Il presidente emerito della Corte Costituzionale a Formiche.net analizza non solo il merito degli annunci del governo sui fondi europei, ma anche il dibattito sorto attorno alla concentrazione di poteri a Palazzo Chigi. “Si discute molto del chi e del come, ma non del cosa, quando invece sul Recovery serve innovazione e non progetti in giacenza nei cassetti dei ministeri”
Si discute molto del chi e del come, ma non del cosa, quando invece sul Recovery serve innovazione e non progetti in giacenza nei cassetti dei ministeri.
Così a Formiche.net il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli, che analizza non solo il merito degli annunci del governo sui fondi europei, ma anche il dibattito sorto attorno alla concentrazione di poteri a Palazzo Chigi.
La governance del premier sul Recovery con la nuova super task force rischia di espropriare Parlamento e governo dei legittimi poteri?
Il Parlamento no, perché ha poteri di controllo e di indirizzo. Il problema semmai sorgerebbe in occasione dell’organizzazione di un ufficio senza una base legislativa. Occorre che in un provvedimento del genere sia prevista l’istituzione di tale struttura. Per quel che riguarda il governo sarà utile conoscere quali compiti verranno attribuiti alla task force: se vi sarà un’attività di amministrazione, la questione verterà il raccordo con le competenze amministrative dei ministeri.
Con quali potenziali difficoltà?
La prima è data dal fatto che si determina un nuovo organismo che si sovrappone ai precedenti.
La politica economica del Paese rischia di spostarsi completamente da XX Settembre a Palazzo Chigi: con quali conseguenze?
Il nostro sistema prevede a livello governativo la centralità del Consigli dei ministri e il coordinamento dato dal presidente del Consiglio. Ci possono essere organismi collegiali all’interno del governo, come il Cipe, che ha proprio la funzione di coordinare le competenze dei singoli ministeri, programmando interventi di grandi infrastrutture. Comprendo le ragioni per le quali si vuole un organismo che centralizzi in qualche modo l’intervento straordinario del Recovery: si tratta di fondi di eccezionali dimensioni. In altri tempi fu creata la Cassa per il Mezzogiorno al fine di utilizzare quei fondi elargiti per ristrutturare un’area svantaggiata.
E in questo caso?
Abbiamo fondi con destinazioni diverse, per i quali occorre una coerenza con le indicazioni che vengono dall’Ue: ma vi sono sufficienti vincoli e tempi stretti per la presentazione dei progetti. Non vengono dati fondi il cui uso non è raccordato ad un progetto da realizzare. Si tratta di vedere come si deciderà di provvedere: se stimolando l’azione dei ministeri e coordinandola tramite gruppi di lavoro, o se creare una struttura ex novo a livello della presidenza del Consiglio.
Si parla molto di questa seconda ipotesi…
Attenzione a quali compiti dovrà avere: se di pura predisposizione e monitoraggio o se di gestione, le due cose sono profondamente diverse. La progettazione e gli appalti per le grandi infrastrutture a chi faranno capo? La task force avrà avocazione diretta dei progetti o svolgerà solo il coordinamento?
In Francia il presidente Macron ha dato vita al France Relance, definito “un acceleratore di sovranità” e presentato già lo scorso settembre. L’Italia è in ritardo?
L’impressione che si ha è questa, ma non ho notizie in merito visto che il tutto si sta svolgendo con la massima riservatezza. Si discute molto del chi e del come, ma non del cosa, quando invece sul Recovery serve innovazione e non progetti in giacenza nei cassetti dei ministeri. Mi chiedo se sia utile recuperare il non attuato e rivolgere gli occhi al passato, quando invece occorre uno sforzo diverso.
Con questa troika ministeriale si rischia un nuovo caso di “pieni poteri”?
Non credo. Del resto è una tendenza all’accentramento che nel tempo è variata. Ciò che occorrerebbe fare è impegnarsi davvero per una riorganizzazione dell’amministrazione, facendo funzionare in via ordinaria l’attività amministrativa e incrementando molto le competenze tecniche. Ci sarebbe anche da chiedersi come hanno funzionato e quali risultati hanno prodotto gli organismi straordinari che nel tempo sono stati creati.
Il prof. Sabino Cassese ha definito la task force per la gestione del Recovery Fund una soluzione “rococò”, uno strumento che sta “in una terra di nessuno” e di cui “non si capisce la natura”. È d’accordo con tale lettura?
Diciamo che siamo ad una non-lettura perché non abbiamo ancora capito quale sia il contenuto della struttura, al di là del messaggio dato del gruppo straordinario. Credo ci sia molto di un effetto-annuncio, sul quale poi si è scatenata la bagarre politica.
Sarebbe servita una sorta di Assemblea Costituente in un momento così difficile?
Quello è uno strumento straordinario che interviene quando ad andare in crisi profonda è la Costituzione e il Paese. Osservo che pochi anni dopo la riforma del titolo V pochi se ne siano assunti la paternità e molti ritengono che abbia creato molti problemi nel rapporto tra Stato e Regioni. Per cui attenzione alle riforme costituzionali quando alcuni difetti dipendono non dalla Carta ma dallo svolgersi dell’attività delle forze politiche.
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