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Tecnologie, come tirare le somme tra il vecchio e il nuovo

Com’è cambiata la tecnologia negli ultimi anni? E qual è la percezione soggettiva che si può avere nei confronti del contesto delle tecnologie vigenti? La riflessione di Claudio Mattia Serafin

Chiunque voglia svolgere una riflessione di stampo giornalistico sulle novità in ambito tecnologico che regolano l’andamento del quotidiano, se non addirittura dell’intero anno, potrebbe senz’altro fare riferimento agli eventi di inizio autunno della Apple, all’arrivo del 5G, al divario (digital divide).

In alternativa, adottando un punto di vista più ampio, si potrebbero tirare le somme di un decennio abbondante trascorso in compagnia di tablet e smartphone, una vera e propria rivoluzione antropologica, ad avviso della miglior sociologia.

Come noto, attraverso l’utilizzo di un qualsivoglia smartphone, più o meno tutto è possibile e conoscibile. Quando utilizziamo un tablet, in fondo non è così strano pensare di guardare noi stessi in uno specchio. O in una finestra potenzialmente aperta su qualunque cosa desideriamo sapere, vedere o desideriamo volere.

In definitiva, quando si pensa al concetto di tecnologia, vengono alla mente cavi, dispositivi, schermi. È un vocabolo, un termine che può ispirare diverse reazioni emotive. Ma sicuramente dietro il concetto di tecnologia si cela quello, assai più complesso e imprevedibile, dell’interazione. Quest’ultima sarebbe da intendersi nel senso neutrale del termine: non si può e non è necessario prendere una posizione ideologica nei confronti di quel che rimane uno strumento, un mezzo.

Tempo addietro l’aspetto più contraddittorio, se non surreale, risiedeva nel fatto che di tutti questi dispositivi si sarebbe potuto fare potenzialmente a meno (ma non dell’energia elettrica, o del calore: è intuitivo).
Quest’affermazione era forse possibile e non smentibile prima dell’obbligo di distanziamento sociale vigente in tempi di quarantene, fortemente volute dagli esecutivi di quasi tutte le nazioni colpite dalla pandemia. Di qui le difficoltà registrate in ambito scolastico, personale, relazionale e professionale.

Con atteggiamento ricognitivo, il carismatico regista tedesco Werner Herzog pone queste domande allo spettatore nel suo avvincente documentario del 2016 “Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi”.
È un’opera importante da un punto di vista culturale, storico, ma soprattutto artistico. In alcuni capitoli del film vengono esaminati casi di individui statunitensi che hanno rinunciato all’utilizzo di qualsivoglia tecnologia informatica, a loro avviso ritenuta invasiva per la propria salute fisiopsichica, a seguito di avvenuto esaurimento nervoso.

Che si tratti del bizzarro incrocio tra ipersensibilità e informatica? Come forse due esseri molto simili che si misurano e, infine, che prendono le distanze… In fondo anche l’essere umano può essere considerato come un software, più o meno aggiornato. Per tale ragione viene posto in essere l’attaccamento a forme oggettivamente obsolete di tecnologia. Il corpo e il cervello invecchiano, e nel dispositivo rotto, vecchio o inutilizzabile per altri motivi possono sorgere affinità quasi di stampo sentimentale.

Ci si accorge che parte della popolazione “evoluta”, istruita, utilizza la tecnologia come mezzo di veicolazione di contenuti (ritorna nuovamente il concetto di tecnologia come mezzo, come interazione). Film in digitale, e-book, musica in streaming e, soprattutto, videogiochi. Il Dvd è stato dichiarato dalla stampa specializzata un oggetto tecnologicamente morto, sostituito dalla tecnologia streaming e Blu-Ray, eppure continua a essere oggetto venduto, in quanto dispositivo contenente il film. Non è così difficile da immaginare: probabilmente il papà che vuole far vedere il cartone animato alla prole, acquista rapidamente il film in Dvd e ha soddisfatto così la sua esigenza di consumatore, oltre che di buon padre di famiglia.

Nel campo dell’intrattenimento videoludico, individui di giovane età sembrano voler ritrovare o, per essere più precisi, ricostruire a loro piacimento mondi, anche complicati, che non riescono a rinvenire nelle loro esperienze esteriori (e che come tali interiorizzano). In breve, captano i torti reali e li correggono, come un legislatore saggio, giusto, se non addirittura salomonico, all’interno di contesti virtuali.

Al solito è la volontà umana a dettare le regole, le quali tuttavia possono essere senz’altro condizionate, deviate, influenzate da fattori esterni. E tra questi un ruolo preponderante lo svolge senza ombra di dubbio il flusso informatico, l’Internet, l’intelligenza artificiale. Ogni dibattito sul tema soffre di immediato recentismo. Sarebbe forse meglio lasciar passare il lasso di tempo necessario e utilizzare il metodo storico per avvicinarsi correttamente e con distacco alla materia.

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