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Chi è il colosso cinese Cssc, terzo incomodo tra Fincantieri e Stx

Parigi tifa per la bocciatura Ue dell’affare Fincantieri-Stx. Preoccupazioni per la joint-venture tra il gruppo italiano e la cinese Cssc, già nella lista nera Usa

C’è grande attesa per la decisione della Commissione europea sull’acquisizione da parte dell’italiana Fincantieri del 50% delle azioni di Chantiers de l’Atlantique dallo Stato francese per 59,7 milioni di euro.

Il prossimo 31 dicembre scadranno i tempi per l’operazione e per il parere di Bruxelles dopo l’istruttoria. “Solo il governo francese mantiene un ottimismo di faccia”, racconta oggi La Stampa con un reportage da Saint-Nazaire firmato da Leonardo Martinelli. Il quotidiano torinese sottolinea come entrambi i governi ormai tifino per il “no”, per far sì che le colpe ricadano sull’Unione europea.

In Francia la bocciatura “è quello che praticamente sperano tutti”, si legge. I timori sono legati (anche) alla sicurezza nazionale. La Stampa riporta una conversazione con Yannick Vaugrenard, senatore socialista di Saint-Nazaire, che dice: “Fin dagli inizi mi sono posto all’operazione, a causa dell’accordo sul trasferimento di tecnologia di Fincantieri con i cinesi della Cssc” (China State Shipbuilding Corporation). Elementi già rilevati in un rapporto con cui il Senato francese si era detto contrario alla fusione. Continua Vaugrenard alla Stampa: “Da quando, poco più di un mese fa, i cantieri cinesi hanno ricevuto il primo ordinativo di navi da crociera, sei per la Carnival Costa, da realizzare con la collaborazione tecnologica di Fincantieri, è chiaro che gli italiani vogliono far entrare il lupo nell’ovile. Temiamo che anche il know how degli Chantiers e emigri verso il Paese asiatico”, ha aggiunto il senatore rievocando inviando il governo di Parigi a “pensare già a un piano B”.

Al centro delle preoccupazioni francesi c’è il memorandum d’intesa firmato da Fincantieri e Cssc nel 2018 per l’ampliamento della cooperazione industriale già esistente tra i due gruppi a tutto il comparto delle costruzioni navali mercantili. L’accordo prevede un ampliamento della attuale collaborazione, che include una joint venture per le prime unità da crociera mai realizzate in Cina per il mercato locale e altre attività, a progetti di ricerca e sviluppo in molteplici aree della navalmeccanica.

Ma Parigi non è la sola a preoccuparsi per Cssc. Infatti, il colosso cinese è tra le 31 aziende finite di recente nella lista nera di Washington per i loro legami con l’esercito di Pechino (c’è anche Huawei). Un mese fa il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo vietando a cittadini e aziende statunitensi di acquistare o detenere azioni delle 31 società cinesi individuate dal Pentagono e cedere le quote possedute entro il novembre del 2021. “La Repubblica popolare cinese sfrutta gli investitori statunitensi per finanziare lo sviluppo e la modernizzazione delle sue forze armate”, si leggeva nel provvedimento.

Non è ancora chiaro come l’ordine esecutivo di Trump impatterà sugli affari italiani di Cssc. Ma le mosse di Parigi e Washington pur di diversa natura — la prima punta all’autonomia strategia europea come terza via tra Stati Uniti e Cina; la seconda cerca di evitare la “cinesizzazione” del Vecchio continente — suonano entrambe come un campanello d’allarme anche per Roma.

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