Il quotidiano britannico vede nell’arrivo dell’ex ministro Padoan alla presidenza come l’inizio dei contrasti che hanno portato al passo indietro di Mustier. Il quale voleva una banca poco italiana e tanto internazionale. Ma qualcuno non era d’accordo. Ora un ceo italiano?
A pensar male, diceva Giulio Andreotti, si fa peccato ma alla fine ci si indovina sempre un po’. Del fatto che la politica abbia avuto un ruolo più che attivo nell’addio a Unicredit di parte di Jean-Paul Mustier, sembrano esserne convinti anche al Financial Times. Un editoriale del più importante quotidiano economico del mondo la dice lunga sulla manina del Palazzo che avrebbe spinto, nel tempo, il manager francese in sella alla seconda banca italiana dal 2016, a lasciare.
UNA STRANA COMBINAZIONE
Al FT, sono convinti in particolare di una cosa: e cioè che la nomina di Pier Carlo Padoan, ex deputato dem e già ministro dell’Economia nei governi Renzi e Gentiloni, due mesi fa a presidente di Unicredit (dopo la scomparsa di Fabrizio Saccomanni, nel 2019) abbia nei fatti aperto la strada al passo indietro di Mustier. L’incipit dell’editoriale dice molto. “L’ottica è orribile. L’ex ministro delle Finanze italiano e membro del parlamento nel collegio di Siena (Padoan, ndr) è nominato presidente designato di Unicredit, la seconda banca del paese. E, nel giro di poche settimane, un rispettato amministratore delegato viene estromesso da una banca che dovrebbe salvare un’altra banca, ma fallita, il Monte dei Paschi, che proprio a Siena risiede”, scrive il quotidiano. Da ricordare come pochi giorni fa lo stesso Padoan abbia chiarito come in realtà la questione Mps c’entri poco o nulla con il passo indietro di Mustier. In altre parole, i timori e i dubbi di Mustier verso un salvataggio di Mps a mezzo Unicredit non sarebbero stati all’origine dello strappo.
PRIMA L’ITALIA (O GLI AZIONISTI)?
Ma c’è un altro dubbio che non passa inosservato secondo il quotidiano inglese. Quello relativo alla tutela degli interessi: l’Italia da una parte (Unicredit è pur sempre una banca italiana) e quello dei soci, visto che in Unicredit non mancano azionisti esteri, soprattutto fondi. “Quando Jean Pierre Mustier, ampiamente lodato, ma apparentemente ostruttivo, si è separato dalla banca sembrava che l’istituto stesse mettendo gli interessi italiani davanti a quelli degli azionisti”. E questo è un problema, che si paga a caro prezzo, rivela il FT. “Non c’è da stupirsi che gli investitori si siano spaventati, facendo scendere il prezzo delle azioni di Unicredit del 13% in due giorni da quando è emersa la notizia”.
L’ORA DI UN CEO ITALIANO
La conclusione ruota tutto intorno all’italianità della banca. Mustier, è il messaggio recondito dell’editoriale, aveva in mente una banca sempre meno italiana e più internazionale. Ma questo non piaceva a Padoan e al board. “Agli occhi di Padoan – e del consiglio – era pericoloso accettare una nuova struttura che avrebbe potuto prefigurare una fuga totale del gruppo. Per il nuovo presidente, un economista e un politico che ha trascorso gran parte della sua carriera nel contesto europeo (Padoan è stato capo-economista dell’Ocse, ndr), l’idea di ristrutturare una banca italiana con una holding tedesca (le possibili nozze con Commerzbank, poi sfumate, ndr) si sarebbe scontrata con l’essenza dell’unione bancaria della zona euro. Annullando il piano con Commerzbank, Padoan ha chiaramente posto gli interessi politici dell’idealismo italo-europeo davanti agli interessi pragmatici degli azionisti”. Naturale a questo punto che “mentre i cacciatori di teste cercano il successore di Mustier, una scommessa sembra sicura: il nuovo ceo sarà italiano”.