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Conte, Di Maio, Zingaretti e la favola del gemello “buono” di Renzi

Questo governo è nato con Renzi, piaccia o no a Conte, Di Maio e Zingaretti. Se non lo sopportano più lo buttino fuori, se reggono con i numeri in Parlamento. Oppure si siedano a discutere con lui. Il commento di Roberto Arditti

Tra le più interessanti scoperte di quest’ultima fase dalla politica nostrana c’è l’esistenza di un fratello gemello di Matteo Renzi, a lui perfettamente somigliante e assolutamente in grado di farne le veci (all’occorrenza).

È infatti questo fratello gemello il protagonista della stagione estiva del 2019, quella in cui viene archiviato il governo con Salvini ministro e vicepremier. Sia chiaro, non è in alcun modo distinguibile dall’originale, perché parla come lui, veste come lui, si atteggia come lui.

Ha però una differenza, impercettibile all’occhio umano ma politicamente assai rilevante: questo fratello gemello di Renzi va d’accordo con Pd e M5S, gode della loro stima e fiducia al punto che i due principali partiti di governo hanno senza batter ciglio beneficiato della sua iniziativa (siamo sempre ad agosto 2019), pur avendolo spodestato dalla guida del partito i primi (cioè il Pd) e pur avendolo ferocemente attaccato per anni i secondi (il M5S).

È tutto qui il dilemma che attanaglia i vertici dei partiti di maggioranza: non si danno pace del ritorno sulla scena di “questo” Renzi, abituati com’erano a beneficare di “quell’altro” Renzi. Siccome però il gioco è bello quando è corto, ora la smetto di trastullarmi con le parole. Ma il senso è tutto nella metafora dei due Renzi (gemelli): essi non esistono ma molti si disperano lo stesso, come in un pirandelliano tentativo di permettere alla fantasia di superare la realtà (cosa impossibile).

In realtà Renzi è uno solo, con i suoi pregi (numerosi) e i suoi difetti (sostanziosi). Quindi i suoi critici di oggi (parlo di quelli al governo) dovrebbero mettere in campo un dose più consistente di onestà intellettuale in questa fase. E dovrebbero farlo per due essenziali motivi (a mio avviso).

Il primo l’abbiamo sommariamente enunciato: Renzi è Renzi e non lo puoi prendere quando ti fa comodo e respingere quando ti da fastidio, bollandolo come inaffidabile ed irresponsabile. Quindi c’è un primo motivo, diciamo così, di sostanza politica.

E poi c’è un secondo argomento di merito, tutto relativo alla reale condizione del Paese. Dopo settimane di lockdown (giallo, arancione, rosso) siamo a 659 morti al giorno, segno di una débâcle sanitaria di proporzioni importanti. Ci siamo cullati in estate dentro l’illusione cinica ed effimera di un “modello Italia” che non sta da nessuna parte, pur in presenza di enormi sforzi individuali e collettivi che in molti casi (negli ospedali in primo luogo) sono parenti stretti dell’eroismo.

Alla fine dell’anno dobbiamo drammaticamente constatare che siamo in vetta alle classifiche mondiali di vittime da Covid-19, con una distribuzione sul territorio che ormai evidenzia la dimensione nazionale del tragico fenomeno. E dobbiamo anche prendere atto che siamo titolari di un secondo primato, quello cioè del più acuto calo percentuale del Pil, quantomeno a livello europeo.

In assenza di questi due dati si potrebbe obiettare a Renzi di essere un totale irresponsabile, uno che mette i bastoni fra le ruote proprio mentre va tutto al meglio possibile (pure nella tragedia). Siccome però le cose stanno diversamente occorre ascoltare chi è critico, anche se antipatico, irritante e pure un po’ spocchioso.

Questo governo è nato con Renzi, piaccia o no a Conte, Di Maio e Zingaretti. Se non lo sopportano più lo buttino fuori, se riescono a reggere con i numeri in Parlamento. Oppure si siedano a discutere con lui, anche perché in materia di Next Generation Eu qualche ragione ce l’ha (anche qualcosa di più).

Passare il tempo sperando nel ritorno del gemello “buono” è inaccettabile, non oserebbe farlo nemmeno Don Abbondio.

Ed è anche un po’ meschino.

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