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Chi è Tai, la zar del commercio scelta da Biden per sfidare la Cina

Biden ha scelto l’avvocatessa Tai come prossimo rappresentante del Commercio: 45 anni, parla mandarino, si è occupata molto di Cina e di rafforzare l’industria Usa per reggere alla sfida. Sul suo tavolo anche la disputa Airbus-Boeing con l’Ue e la web tax

Joe Biden ha scelto: il prossimo rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti sarà Katherine Tai, avvocatessa quarantacinquenne, attualmente capo consulente commerciale della commissione Fisco e bilancio della Camera. Il presidente-eletto annuncerà oggi la scelta, come rivelato dai media statunitensi. Se confermata, Tai, americana di origini asiatiche (i genitori emigrarono da Taiwan), sarebbe la prima donna di colore a ricoprire quell’incarico. Nelle ultime settimane ha conquistato il sostegno del Partito democratico al Congresso, dei circoli sindacali e del business, scrivono i media statunitensi.

IL CURRICULUM

Studi a Yale e Harvard alle spalle, Tai parla mandarino e ha insegnato per due anni inglese a Guangzhou, in Cina, alla fine degli anni Novanta. Non è un volto nuovo all’Ufficio del rappresentante per il commercio: infatti, tra il 2007 e il 2014, ha lavorato presso l’ufficio del General Counsel facendosi apprezzare per le sue doti di negoziatrice. Dal 2011, cioè durante l’amministrazione Obama, è stata consigliere capo della sezione China Trade Enforcement dell’Ufficio. Tanti i temi di cui si è occupata in questo ruolo e alla Camera: dalle controversie commerciali con la Cina presso l’Organizzazione mondiale del commercio (sussidi  restrizioni all’export) fino al rafforzamento delle catene di approvvigionamento americane e la legge per bloccare le importazioni di prodotti legati al lavoro forzato degli uiguri e di altre minoranze in Cina.

LA SFIDA CINESE

Il Wall Street Journal ricorda che ad agosto, ospite di un dibattito al Center for American Progress, Tai aveva invocato un approccio differente alla Cina rispetto ai due anni e mezzo di guerra di dazi impostata dallo zar del commercio di Donald Trump, Robert Lighthizer. Gli Stati Uniti hanno bisogno di un’arma migliore dei dazi, che sono difensivi. Una buona politica commerciale deve contenere anche elementi offensivi, aveva affermato, sottolineando l’urgenza di rendere gli Stati Uniti — “noi stessi, i nostri lavoratori, le nostre industrie” — ma anche “i nostri alleati” più competitivi per essere, inoltre, “in grado di difendere il nostro stile di vita aperto e democratico”.

LE ALTRE PRIORITÀ

Non solo Cina. Sulla scrivania di Tai ci saranno altri dossier. Per esempio i negoziati commerciali avviati dal predecessore con Regno Unito e Kenya, oltre all’accordo di libero scambio con Messico e Canada che ha sostituto il Nafta. Ma soprattutto ci saranno le tensioni con l’Unione europea, a partire dalla disputa sugli aiuti a Boeing e Airbus.

LE MOSSE DI BIDEN

Il presidente-eletto — che starebbe pensando a Pete Buttigieg come prossimo ambasciatore a Pechino — ha già annunciato che i dazi di Trump sulla Cina rimarranno, almeno per ora. È chiaro, come spiega Politico, che per la prossima amministrazione i colloqui per mettere fine alle sfide commerciali passeranno in secondo piano rispetto al sostengo all’economica interna. Basti pensare al programma Buy American lanciato dal presidente-eletto in campagna elettorale per il rilancio dell’industria manifatturiera ma anche delle imprese tech del Paese. Un piano che potrebbe suscitare contrarietà in Europa, a cui gli Stati Uniti chiedono di unirsi nella sfida cinese e di lasciare perdere idee come la web tax.

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