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Cina, clima e pandemia. Le sfide per la Nato2030 secondo gli esperti

Dal fronte sud allo Spazio extra-atmosferico, dall’ascesa del Dragone d’Oriente al terrorismo, ecco le 136 raccomandazioni del gruppo di esperti (con Marta Dassù) nell’ambito della riflessione strategica “Nato 2030”. I suggerimenti per “un ancoraggio strategico in un mondo sempre più incerto”

“Uniti per una nuova era”. È il sottotitolo del rapporto Nato2030 redatto dal gruppo di dieci esperti a cui il segretario generale Jens Stoltenberg ha affidato l’apertura della riflessione strategica sul futuro dell’Alleanza. L’obiettivo è renderla “più politica e globale”, adatta ad affrontare un futuro incerto e denso di minacce.

LA GENESI

Lo scorso marzo Stoltenberg ha presentato il gruppo di dieci esperti, affidandone la co-presidenza all’ex ministro tedesco Thomas de Maizière e all’americano Wess Mitchell, co-fondatore del Cepa. La task force (a cui ha preso parte anche l’italiana Marta Dassù) era stata individuata per supportare la “riflessione strategica sul futuro della Nato”. A dicembre 2019, infatti, al vertice di Londra, i capi di Stato e di governo dei Paesi membri avevano dato mandato al segretario generale di formare un gruppo di esperti per ripensare l’azione collettiva e rinnovare l’Alleanza. Era il modo con cui la Nato assorbiva le critiche sollevate da Emmanuel Marcon sulla sua “morte cerebrale”, oltre al rischio di strappo con la Turchia sul tema S-400 e le rimostranze di Donald Trump sul fatidico 2% del Pil da destinare alla Difesa. Oggi il lavoro dei dieci esperti è stato presentato ai ministri degli Esteri, riuniti per il tradizionale appuntamento di fine anno (l’ultimo per Mike Pompeo e l’amministrazione Trump).

LA STRUTTURA

Il report si divide in tre parti: la visione sui prossimi dieci anni della Nato; i trend che modificheranno il contesto dell’Alleanza (comprese tante e nuove minacce); e le raccomandazioni della task-force sui tre obiettivi che aveva segnalato Stoltenberg, cioè rafforzamento della coesione interna, miglior coordinamento politico tra allegati e potenziamento del ruolo politico della Nato. Per ognuno dei trend individuati e per gli obiettivi sono elencate una molteplicità di raccomandazioni, 136 in tutto, per dotare l’Alleanza di “un ancoraggio strategico in un mondo incerto”. A livello di Grand strategy, il rapporto certifica “il ritorno alla rivalità sistemica e l’ascesa di minacce globali”, altresì noti come “great power competition”.

IL CONCETTO STRATEGICO

Per questo, la prima raccomandazione è “l’aggiornamento del Concetto strategico del 2010”, ancora oggi il riferimento della postura internazionale dell’Alleanza. Nella lista delle minacce, il primo riferimento è alla Russia, sfida tradizionale per la Nato, per cui gli esperti suggeriscono di proseguire con determinazione il doppio binario: dialogo e deterrenza. Sul primo punto si invita a rafforzare i meccanismi di reciproca comprensione. Sul secondo, si propone un rafforzamento degli strumenti di difesa e un ingaggio più determinato sul tema del controllo degli armamenti (a cui sono dedicate specifiche raccomandazioni).

LA POSIZIONE SULLA CINA

Come previsto, subito dopo la Russia c’è la Cina, ormai entrata di diritto nell’agenda della Nato. L’Alleanza, spiegano gli esperti, “deve dedicare molto più tempo, risorse politiche e azioni alle sfide alla sicurezza poste dalla Cina, sulla base di una valutazione delle sue capacità nazionali, del suo peso economico e degli obiettivi ideologici dichiarati dei suoi leader”. Il Dragone “assumerà un’importanza crescente fino al 2030”, si legge sul report, che propone “la creazione di un organo consultivo” specificatamente dedicato a questo. La Nato “deve aumentare l’impegno di valutazione delle implicazioni dello sviluppo tecnologico cinese, monitorando e difendendosi da qualsiasi attività che potrebbe avere un impatto sulla difesa collettiva, sulla prontezza militare o sulla resilienza”.

TECNOLOGIE DISRUPTIVE

Il riferimento è anche ai nuovi ambiti operativi, a cui il report fa riferimento con un’ampia parte dedicata alle tecnologie disruptive. “Sono una sfida, ma anche un’opportunità per la Nato”, spiegano gli esperti. Non ci sono dubbi: “Competere con gli sforzi messi in campo dai grandi Stati autoritari per raggiungere il dominio nelle tecnologie emergenti e disruptive deve essere una priorità strategica per l’Alleanza e i suoi membri”. Qui la proposta è per un maggior coordinamento tra alleati e con il settore privato, magari con un vertice tutto dedicato al digitale “per identificare le lacune nella cooperazione sulla difesa collettiva, nelle strategie, nelle norme e nella ricerca e sviluppo dell’Intelligenza artificiale”.

IL FRONTE SUD (FINALMENTE)

Sono chiari anche i riferimento al fianco meridionale dell’Alleanza, per cui l’Italia chiede da tempo maggiore attenzione. “La Nato – spiegano gli esperti – deve articolare un approccio coerente, chiaro e comprensivo per il fronte sud, affrontando sia le minacce tradizionali, come il terrorismo, sia la crescente presenza della Russia e, in misura minore, della Cina”. Le raccomandazioni specifiche riguardando il rafforzamento dell’Hub per il sud di Napoli, la revisione dei piani operativi, il rafforzamento dei rapporti con i partner locali e il potenziamento della cooperazione con l’Ue.

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Previsto anche il riferimento al cambiamento climatico, per cui la Nato (grazie anche al contributo italiano in vista della co-presidenza di Cop26) ha accresciuto il focus. Secondo gli esperti, “il cambiamento climatico continuerà a plasmare l’ambiente di sicurezza della Nato; sebbene la modulazione delle emissioni rientri principalmente tra le competenze dei singoli Stati, la Nato può svolgere un ruolo rilevante aumentando la consapevolezza della situazione, il pre-allarme e la condivisione delle informazioni”. La proposta è per la creazione di un “Centro di eccellenza per il clima e la sicurezza”. Dovrebbe “basarsi sugli sforzi per includere il cambiamento climatico e altre minacce non militari come le pandemie nella pianificazione della Nato sulla resilienza e sulla gestione delle crisi”.

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