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Calvino e il secchio vuoto che ci porta nel nuovo anno

La lezione di Calvino ha una conclusione che ben si adatta a chi ha voglia di volare, nonostante tutto (pandemia inclusa): restare leggeri per attraversare tempi e situazioni. La riflessione di Rocco D’Ambrosio

Nel 1984 Calvino venne invitato dall’Università di Harvard per delle lezioni, che tuttavia non potette dare a causa della sua morte, avvenuta nel settembre del 1985. Il tema da lui scelto fu quello del nuovo millennio, osservato e approfondito con sei concetti fondamentali: il primo di questi fu la leggerezza.

Calvino chiuse la lezione sulla leggerezza citando un racconto di Kafka, Der Kübelreiter (Il cavaliere del secchio). “È un breve racconto in prima persona – spiegava Calvino – scritto nel 1917 e il suo punto di partenza è evidentemente una situazione ben reale in quell’inverno di guerra, il più terribile per l’impero austriaco: la mancanza di carbone. Il narratore esce col secchio vuoto in cerca di carbone per la stufa. Per la strada il secchio gli fa da cavallo, anzi lo solleva all’altezza dei primi piani e lo trasporta ondeggiando come sulla groppa d’un cammello. La bottega del carbonaio è sotterranea e il cavaliere del secchio è troppo in alto; stenta a farsi intendere dall’uomo che sarebbe pronto ad accontentarlo, mentre la moglie non lo vuole sentire. Lui li supplica di dargli una palata del carbone più scadente, anche se non può pagare subito. La moglie del carbonaio si slega il grembiule e scaccia l’intruso come caccerebbe una mosca. Il secchio è così leggero che vola via col suo cavaliere, fino a perdersi oltre le Montagne di Ghiaccio. Molti dei racconti brevi di Kafka sono misteriosi e questo lo è particolarmente…” (Lezioni americane).

Ritorniamo a noi. Non so se Kafka ci permetterebbe un “adattamento” da fine 2020 e inizio 2021, ma proviamoci comunque. È inverno anche per noi. La nostra lotta è contro un nemico insidioso, imprevedibile, terrorizzante, letale che ha la targa “19”. Il carbone può essere per noi un valido e sicuro vaccino, oppure la guarigione totale, oppure il “dopo sarà migliore del momento attuale” e cosi via. C’è una certezza nel racconto: devi uscire e cercare il carbone. Ovvero la crisi non passa se non ci diamo da fare: un anno migliore del precedente non vien fuori dal nulla, ma da uno sforzo personale e collettivo, all’unisono. Con e nella stessa barca, direbbe papa Francesco.

Calvino riconosce la stranezza ed enigmaticità del racconto: “L’idea di questo secchio vuoto che ti solleva al di sopra del livello dove si trova l’aiuto e anche l’egoismo degli altri, il secchio vuoto segno di privazione e desiderio e ricerca, che ti eleva al punto che la tua umile preghiera non potrà più essere esaudita, apre la via a riflessioni senza fine”. Rileggerlo, forse, può aiutarci a mettere ordine nei nostri pensieri, ad augurarci il possibile e non l’impossibile, a comprendere che abbiamo bisogno di volare un po’ di più, con la mente come con il cuore e, soprattutto, che per volare bisogna essere leggeri.

Mi colpisce il fatto che Calvino sottolinei come ci sia bisogno di elevarsi “al di sopra dell’aiuto e anche dell’egoismo degli altri”. L’”aiuto degli altri” lo leggo come una dipendenza immatura e sterile dagli altri che spesso ci deresponsabilizza, senza portare il nostro contributo (nel nostro caso attendiamo tutto dal mondo politico o scientifico). E poi l’egoismo degli altri. La pandemia, in diversi contesti, sta moltiplicando egoismo e cinismo. Non ci aiutano alcuni politici, specie quelli sempre in vetrina mediatica, che pensano solo a rimpasti, consensi e potere (ma non sono i soli). Se non voliamo sopra di essi ne resteremo irretiti e, forse, per sempre.

Non dimentichiamo che, in diversi casi, il secchio non ha bellezza o attrattiva, è grezzo e senza grazia. Inoltre se è pieno non vola, ci spinge verso terra: Chesterton diceva che “Satana è caduto per la forza di gravità” perché “è facile essere pesanti, difficile essere leggeri”. La pandemia sta portando non solo danni fisici, ma anche etici, emotivi e relazionali. Calvino direbbe che dobbiamo operare perché la nostra tristezza diventi malinconia e non depressione, valutando continuamente se ci stiamo appesantendo, quanta leggerezza abbiamo perso e, insieme ad essa, grazia e gentilezza.

La lezione di Calvino ha una conclusione che ben si adatta a chi ha voglia di volare, nonostante tutto (pandemia inclusa): restare leggeri per attraversare tempi e situazioni. “Così – sono le parole conclusive della lezione – a cavallo del nostro secchio, ci affacceremo al nuovo millennio, senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi. La leggerezza, per esempio, le cui virtù questa conferenza ha cercato di illustrare”.

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