sanzionatorio adottato ora da un numero sempre maggiore di Paesi democratici. Diversi Paesi membri si erano schierati contro l’inclusione del nome, dichiarando di non voler dare l’impressione di focalizzare sulla Russia. Ma se una consolazione ci possa essere per Bill e per la famiglia di Sergei, mentre si discute dell’adozione di regole simili anche in Giappone e Australia, la parola “Magnitsky è ormai diventato un verbo, indicando quel regime di sanzioni mirate tanto temuto e odiato dai dittatori.

Sarà compito di ciascuno di noi che ha a cuore la difesa dei diritti umani e la volontà di arginare il potere illimitato di regimi autoritari — che non si fermano ai loro confini —, di farsi che il Regolamento non rimanga lettera morta, ma possa dall’inizio dell’anno che arriva effettivamente riportare i nomi e cognomi di chi cerchi ogni giorno di uccidere la libertà.


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