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Al via il Pentagono di Biden. Ecco l’agenda di Lloyd Austin (in attesa di conferma)

Biden inizia la sua presidenza senza un capo del Pentagono confermato dal Senato. L’incarico è assunto pro tempore da David Norquist, vice segretario con Trump, in attesa che Lloyd Austin riceva l’ok del Congresso. Si cerca l’accelerazione e si definisce la lista di priorità: il confronto con la Cina resta in cima all’agenda

Era dal 1989, anno dell’avvio dell’amministrazione di George H. W. Bush, che una nuova presidenza americana non iniziava senza un segretario alla Difesa confermato dal Senato. Succede oggi a Joe Biden, che avrà nei primi giorni del suo mandato David Norquist in qualità di capo del Pentagono pro tempore, in attesa che Lloyd Austin riceva il via libera del Congresso. L’iter è complesso, visto che il generale scelto da Biden ha bisogno di una deroga legislativa per poter assumere l’incarico, non essendo passati i sette anni dal ritiro dal servizio attivo richiesti dalla normativa.

L’ITER

La partita è soprattutto all’interno del partito democratico, che in passato si è opposto con forza a simile deroghe, strenuo difensore del principio del controllo civile delle Forze armate. Lo ha fatto quattro anni fa con il generale Jim Mattis, scelto da Donald Trump per guidare il Pentagono, il quale riuscì a superare la prova parlamentare grazie a un curriculum di peso e al supporto compatto dei repubblicani.

LE PAROLE DI AUSTIN

Ieri, di fronte al comitato Armed services del Senato, il generale Austin è andato dritto al punto: “Capisco e rispetto le riserve che alcuni di voi hanno espresso sull’avere un altro generale ritiratosi di recente dal servizio attivo a capo del dipartimento della Difesa; la sicurezza della nostra democrazia richiede un controllo civile competente sulle nostre Forze armate, la subordinazione del potere militare a quello civile”. Poi la rassicurazione: “Ho speso tutta la mia vita nel rispetto di questo principio”. Parole che puntano a tranquillizzare i dem, compresi quelli dell’ala più radicale, e che fanno il paio con quelle scritte da Joe Biden nel lungo editoriale di metà dicembre su The Atlantic, tutto dedicato a spiegare perché “abbiamo bisogno di Lloyd Austin”.

ACCELERAZIONE IN VISTA?

Intorno ad Austin si è tra l’altro già costruita la squadra di vertice, con Kathleen Hicks vice segretario e Colin Kahl in qualità di sottosegretario per le politiche. A loro Austin ha fatto riferimento ieri per rassicurare i senatori del comitato Armed services sul controllo civile delle Forze armate. Si attende il passaggio alla Camera. L’audizione di fronte al comitato gemello era prevista per domani, ma secondo DefenseNews sarebbe stata trasformata in un incontro a porte chiuse in virtù della difficoltà a definire in tempi così stretti la composizione del comitato stesso. L’audizione potrebbe dunque saltare, lasciando il solo voto che dovrà riguardare l’intera assemblea. Ciò potrebbe accelerare i tempi per Austin, che raggiungerebbe così il resto del gabinetto di Joe Biden nel giro di una settimana.

LE PRIORITA’

Nel frattempo, l’apparizione al Senato ha dato modo al generale di iniziare a illustrare la sua agenda. Il focus della nuova National Defense Strategy sarà sulla Cina: “Presenta la minaccia più significativa”, ha detto. Una minaccia “ascendente” rispetto a quella russa che invece appare “in declino”. Anche Mosca però “può fare grandi danni, come abbiamo visto negli ultimi giorni, e perciò vi dobbiamo dedicare un certo livello di attenzione”. A un’ulteriore richiesta su quale sia la principale minaccia, Austin ha spiegato che “prima della Cina” viene “la pandemia da Covid-19”. La Difesa, ha promesso, continuerà a dare supporto alla più grande operazione logistica degli ultimi anni, quella per la distribuzione e somministrazione del vaccino.

TRA RITIRI E IRAN

Oltre i messaggi di politica interna sul contrasto “al razzismo e all’estremismo all’interno delle Forze armate” (che seguono le notizie sulle indagini che hanno coinvolto membri della Guardia nazionale), Austin è sembrato più vago sui temi dei ritiri dall’estero. Il generale intende “riconsiderare” i ridi spiegamenti da Germania e Somalia voluti da Donald Trump, in linea con i segnali già arrivati sul tema dal team di transizione di Biden. Incerta la posizione sull’Afghanistan, che ha toccato quota 2.500 soldati americani pochi giorni fa. “Vorrei che questo conflitto finisse con una soluzione negoziata”, ha detto Austin ai senatori, ritenendo che “concentrarsi sulle operazioni di antiterrorismo in futuro sarebbe utile”. E poi c’è l’Iran, che resta “un elemento destabilizzante nella regione” da attenzionare, evitando che possa avere l’arma nucleare. Anche su questo il generale è apparso in linea con Biden.

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