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Scuola, sanità e digitale. Tre obiettivi per l’Italia post-Covid. Parla Magnani

Intervista all’economista delle Luiss e della Harvard Kennedy School: la pandemia può frenare o spingere ancora più forte la transizione energetica. La differenza la farà la capacità degli Stati di governare il cambiamento e prendere decisioni il più condivise possibili

L’energia è solo uno dei tanti specchi di un mondo che cambia, causa pandemia globale. Ma ce ne sono altri, come la tecnologia e la sicurezza delle banche dati. Il 2020 che ci sta per lasciare ha riscritto certamente nuovi equilibri economici, finanziari e perché no, sociali. Di questo è convinto Marco Magnani, economista, docente alla Luiss, senior research fellow alla Harvard Kennedy School e non-resident fellow presso lo Iai e in questi giorni nelle librerie con il saggio “Fatti non foste a viver come robot. Crescita, lavoro, sostenibilità: sopravvivere alla rivoluzione tecnologica (e alla pandemia)”, (Utet)

UNA NUOVA TRANSIZIONE ENERGETICA

Primo problema, l’impatto della pandemia sulla transizione energetica. “Negli ultimi anni la sensibilità verso i temi della sostenibilità ambientale e del cambiamento climatico è aumentata enormemente e la questione energetica è diventata in molti Paesi un tema centrale del dibattito politico”, spiega Magnani. Tuttavia, “l’improvvisa emergenza sanitaria del Covid-19 rischia di rallentare questa tendenza. Ma, d’altro canto, rappresenta anche una grande opportunità per accelerare la transizione verso la green economy. La chiave sta nell’inserire gli obiettivi di sostenibilità in un piano di ripresa economica, associando la green economy a crescita del Pil e creazione di nuovi posti di lavoro. La necessità di aumentare gli investimenti pubblici e privati non è incompatibile con la possibilità di ripensare alcuni sistemi di produzione e di trasporto”.

“La pandemia”, prosegue Magnani, “sta cambiando le priorità del mondo. Per esempio, se la priorità è la creazione di posti di lavoro e paradossalmente dal carbone arrivassero nuovi posti di lavoro allora ci potrebbe essere una marcia indietro sul fronte della transizione. Insomma, ci potrebbe essere un cambiamento di agenda e la transizione energetica può da oggi in poi accelerare come frenare. Molto però dipenderà dalla leadership politica”.

L’ASSO (GREEN) DI BIDEN

E a proposito di leadership, Magnani si sofferma sulla mossa delle settimane scorse di Joe Biden. “Leadership politica e cooperazione internazionale sono le due caratteristiche imprescindibili per poter fare concreti passi avanti nella lotta al cambiamento climatico. La decisione di Biden di inserire per la prima volta nel Consiglio di Sicurezza nazionale una figura dedicata esplicitamente alla crisi climatica, e il fatto che questo ruolo sia stato affidato a un politico di grande esperienza e statura internazionale quale John Kerry, sono segnali importanti che vanno nella giusta direzione”, spiega l’economista. “Se c’è anche quel minimo di cooperazione internazionale, la transizione energetica si può garantire, mettere in sicurezza insomma. A monte serve una grande leadership, a valle però serve la cooperazione internazionale tra Stati, al fine di impedire alla transizione di fermarsi. Ricordiamoci sempre che la chiave di volta per indirizzare il cambiamento in senso positivo, per cavalcarlo senza esserne travolti, è la sua gestione. Una volta terminata la fase di emergenza, si presentano tre strade possibili.”

LA RINCORSA AI BIG DATA

Nelle agende delle economie industrializzate non potrà poi mancare la grande sfida tecnologica della finanza tradizionale. “Le opportunità che offrono i big data sono enormi, basta pensare al settore medico. Ma guardiamo anche al comparto assicurativo, dove c’è la necessità di aggiornare profili e banche dati. Ecco i big data in questo senso possono dare un contributo essenziale, per la profilazione dei clienti. E anche per le banche, che devono passare da una serie di operazioni finora effettuare e portate avanti in modo rudimentale a sistemi molto più veloci ed efficienti”.

Rimane tuttavia il problema della proprietà dei dati. “Le istituzioni finanziarie hanno in pancia tantissimi dati, dei loro clienti sanno tutto. Ma questi dati vanno saputi utilizzare, non basta averli. Credo che però ci sia un movimento in questo senso, le grandi banche e assicurazioni stanno facendo progressi nella messa in sicurezza dei propri patrimoni in termini di dati”. Di sicuro, digitale vuol dire anche competizione trasversale. “Pensiamo al caso di Amazon, che grazie alla tecnologia si sta infilando i tantissimi settori, dalle banche ai supermercati”.

OBIETTIVO RECOVERY FUND 

Magnani poi non si sottrae a un commento su una delle questioni più impellenti in Italia: la governance per il Recovery Fund. L’economista ha pochi dubbi sulla ricetta migliore con cui evitare sprechi e inefficienze. “Questi gruppi di lavoro con decine di persone mi sembrano poco pratici. Onestamente le scelte di allocazione non mi sembrano così complesse, ci sono pochi ma chiari obiettivi. Per esempio uno di questi è la sostenibilità sanitaria, ovvero le strutture sanitarie, il settore farmaceutico e la ricerca, che sono settori strategici per la nostra economia. L’altro obiettivo è il digitale e anche qui abbiamo un obiettivo molto chiaro. Il terzo è la scuola e la ricerca, che è collegata alla prima mission. Questi sono i tre obiettivi, non ne servono 20, perché così riduciamo l’impatto dello stesso Recovery Fund. Diversamente nella fase di emergenza era giusto dare dei sussidi. Ma solo allora. Ora, volendo pensare al 2021, non possiamo più prescindere da una logica di lungo termine”.

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