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Così la nomina di Benassi agli 007 apre il risiko di diplomatici (e militari)

La nomina dell’ambasciatore Benassi accelera il valzer tra feluche. Sullo sfondo, oltre al sostituto per Palazzo Chigi, le sedi di Washington e Bruxelles. Un risiko vero e proprio. Come per la Difesa dove i fari sono puntati sul nuovo Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Nomi e indiscrezioni

All’indomani della nomina dell’ambasciatore Pietro Benassi come Autorità delegata (e dunque sottosegretario alla presidenza del Consiglio) nei palazzi circola con insistenza una domanda: le nuove funzioni assegnategli dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte sono compatibili con quelle di consigliere diplomatico di Palazzo Chigi e Sherpa del G20 di cui l’Italia è presidente nel 2021?

La risposta si trova nella legge 124 del 2007, quella che ha riformato il comparto dell’intelligence ed è stata aggiornata nel 2012 sotto l’impulso del Copasir allora presieduto da Massimo D’Alema. L’articolo 3 recita: “L’Autorità delegata non può esercitare funzioni di governo ulteriori rispetto a quelle ad essa delegate del Presidente del Consiglio dei ministri a norma della presente legge”.

Chi conosce bene queste materie non ha dubbi: l’Autorità delegata non può occuparsi di altro. Se si vuole cambiare, serve cambiare la legge 124 del 2007. Il dibattito su questa possibilità è caldo. Ma i tempi stretti non permettono di seguire la strada che porta alla riforma in tempo a dipanare la matassa.

La casella “diplomatica” di Palazzo Chigi (cioè quella di gestisce i dossier esteri con e per il presidente Conte) dovrà essere quindi riempita, accelerando così il risiko fra le feluche. Sono due infatti le sedi estere prestigiose che risultano in scadenza (e prorogate fino a fine maggio): Stati Uniti e Unione Europea.

Oggi a Washington DC c’è Armando Varricchio, che si è distinto per aver lavorato eccellentemente sia con l’amministrazione Obama sin da quando era consigliere diplomatico di Matteo Renzi sia con quella Trump. Con Joe Biden alla Casa Bianca il ruolo di Varricchio appare ancora più prezioso, avendo mantenuto con l’ex vicepresidente statunitense una relazione anche negli anni del post-Obama. A Bruxelles la rappresentanza permanente presso l’Unione europea è tenuta da Maurizio Massari, diplomatico apprezzato trasversalmente che aveva già guidato la sede del Cairo e avuto importanti responsabilità alla Farnesina.

Due sedi importanti e due ambasciatori di primissima fascia ed ora la casella politicamente sensibile di Palazzo Chigi. A sbrogliare la matassa ci penseranno il ministro degli Esteri Luigi Di Maio insieme al vertice burocratico della Farnesina che lo consiglia: il segretario generale Elisabetta Belloni, il capo di gabinetto Ettore Sequi e il direttore generale per gli Affari politici e di sicurezza Sebastiano Cardi. Stando ai rumors di queste ore, nel risiko potrebbero rientrare anche Mariangela Zappia, rappresentante permanente alle Nazioni Unite di New York, Emanuela D’Alessandro, consigliere diplomatico del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e Raffaele Trombetta, ambasciatore nel Regno Unito. La diplomazia entra quindi nel più largo valzer delle nomine, quindi. Sapendo però che qui la politica entra fino ad un certo punto. A prevalere saranno le competenze ed il gioco di equilibri interni, peraltro non semplicissimi. Esattamente come nel caso della Difesa.

Le nomine degli ultimi giorni hanno infatti liberato un’altra casella a Palazzo Chigi. Quella del consigliere militare, visto che l’ammiraglio Carlo Massagli, entrato a Palazzo Chigi con Paolo Gentiloni, è stato scelto come vicedirettore dell’Aise, il servizio segreto estero. La scelta in questo caso ha colto meno di sorpresa in quanto il mandato dell’ammiraglio era comunque arrivato a conclusione. Al ministero di via XX settembre avevano già di fatto designato il generale Luigi De Leverano, oggi sottocapo di Stato maggiore della Difesa. Dopo il cambio di guardia al comando generale dei Carabinieri con la scelta del generale Teo Luzi, ora i fari sono tutti puntati sulla successione del generale Salvatore Farina. Il nuovo capo di Stato maggiore dell’Esercito sarà infatti anche il principale candidato a divenire capo di Stato maggiore della Difesa quando, fra pochi mesi, scadrà il mandato del generale Enzo Vecciarelli. In questo caso, i nomi che si fanno sono quelli di due autorevoli militari, Pietro Serino (attuale capo di gabinetto del ministro Lorenzo Guerini) e Luciano Portolano (attuale comandante del Comando operativo di vertice interforze e già impegnato in diverse missioni internazionali).

La domanda che tutti si fanno ora è: cosa succederà se cambia il governo? Ecco perché in tanti guardano, come sempre e più di sempre, alla funzione di garanzia esercitata dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

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