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Il papa in Iraq, la fratellanza sfida tutti i fanatismi

Papa Francesco riprende i pellegrinaggi internazionali, interrotti per via della pandemia, viaggerà in Iraq dal 5 all’8 marzo accogliendo l’invito della Repubblica d’Iraq e della Chiesa cattolica locale. Un impegno importante per la possibile costruzione di un cammino comune

Sono passate poche ore dall’annuncio dell’imminente viaggio in Iraq di Papa Francesco e l’idea che sarebbe stato il grande viaggio del papa di “Fratelli tutti” già trova la più autorevole e affascinante conferma: il papa che nella recente enciclica ha scritto “siamo tutti della stessa carne” affronterà tutti i fondamentalisti, tutti i terroristi, tutti i nichilisti, tutti i fautori di una visione apocalittica con l’unica visione che li sfida davvero, quella della fratellanza. Lo ha detto parlando con il Servizio Informazione Religiosa il cardinale Louis Sako, patriarca della Chiesa caldea: “Stiamo pensando ad una preghiera con cristiani, musulmani, ed altre denominazioni religiose. Saranno letti passi della Bibbia e del Corano relativi ad Abramo”.

Dunque un pellegrinaggio nel martoriato Iraq nel nome del comune Patriarca, Abramo, nelle cui terre, la piana di Ur, il papa si recherà. Il valore di Abramo non sta soltanto nell’essere “padre comune”: il cardinale Carlo Maria Martini ha scritto con ammirevole concisione una frase che aiuta chiunque a capire il valore di Abramo: “La via della pace sembra passare sempre più per l’ospitalità… È la sfida a costruire una società senza nemici, senza avversari, una società in cui le diversità si riconcilino e si integrino”. Spiegando poco dopo perché: “L’impegno dell’evangelizzazione o dell’autoevangelizzazione, così urgente per l’Europa, e quello dell’ospitalità non sono contraddittori perché Abramo pensava di ricevere un ospite e invece ricevette la visita degli angeli di Dio!” E’ l’episodio più noto della storia di Abramo, quello del pranzo sotto le querce di Mamre. Abramo non attese l’ospite a casa sua, uscì, gli andò incontro, accogliendolo sotto le querce di Mamre.

Il viaggio di Francesco pone di tutta evidenza problemi di sicurezza che quelli già affrontati quando si recò nella capitale Centroafricana, Banguì, appaiono poca cosa: il risorgente Isis, le milizie estremiste del campo avverso, i predatori del deserto al soldo di questa o quella potenza regionale, si trovano tutti nel martoriato Iraq. Martoriato e oggi davvero “Terra di mezzo” tra gli apposti gruppi che, con ideologia apocalittica, tentano di conquistare militarmente l’Islam. Non solo per la sua storia, per il peso califfale del passato di Baghdad, questa terra è anche per motivi geografici uno snodo essenziale per i loro imperialismi, che vanno dalle coste del Mediterraneo ai territori più profondamente asiatici. Ed è proprio l’Iraq che è divenuto l’epicentro di questo conflitto, guerreggiato ormai da decenni. Così la visione apocalittica khomeinista si scontra primariamente in Iraq con il suo uguale contrario, la visione apocalittica delle promanazioni qaidiste del wahhabismo. Prosciugare i pozzi dove entrambe si abbeverano parte da lì, dall’Iraq. E’ quello che probabilmente non si è capito negli ultimi anni, in cui l’Isis è nata con infinite complicità proprio in Iraq.

La visione apocalittica si incardina su un imperialismo confessionale e settario che diviene terrorismo nella convinzione che scontri sempre più violenti porteranno ad avvicinare la fine dei tempi, la battaglia finale. Quando Khomeini affermava che il nostro è già il “tempo di mezzo”, quello in cui vive il Mahdi, colui che tornerà alla fine dei tempi, diceva questo. Queste visioni apocalittiche trovano nella fratellanza la sola risposta culturale e religiosa che li sconfigge perché ridà fiato alla religiosità popolare, nel caso all’islam popolare, che non vive il mondo come il regno del male, contrapposto al Paradiso, regno del bene. Ed è qui, in questa contrapposizione, che le ideologie nazionaliste o panarabiste hanno trovato un punto d’incontro con esse: nella rappresentazione del mondo “esterno” come sentina di tutti i mali.

Dunque il viaggio del Papa sarà certamente un pellegrinaggio in quello è stato il vero Calvario di tante comunità cristiane, come quella di Mosul, di una terra dove i cristiani aprirono ai primi arabi musulmani le porte delle loro Case della Sapienza. Ma anche dei tanti musulmani vittime dei fanatismi contrapposti, nell’uno come nell’altro campo. La preghiera nel nome di Abramo di cui ha parlato il patriarca Sako fa così pensare ad un viaggio che parlerà di un nuovo inizio. Un nuovo inizio non più “contro”, ma “per”. Era il sogno di cui aveva parlato Paolo Dall’Oglio nel suo libro “innamorato dell’Islam, credente in Gesù”. In quel libro il gesuita romano proponeva un Cammino comune, sulle orme di Abramo, il padre di ebrei, cristiani, musulmani. Un cammino nel quale riscoprirsi fratelli. E’ la sfida che apre Francesco recandosi nel luogo del supplizio di tanti per ricordare che o ci si riscopre fratelli o si muore da folli: come disse Martin Luther King.

Quello annunciato oggi dal Vaticano è dunque un viaggio che non ha precedenti, e che pone sfide impressionanti, ma intende aprire processi, percorsi che come tutti i grandi percorsi della storia possono apparire sogni. D’altronde l’ultimo libro di Francesco si intitola “ritorniamo a sognare”. E la storia dimostra che molti sogni sono diventati realtà.



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