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Recovery plan, perché la Pa è meglio dei manager. Parla il prof. Piga

L’economista e saggista a Formiche.net: i manager hanno sempre fallito, la storia lo insegna. Ci sono fior di dirigenti pubblici bravi e preparati di cui il premier farebbe bene a fidarsi. L’Italia è di nuovo prigioniera del Fiscal compact, ma vale ugualmente la pena prendere i prestiti del Recovery Fund. Unicredit? Mps non è la sposa giusta

Basta con la mania dei manager ad ogni costo, non sarà il caso di rimettere al centro la politica? Sulla governance per il Recovery Plan, alias il piano d’azione per il più noto Recovery Fund, la tensione è massima. La tanto famigerata task force a suon di manager che Giuseppe Conte tanto vorrebbe, con ogni probabilità verrà ridimensionata, complici i malumori di Italia Viva. Ma questo non vuol dire che la faccenda sia risolta. Tradotto, non c’è ancora una catena di comando ben definita. Male, perché, dice a Formiche.net l’economista, docente e saggista, Gustavo Piga, non c’è da perdere un minuto.

Piga, negli ultimi giorni non si parla d’altro che di manager a cui affidare la gestione delle risorse europee. E di questa o quella task force. Lei che ne pensa?

Sono d’accordo con una cabina decisionale e politica ristretta, mi sembra un’ottima idea. Così come mi sembra opportuno restringere il campo degli interventi da finanziare con le risorse del Recovery Fund. Non posso dire altrettanto circa il possibile coinvolgimento dei cosiddetti super-manager.

Perché?

La storia ce lo insegna. I manager fin qui hanno costantemente fallito, perché non conoscono la macchina amministrativa che è a monte e anche a valle delle risorse. Pensiamo piuttosto a sei alti dirigenti pubblici, provenienti dai ministeri, per ogni area di intervento, altro che manager.

La decisione su dove, come e quando investire le risorse è pur sempre politica, d’altronde…

Sì, ed è per questo che servono personalità politiche che si assumano le loro responsabilità. Poi la nostra Pubblica amministrazione ha elementi preparati e all’altezza del compito gestionale in questione. Persone che conoscono la macchina pubblica. Affidare un tale onere ai manager sarebbe un segnale di sfiducia verso quei dirigenti che invece i meccanismi dello Stato li conoscono bene.

Da un punto di vista organico crede che la nostra Pa sia pronta a sostenere un simile sforzo, a cominciare dallo sveltimento delle procedure amministrative?

Indubbiamente ci si dovrà dotare delle migliori competenze in circolazione. Serviranno ingegneri e personale qualificato, perché se si scrive, tanto per fare un esempio, un buon capitolato di gara allora si riduce anche il rischio di ricorsi, che puntualmente bloccano le gare.

Piga della bozza uscita da Palazzo Chigi, tre giorni fa, cosa pensa?

La priorità è curare le ferite di questo decennio, andando incontro al dolore della gente, senza dimenticare la competitività. La priorità è a mio avviso l’edilizia, un settore demolito da questa crisi. Pensiamo solo all’edilizia scolastica che incentivino i ragazzi a rimanere in classe e studiare o a nuovi edifici a norma anti-sismicità che incentivano le imprese e le persone a rimanere sui territori. Partendo dall’edilizia prenderemmo tre piccioni con una fava: investimenti che sostengono la domanda, impiego dei lavoratori più fragili e produttività per le imprese.

C’è chi ha fatto notare come l’elevato livello del nostro debito pubblico ci impedisca, nei fatti, la contrazione di nuovi prestiti con l’Ue e dunque l’utilizzo dei soli sussidi previsti dal Recovery, corrispondenti alla metà, circa 100 miliardi, dell’intero stock. Una bella fregatura, se così fosse. Lei che dice?

È un po’ un paradosso, l’Europa ci dà dei prestiti e noi possiamo usufruire dei soli sussidi a fondo perduto perché l’Europa ci chiede anche di non aumentare il debito pubblico. Questo ragionamento in realtà vale se noi pensiamo, come in effetti è, a un’Italia nuovamente con la camicia di forza del Fiscal compact che ci obbliga a rientrare in termini di debito. In questo senso sia la Banca d’Italia che l’ex Segretario al Tesoro Usa Larry Summers hanno evidenziato che le risorse a deficit utilizzate per investimenti pubblici con gare di appalto fatte bene facilitano la discesa del rapporto debito/Pil, perché il denominatore cresce più del numeratore. In altre parole, non è sempre detto che prendendo soldi in prestito e spendendoli il rapporto debito/Pil cresca ulteriormente, perché se è vero che aumenta il numeratore, bisogna vedere cosa succede al denominatore.

Il commissario Gentiloni ha assicurato che il Fiscal compact è sospeso fino al 2022…

Faccio notare questo. Trovo non sia un caso che il governo abbia messo, dal 10% di oggi, il 3% di deficit/Pil e, dal -7%, il pareggio di bilancio primario, per il 2023 nella Nadef. Si tratta di numeri che mandano un messaggio molto chiaro all’Europa sull’obbedienza del nostro Paese alle regole del Fiscal compact.

Chiudiamo sulla vicenda Unicredit. Abbiamo visto tutti il passo indietro di Mustier e le relative ricadute sul titolo in Borsa. Si è fatto un’idea?

C’è una chiara intenzione del Tesoro di spingere verso le nozze con Mps. Ma onestamente non credo sia una mossa saggia.

Perché?

Perché Mps è una banca profondamente legata al territorio mentre Unicredit è una banca internazionale. Credo che per Siena serva ben altra tipologia di partner.

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