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Il vaccino inglese. BoJo contro la variante del Covid

Altro scatto in avanti di Londra: approvato il vaccino di AstraZeneca, cuore delle campagne anti-Covid in Europa, su cui il Regno Unito si porta in vantaggio anche contro la narrazione del “virus inglese”

Il Regno Unito segna un altro punto a favore nella partita sul vaccino anti-Covid — che chiaramente nella narrazione di Londra viene usato come elemento di differenziazione dall’Ue a sostengo della massima scelta sovrana sul destino britannico, la Brexit. L’autorità competente inglese ha autorizzato il vaccino prodotto dalla collaborazione scientifica tra l’università di Oxford e l’Irbm di Pomezia in partnership tecnologica con AstraZeneca. “È davvero una notizia fantastica” e “un trionfo per la scienza britannica” ha scritto su Twitter il premier Boris Johnson commentando l’approvazione: “Ora ci muoveremo per vaccinare quante più persone il più rapidamente possibile”.

Quello di AstraZeneca è il secondo siero disponibile nel Regno Unito dopo il via libera dato a inizio dicembre al prodotto dell’americana Pfizer. Tra i paesi europei nessuno è attualmente avanti come gli inglesi con le vaccinazioni: i piani Ue sono formalmente partiti il 27 dicembre con un quantitativo di dosi minimo (e quegli stessi quantitativi sono stati un elemento di polemica all’interno e tra i vari stati, facendo segnare a Londra un apparente, ulteriore punto a favore nella scelta separatista).

L’approvazione del vaccino di AstraZeneca è molto importante sia per il piano anti-Covid di Londra sia per quelli collegati a Bruxelles. Il Regno Unito ne ha ordinate 100 milioni di dosi, e l’Unione Europea 400 milioni di dosi, da distribuire proporzionalmente nei vari paesi membri. Per capirci riguardo all’Itali: dai dati del ministero della Salute, entro giugno in Italia arriveranno circa 85 milioni di dosi, di cui oltre quaranta saranno del siero di Oxford/Pomezia —  nello stesso periodo solo 16 da Pfizer anche se è possibile che gli ordinativi crescano. Quello di AstraZeneca è un prodotto molto meno costoso degli altri e più facile da conservare: non va tenuto alle temperature di -70 grado Celsius come con Pfizer, e questo rende il trasporto più agile e dunque la somministrazione più facile.

L’approvazione è importante anche sul piano narrativo per BoJo. Finita velenosamente sui titoli dei giornali come “il virus inglese”, la variante del SarsCoV-2 sta facendo peggiorare le condizioni epidemiologiche nel Regno Unito, che ha già subito pesantemente la pandemia, e ha costretto il governo a una nuova stretta per combattere la diffusione. I casi aumentano, con martedì 29 dicembre che ha fatto toccare il record di 53 milioni di nuovi contagiati. Ora Downing Street però può vantare un “vaccino inglese” con cui contrastare il peso politico-narrativo che la variante scoperta in Inghilterra del nord — più contagiosa probabilmente, ma non in grado di produrre sintomi più gravi — si porta dietro.

E lo può fare dalla posizione di vantaggio, come detto, di chi sta guidando la riscossa delle vaccinazioni. Non è ancora esattamente chiaro invece quando la Ema, l’istituzione dell’Unione europea per il controllo dei farmaci, autorizzerà AstraZeneca alla distribuzione, rendendo così il vaccino utilizzabile tra gli Stati Ue. Si parla di febbraio, e dunque di almeno un mese di ritardo rispetto alle prime dosi inoculate in UK — dove si comincerà la somministrazione il 4 gennaio, anche se la massa delle dosi arriverà da febbraio. Stando al quotidiano belga Het Nieuwsblad, che ha raccolto una dichiarazione del vicedirettore della Ema, è improbabile che la raccomandazione per il vaccino – il passaggio precedente all’autorizzazione da parte della Commissione europea – arrivi entro gennaio, perché AstraZeneca non ha ancora neanche presentato la richiesta formale.

La risposta sul come mai per l’Ue i dati sono ancora insufficienti, mentre per i britannici bastano per autorizzare il vaccino sta in quella competizione geopolitica che sta dietro al siero di cui più volte si è parlato. Londra ha cercato sicuramente lo scatto in avanti, provando a dimostrare nitidamente una delle ragioni alla base della Brexit: un’Ue percepita come un contenitore di regole e burocrazie troppo rigide. I dubbi della Ema sono legati ai dati forniti a novembre da AstraZeneca una mesata fa, secondo cui l’efficacia del vaccino variava dal 90 al 62 per cento a causa di alcuni errori nelle somministrazioni; la società dovrebbe fornire nuove revisioni da settimane, che però ancora non sono disponibili. Ma gli inglesi si sono portati avanti lo stesso.

 

 

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