Il governo di Tripoli cerca di non rimanere legato esclusivamente alla Turchia e firma un nuovo accordo con Roma sulla difesa. La Farnesina indica la via politica. Così l’Italia prova a tornare protagonista in Libia
Al governo di Tripoli la Turchia non basta più. Oggi Salah Eddine al Namrush, ministro della Difesa del Governo di accordo nazionale libico, ha incontrato a Roma l’omologo Lorenzo Guerini per firmare un accordo congiunto di cooperazione tecnico-militare. Secondo quanto rivelato all’Agenzia Nova da fonti libiche, il testo programmatico era in preparazione da mesi e garantirà la cornice entro cui muovere la nuova cooperazione bilaterale, di cui lo sminamento è solo una piccola parte. L’obiettivo è quello di definire in generale il ruolo e gli obiettivi della cooperazione tra Italia e Libia nel settore della Difesa. “Quella di oggi può essere considerata la prima seduta della Commissione congiunta italo-libica, che ci consentirà di dare continuità al nostro dialogo e decidere assieme le modalità e la priorità del supporto italiano allo sviluppo di capacità delle Forze armate libiche”, ha detto il ministro Guerini.
LA GEOPOLITICA DELL’INTESA
Sempre l’Agenzia Nova ha sottolineato come il riavvicinamento con l’Italia sia stato voluto con forza dal premier Fayez al Sarraj, per non legare il suo governo unicamente alla Turchia nella cooperazione nel campo della difesa. Un riavvicinamento favorito anche dalla visita a Tripoli, lo scorso 30 novembre, dell’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi.
I TERMINI DELL’ACCORDO
Nell’appuntamento odierno — che segue quello avvenuto lo scorso mese di agosto nel corso della visita del ministro Guerini a Tripoli e l’incontro avvenuto a Doha poche settimane fa — i due ministri hanno siglato un Accordo tecnico di cooperazione militare congiunta, inerente diversi ambiti, che rinnova un’intesa del 2013. Anzitutto quello della sanità militare, con l’identificazione di nuove forme di collaborazione idonee a livello medico-sanitario, a partire dalle attività di formazione e training di personale medico e infermieristico libico da parte della struttura ospedaliera militare italiana a Misurata. Altro filone è rappresentato dalla formazione, attraverso la riattivazione delle Accademie, per cui si è già messo in campo “un significativo piano di addestramento per cadetti, ufficiali e sottufficiali libici in Italia e in Libia” — come ha dichiarato il ministro — che hanno già visto l’arrivo dei primi cadetti.
LA FARNESINA IN CAMPO
Il blitz del ministro della Difesa tripolino a Roma ha visto anche un “fuori programma”. Cioè l’incontro alla Farnesina con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Al centro dell’incontro “gli ultimi sviluppi della situazione corrente in Libia e l’importanza di attivare una cooperazione costruttiva e fruttuosa, data l’importanza che essa ha nel sostenere sicurezza e stabilità dei due paesi”, si legge in un comunicato.
ROMA SULLA VIA POLITICA…
L’Italia, unico Paese europeo che ha un’ambasciata aperta e funzionante in Libia, cerca la via politica. A indicarla è anche la Farnesina. Parlando questa mattina durante il Med2020 organizzato dall’Ispi, il ministro Di Maio ha espresso preoccupazione per ”l’opera di influenza di altri Stati”: “Bisogna proteggere questo prezioso percorso frutto di anni di mediazione, che hanno visto protagonisti i nostri Paesi”, ha aggiunto. E la viceministra degli Esteri Marina Sereni ha ribadito a Rainews24 che “per consolidare la situazione serve che tutti i Paesi, sia chi ha sostenuto la Cirenaica, sia chi, come noi, il Governo di accordo nazionale, scommettano sulla politica anziché continuare a pensare alla possibilità di un conflitto che è stato disastroso”.
E PARIGI?
A parlare di Libia oggi è toccato anche a Jean-Yves Le Drian, ministro degli Esteri francese, intervenuto anch’egli al forum dell’Ispi. Per il capo della diplomazia di Parigi nel Mediterraneo orientale ci sono due principali questioni, la politica avviata dalla Turchia senza confronto con i vicini e il rispetto dello stato di diritto. “L’Europa deve pesare maggiormente nel Mediterraneo. Se non lo facciamo, lo faranno altri e a svantaggio dei nostri interessi”, come Turchia e Russia che “vogliono sfruttare questioni di sicurezza per dividerci”, ha detto. Rimane da vedere se quegli altolà alle intromissioni di “attori esterni” a cui Le Drian ha fatto riferimento nel suo discorso saranno validi anche per Parigi, da tempo vicina (non soltanto politicamente) al maresciallo Khalifa Haftar.