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Renzi attacca, M5S frena. Così la maggioranza prova a ricompattarsi

In questa caotica fase politica dove la situazione cambia ogni mezza giornata, due cose sembrano più chiare: il Movimento 5 Stelle è stato costretto, come previsto, ad arrampicarsi sugli specchi per votare a favore della riforma e Renzi si è ripreso il centro della scena. Il rinvio del Consiglio dei ministri è la prova che fa sul serio e che Conte lo ha capito

All’ora dell’aperitivo la pantomima era finita: un post su Facebook di Barbara Lezzi (area Alessandro Di Battista) e una nota di Luigi Di Maio sancivano il voto favorevole del Movimento 5 Stelle alla riforma del Mes, il fondo salva Stati, pur con tutti i distinguo del caso. Poi il tempo della prima forchettata di spaghetti e arriva il rinvio del Consiglio dei ministri perché Italia Viva tiene il punto sulla gestione dei 209 miliardi del Recovery plan, notizia diffusa mentre va in onda un’intervista di Matteo Renzi al Tg2 nella quale ripete le identiche parole usate da Maria Elena Boschi al Corriere della sera: “Rottura? Spero di no, temo di sì”, no alle task force e no alla gestione dell’intelligence attraverso una fondazione. Attacco frontale al presidente del Consiglio, dunque, e pasto definitivamente andato di traverso a Giuseppe Conte e a molti altri.

Premesso che in questa caotica fase politica la situazione cambia ogni mezza giornata, due cose sembrano più chiare: il Movimento 5 Stelle è stato costretto, come previsto, ad arrampicarsi sugli specchi per votare a favore della riforma e Renzi si è ripreso il centro della scena. Il rinvio del Consiglio dei ministri è la prova che fa sul serio e che Conte ha capito che il leader di Italia Viva fa sul serio. Il tentativo di Palazzo Chigi di incunearsi nella debolezza e nelle contraddizioni dei partiti, per accentrare sempre più potere in capo a un presidente che non ne ha (ancora?) uno proprio, si sta infrangendo di fronte alla caparbietà di Renzi che sembra aver messo in pratica le minacce solo verbali del Partito Democratico, ben sapendo che nessuno vuole la crisi di governo.

Dario Franceschini, capo delegazione del Pd al governo prima ancora che ministro dei Beni culturali, non ha preso bene l’attivismo renziano tanto da gettare acqua sul fuoco: si sta facendo un buon lavoro mentre “tutto il resto, dalle accuse di moltiplicazione delle poltrone ai presunti golpe mascherati, fa parte di un dibattito strumentale che ha altri obiettivi e che prescinde completamente dal merito delle norme stesse”. I presunti golpe mascherati sarebbero quelli di Conte, gli altri obiettivi sarebbero quelli di Renzi. La linea del Pd è data dal vicesegretario Andrea Orlando che invita ad “abbassare i toni, a pesare le parole, a coinvolgere e a includere. Il Paese è già molto provato e non ha bisogno di altri conflitti”.

Il prossimo passo sarà comunque il voto previsto domani, mercoledì, al Senato dove nel pomeriggio Conte farà le comunicazioni in vista del decisivo Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre. Il testo per dare il via libera alla riforma del Mes sarà limato fino all’ultimo momento perché vada bene a tutte le componenti della maggioranza mentre sembra escluso che la gestione dei fondi del Recovery plan possa tornare presto in Consiglio dei ministri visto che Renzi chiede una sessione parlamentare ad hoc, proposta subito condivisa da Antonio Tajani (Forza Italia) che parla addirittura di Bicamerale con sprezzo del pericolo visti i precedenti.

Il voto del Senato è quello decisivo perché lì i numeri della maggioranza sono risicati. Già al mattino, invece, Conte interverrà alla Camera dove non ci saranno problemi e dove, però, alle 18 cominceranno le dichiarazioni di voto sulla conversione del decreto sicurezza che sostituisce i due voluti da Matteo Salvini. Anche in quel caso sarà interessante vedere come reagirà una parte del Movimento 5 Stelle dove i dissensi sono numerosi, come dimostra la recente intervista di Formiche.net a Emanuela Corda. Ma è davvero poco credibile che possano mettersi di traverso quando nelle stesse ore la maggioranza sta faticosamente tenendosi unita con la colla. Dei miliardi da spendere.



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