La fotografia del Rapporto Ecomafia 2020. Le storie e i numeri della ambientale in Italia, realizzato come ogni anni da Legambiente sui dati delle attività svolte dalle forze dell’ordine, Capitanerie di porto, magistratura, in collaborazione con l’Ispra, le Agenzie regionali dell’ambiente e dell’Agenzia delle dogane
Aumentano i reati contro l’ambiente, nonostante l’opera di controllo e arresti da parte delle forze dell’ordine. Sono oltre 34 mila 600 quelli accertati nel corso del 2019, 4 ogni ora. Preoccupano soprattutto gli illeciti legati all’abusivismo edilizio, al primo posto nelle attività eco criminali, con quasi 11 mila 500 casi (il 74% in più rispetto al 2018); seguono quelli relativi alla gestione dei rifiuti che ammontano a oltre 9 mila 500 (solo un 11% in più del 2018).
Da segnalare inoltre quelli contro la fauna, oltre 8 mila (+11%) e gli incedi boschivi, quasi 4 mila, e con un più 92,5%. Tra le Regioni è la Campania al primo posto con 5 mila 549 reati contro l’ambiente, seguita da Puglia, Sicilia e Calabria. E come negli anni precedenti, in queste quattro Regioni si concentra quasi la metà di tutti gli illeciti penali, il 44,4%. La Lombardia, con 88 ordinanze di custodia cautelare, colleziona più arresti per reati ambientali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia messe insieme (86 in totale). Enorme il giro d’affari potenziale complessivo dell’ecomafia, stimato in quasi 20 miliardi di euro per il 2019 e che dal1995 ad oggi sfiora i 420 miliardi. A spartirsi la torta, insieme ad imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, sono stati 371 clan attivi in tutte le filiere, dal cemento ai rifiuti, dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle energie rinnovabili.
Questa la fotografia del Rapporto Ecomafia 2020. Le storie e i numeri della ambientale in Italia, realizzato come ogni anni da Legambiente sui dati delle attività svolte dalle forze dell’ordine, Capitanerie di porto, magistratura, in collaborazione con l’Ispra, le Agenzie regionali dell’ambiente e dell’Agenzia delle dogane. “I dati e le storie presentati nel rapporto – ha detto il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – raccontano un quadro preoccupante sulle illegalità ambientali e sul ruolo che ricoprono le organizzazioni criminali. Se da un lato aumentano i reati ambientali, dall’altro non si arresta la pressione dello Stato.
I nuovi strumento repressivi messi a disposizione dalla legge contro i reati ambientali del 2015 stanno mostrando tutta la loro validità. Anche per questo occorre completare il quadro normativo: servono nuove e più adeguate sanzioni penali contro la gestione illecita dei rifiuti, l’approvazione delle leggi contro le agromafie e il saccheggio del patrimonio culturale, archeologico e artistico, una continua attività di demolizione degli immobili costruiti illegalmente per contrastare la piaga dell’abusivismo”.
Anche nel 2019 il ciclo dei rifiuti resta il settore maggiormente interessato dai fenomeni di criminalità ambientale con 198 arresti (+112% rispetto all’anno precedente) e 3 mila 550 sequestri (+15%). A guidare questa triste classifica per numero di reati la Campania (1.930), seguita dalla Puglia (835) e dal Lazio (770). Sono finite sotto sequestro quasi 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti, pari a una colonna di 95 mila tir lunga 1.293 chilometri, poco più della distanza tra Palermo e Bologna.
Resta molto alta la piaga dell’abusivismo edilizio con 20 mila nuove costruzioni che secondo l’indicatore del Benessere equo e sostenibile dell’Istat, resta a livelli intollerabili per un Paese civile.
“Le cause della persistenza dell’abusivismo edilizio in Italia – secondo Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente – vanno ricercate nelle mancate demolizioni da parte dei Comuni e nei continui tentativi di riproporre condoni edilizi da parte di Regioni e forze politiche. I dati dimostrano che il principale interesse dei clan è proprio quello di condizionare gli appalti di ogni tipo, dalla manutenzione delle strade alla gestione dei rifiuti”.
Preoccupanti anche i dati sugli incendi boschivi: nel 2019 sono andati in fumo 53 mila ettari tra boschi e altre aree, con un incremento del 261% rispetto al 2018. I reati accertati sono stati 3.916 con una crescita del 92%. Più della metà dei reati si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, dove è andato in fumo il 76% del territorio, con la Calabria in testa alla classifica. Gravi anche i reati contro gli animali: oltre 8 mila, più di 22 al giorno, con oltre 7 mila persone denunciate, 2.629 sequestri effettuati e 39 arresti. Si stima che il fatturato illegale legato a queste attività ammonti a 3,2 miliardi di euro.
“Il rapporto – ha commentato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – mostra come a fronte dell’aumento dei reati ambientali, riscontriamo anche una crescita dei controlli effettuati. Il presidio del territorio è ormai una priorità per le amministrazioni pubbliche. I controlli sono l’elemento che discrimina il mondo sano da quello illegale. Non sono un elemento di repressione ma di prevenzione, per questo sono apprezzati e auspicati dai cittadini e dagli imprenditori onesti”.