L’arresto di Stefano Costantini, 24 anni, nato in Svizzera da genitori emigrati dalla provincia di Pescara prosciuga ulteriormente la ormai ridottissima presenza di combattenti italiani nei teatri di guerra e consentirà sviluppi investigativi con la ricostruzione degli anni passati a diffondere il jihad. Il punto di Stefano Vespa
Un altro foreign fighter in carcere in Italia. L’attività antiterrorismo prosegue sotto traccia e l’arresto di Stefano Costantini, 24 anni, nato in Svizzera da genitori emigrati dalla provincia di Pescara, non solo prosciuga ulteriormente la ormai ridottissima presenza di combattenti italiani nei teatri di guerra, ma consentirà sviluppi investigativi con la ricostruzione degli anni passati a diffondere il jihad.
ANNI DI INDAGINI
L’arresto è stato effettuato da agenti della Direzione centrale della Polizia di prevenzione e della Digos di Pescara all’aeroporto turco di Hatay, eseguendo l’ordinanza di custodia cautelare emessa nell’ottobre 2017 dalla Direzione distrettuale antiterrorismo dell’Aquila. Anni di indagini e di collaborazioni investigative e diplomatiche tra Italia e Turchia con il supporto dell’Aise, l’agenzia di intelligence per l’estero, perché Costantini è sposato con una turca nata in Germania e ha quattro figli dei quali il più grande, 10 anni, di cittadinanza tedesca mentre gli altri tre (di 5, 4 e 2 anni nati in Siria) sono italiani. La moglie non ha avuto nessun ruolo nell’attività del marito, non è indagata neanche da autorità giudiziarie straniere e ha scelto di vivere in Turchia con i figli.
LA FUGA NEL 2014
Costantini scomparve dalla Svizzera nel settembre 2014 quando era ancora minorenne e dopo un rapido percorso di conversione all’Islam e di radicalizzazione partì per il fronte siriano affiliandosi a Idlib al gruppo Jabhat al Nusra, oggi denominato Jabhat Fatah al Sham, un pezzo della galassia di al Qaeda. Nella conferenza stampa che ha riassunto le indagini il questore di Pescara, Luigi Liguori, ha spiegato che i primi indizi arrivarono dalla denuncia di scomparsa presentata dai genitori, che non condividevano le idee del figlio, e la Polizia di frontiera di Bari confermò la partenza per la Siria dove poi fu raggiunto dalla moglie.
TRA COMBATTIMENTI E PROSELITISMI
Le indagini partite alla fine del 2014 hanno provato il coinvolgimento del giovane in combattimenti in territorio siriano contro le truppe del presidente Bashar al Assad e la sua presenza in tutta l’area controllata da Jabhat al Nusra. Leila Di Giulio, dirigente della Digos di Pescara, ha aggiunto che Costantini fu individuato rapidamente finché, prove alla mano, nell’ottobre 2017 la Dda dell’Aquila emanò un’ordinanza di custodia cautelare con mandato di arresto europeo e quindi ampliamento delle ricerche a livello internazionale. Al giovane è contestata la partecipazione ad associazione terroristica di matrice islamista, con finalità di arruolamento e apologia del terrorismo, anche per la diffusione di materiale a sostegno dell’ideologia qaedista sui social network vicini al jihadismo: già dal 2015 il Servizio per il contrasto dell’estremismo e del terrorismo esterno aveva documentato un’intensa attività di proselitismo, addestramento al combattimento e impiego in attività militari.
GLI ULTIMI FOREIGN FIGHTER
Il primo dirigente della Direzione della Polizia di prevenzione Fabio Berilli ha ricordato che Costantini non è il primo foreign fighter fatto rientrare e che l’elenco completo conta 146 unità, anche se in massima parte morti o di cui non si hanno più notizie. È noto da tempo che sono una dozzina gli italiani rientrati, alcuni in carcere e altri monitorati: l’anno scorso toccò all’italo-marocchino Samir Bougana arrestato in Siria dalla Polizia e ad Alice Brignoli riportata dal Ros dei Carabinieri. Berilli ha sottolineato anche gli aspetti umanitari dell’operazione visto che era coinvolto un intero nucleo familiare, con il coinvolgimento dell’ambasciata italiana ad Ankara e del personale di stanza a Istanbul, dell’Aise e delle polizie svizzera e turca.
POSSIBILI SVILUPPI
Costantini si è “tecnicamente costituito”, ha precisato Di Giulio, dopo una lunga attività di persuasione e il questore Liguori ha aggiunto che ci sarà molto da approfondire perché il giovane potrebbe spiegare meccanismi, organizzazione, contatti delle formazioni jihadiste. Una collaborazione che aiuterebbe lui e la sua famiglia, si vedrà se motivata da pentimento con successiva deradicalizzazione o se da un calcolo di convenienza. Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha commentato l’arresto con la necessità di continuare a monitorare il terrorismo jihadista e di intensificare lo scambio di informazioni a livello internazionale.