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Le lezioni pre-natalizie di papa Francesco

Chi si pone fuori dalla storia, dal cammino dell’uomo, non capisce l’uomo. Il cammino umano, ora che ci ha portato a questa sfida tremenda della pandemia, ci impone non di tornare indietro, ma di andare avanti, capendo di più la fratellanza. Gli insegnamenti di Bergoglio in occasione degli auguri alla Curia, dell’ultimo Angelus e del riconoscimento del martirio del giudice Rosario Livatino

Questi pre-natalizi sono giorni di appuntamenti tradizionali dei pontefici che, non raramente, hanno costituito un momento importante di riflessione e indicazione alla Chiesa, ma non solo ad essa. Quest’anno è stato certamente così e riflettendo bene si può trovare un filo molto importante tra quanto detto da Francesco in occasione degli auguri alla Curia, in occasione dell’Angelus di domenica 20 dicembre e con il riconoscimento del martirio del giudice Rosario Livatino.

Dunque cominciamo dagli auguri alla Curia Romana, che Francesco ha aperto con un riferimento decisivo: “Il Natale di Gesù di Nazareth è il mistero di una nascita che ci ricorda che «gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per rincominciare», come osserva in maniera tanto folgorante quanto incisiva Hannah Arendt, la filosofa ebrea che rovescia il pensiero del suo maestro Heidegger, secondo cui l’uomo nasce per essere gettato nella morte. Sulle rovine dei totalitarismi del novecento, Arendt riconosce questa verità luminosa: «Il miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua normale, “naturale” rovina è in definitiva il fatto della natalità. […] È questa fede e speranza nel mondo che trova forse la sua più gloriosa ed efficace espressione nelle poche parole con cui il Vangelo annunciò la “lieta novella” dell’avvento: Un bambino è nato fra noi”.

Questa visione che riguarda tutti, ogni essere umano passato, presente e futuro, è una visione che diventa cosmica: la vita e quindi la fratellanza riguarda tutta la vita, la natura, il cosmo. Lo sguardo cosmico che Francesco ha posto al centro dell’enciclica “Fratelli tutti” trova così piena spiegazione: senza il suo contesto, senza i suoi ecosistemi, la vita umana cesserebbe, quindi le nostre diversità sono parte di un disegno fatto di mare, di laghi, di monti, di campagne, di fiumi, di deserti, di foreste, di metropoli, e quindi di culture della metropoli, del deserto, del mare, della campagna, del fiume, del lago, del monte, della palude e così via. Senza il capovolgimento di Heidegger questo non può essere facilmente percepito, e non potrebbe esserlo il messaggio della fratellanza tra diversi, che è alla base dell’enciclica. Diviene chiaro, o più chiaro, il senso del regalo invocato da Francesco alla fine del suo discorso: “Permettetemi di chiedere espressamente a tutti voi che siete insieme con me a servizio del Vangelo il regalo di Natale: la vostra collaborazione generosa e appassionata nell’annuncio della Buona Novella soprattutto ai poveri.[…] I poveri sono il centro del Vangelo. E mi viene in mente quello che diceva quel santo vescovo brasiliano: “Quando io mi occupo dei poveri, dicono di me che sono un santo; ma quando mi domando e domando: ‘Perché tanta povertà?’, mi dicono comunista”.

Questa citazione del vescovo brasiliano Helder Camara non indica tanto un’irritazione pontificia nei confronti di chi, quando viene ribadita la dottrina sociale della Chiesa, parla di marxismo, ma indica il senso profondo della fratellanza, della sua decisività, evidente soprattutto in frangenti come questo: “Nessuno si salva da solo”. Ma come mai non l’abbiamo capito? Forse non l’abbiamo capito perché pensiamo di aver capito tutto, rifiutando l’eterna necessità di apprendere, o capire, meglio.

Ma quand’è che l’uomo avrebbe capito meglio? Qui ci aiuta molto il testo dell’Angelus di domenica scorsa, quando il papa ha commentato l’episodio decisivo del Vangelo, l’Annunciazione. In teoria non ci sarebbe nulla di più divisivo: Dio che si incarna, Dio che per mezzo dell’Angelo annuncia a un essere umano, Maria, che concepirà un bambino, Gesù: il Messia. Come costruire di qui un qualcosa di fraterno con tutti? Il papa ha risolto il punto spiegando il valore del dire sì a Dio, la scelta che compia Maria, e le modalità in cui questo è accaduto. “Sembra un annuncio di pura gioia, destinato a fare felice la Vergine: chi tra le donne del tempo non sognava di diventare la madre del Messia? Ma, insieme alla gioia, quelle parole preannunciano a Maria una grande prova. Perché? Perché in quel momento ella era «promessa sposa» . In tale situazione, la Legge di Mosè stabiliva che non dovevano esserci rapporti e coabitazione. Dunque, avendo un figlio, Maria avrebbe trasgredito la Legge, e le pene per le donne erano terribili: era prevista la lapidazione. Certamente il messaggio divino avrà riempito il cuore di Maria di luce e di forza; tuttavia, ella si trovò di fronte a una scelta cruciale: dire “sì” a Dio rischiando tutto, compresa la vita, oppure declinare l’invito e andare avanti con il suo cammino ordinario. Che cosa fa? Risponde così: Avvenga per me secondo la tua parola”.

Se la scelta di Maria è la scelta di dire sì a Dio rischiando tutto allora la scelta di Maria prefigura il sì “civile” di Rosario Livatino: questo esempio dimostra che il crimine mafioso contro quel giudice in quanto mafioso era in odio della fede di un magistrato che amava dire “non importa essere credenti, importa soprattutto essere credibili’. Ma anche per chi rifiuti di credere che l’Angelo abbia veramente parlato, le considerazioni sulla legge sono valide, quindi ancor più importanti. Il cammino indicato dal papa è chiaramente quello di un processo che ha richiesto tempo e fa capire che i tempi cambiano, si parte da quando seguivamo le vie e i comportamenti del branco, per cambiare strada si seguivano i metodi di allora, ma poi si cresce, si capisce meglio.

Francesco racconta, e così facendo ci aiuta a capire: che cosa? Che l’uomo crescendo capisce meglio, prosegue il suo cammino e proseguendo cambia la sua comprensione del necessario, che non è eternamente tale. L’uomo cresce, va avanti, a volte affronta sfide inaudite: sarebbe assurdo tra duemila anni valutare un testo di legge varato nel 2020 che impedì di uscire di casa nei giorni delle festività più importanti senza sapere o considerare che c’era una pandemia in atto. Chi si pone fuori dalla storia, dal cammino dell’uomo, non capisce l’uomo. Il cammino umano, ora che ci ha portato a questa sfida tremenda della pandemia, ci impone non di tornare indietro, ma di andare avanti, capendo di più la fratellanza: non dobbiamo essere uguali, ma capire che non ci salveremo da soli, siamo nella stessa tempesta e non è il biglietto di prima classe ad assicurarci che vedremo la terra ferma. Meglio capirlo davvero, e scegliere una sguardo cosmico, più che individualista. Sembra questo il senso di due grandi allocuzioni.

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