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Avete sentito parlare di Clubhouse? L’app tutta audio che spopola tra i politici

Con due milioni di utenti nell’ultima settimana, Clubhouse è la nuova applicazione che punta tutto sulla voce. Ecco chi sono i suoi creatori e chi ha deciso di investire per farla sbarcare in Europa (e in Italia)

In un mondo dominato dalle immagini, arriva un social network basato sulla voce. Si chiama Clubhouse, è nato – of course – negli Stati Uniti e nelle ultime settimane se ne sente parlare sempre di più in Europa e in Italia. Al momento è disponibile solo in inglese e per il sistema operativo iOS, bisogna insomma possedere un prodotto Apple per scaricarlo, ma non solo. Per poterlo usare bisogna essere invitati da qualcuno che già lo utilizza. Sta avendo un certo successo tra politici e parlamentari che confidano all’app le opinioni più “calde” sulla crisi in corso.

COME FUNZIONA CLUBHOUSE

Nessun messaggio o commenti scritti, solo interazioni basate sulla voce. Clubhouse, a differenza di Facebook, Instagram e Twitter ha deciso di scommettere sulla voce, in diretta. Come funziona? Superato l’ostacolo invito, entrati nell’applicazione si può accedere a stanze tematiche create dai vari “creators”, partecipare come pubblico/ascoltatori e richiedere di partecipare attivamente alla conversazione cliccando su un’icona per “alzare la mano”. Le “stanze” di conversazione tematiche moderate dagli amministratori/creatori sono veri e propri canali di commento e/o approfondimento tematico, calendarizzati e indicizzati nell’applicazione in modo da poter essere visti e trovati facilmente. Un po’ come scegliere quale canale radiofonico ascoltare e, perché no, chiedere di intervenire se si ha qualcosa da dire.

QUANDO E DOVE NASCE CLUBHOUSE

Clubhouse è nata a marzo del 2020 negli Stati Uniti, nella Silicon Valley, per mano di Paul Davison and Rohan Seth. “Il nostro obiettivo – si legge sul blog ufficiale di Clubhouse – era quello di costruire un’esperienza sociale che sembrasse più umana, dove invece di postare, ci si potesse riunire con altre persone e parlare. La nostra stella polare era di creare qualcosa in cui si potesse chiudere l’app alla fine della sessione sentendosi meglio di quando l’abbiamo aperta, perché avevamo approfondito le amicizie, incontrato nuove persone e imparato”. La sua diffusione e l’interesse che sta suscitando negli Usa si può intuire anche dagli investitori pronti a scommettere sul suo successo. Grazie alla società di venture capital Andreessen Horowitz, ha raccolto nelle ultime settimane 100 milioni di dollari di investimenti e più di 180 nuovi investitori.

NEL FUTURO DI CLUBHOUSE

E se il numero di utenti ora è limitato sia dalla disponibilità solo per i sistemi iOS che dalla modalità di accesso attraverso gli inviti (due per ogni utente già registrato), l’obiettivo è quello di aprirsi sempre di più, hanno spiegato i fondatori dell’app, che puntano sempre più in alto, ma riconoscono di non essere al momento in grado di gestire la crescita esponenziale delle ultime settimane.

Gli obiettivi per il futuro sono quattro: iniziare “presto” a lavorare per l’applicazione dedicata al sistema Android; investire sui server che, a causa della crescita più rapida del previsto, hanno causato errori di navigazione per molti utenti; aumentare il team che si occuperà di offrire supporto e garantire la sicurezza all’interno dell’app; migliorare il sistema di classificazione e organizzazione delle “conversazioni” aumentato vertiginosamente con l’aumento degli utenti; investire nei “creator”, ossia creare un sistema remunerativo diretto per gli utenti che attraverso i loro canali ospitano conversazioni che coinvolgono una rete ampia di utenti e sono il cuore dell’app.

PROBLEMI DI PRIVACY?

L’applicazione, però, fa notare Carola Frediani nella sua newsletter settimanale “Guerre di Rete“, è un social che richiede l’accesso “in modo insistente” alla rubrica telefonica, accesso che si può negare ma perdendo poi la possibilità di invitare qualcuno. “La richiesta mi ha colpito – si legge – e sono andata a cercare un po’ in giro scoprendo che aveva colpito anche il garante per la protezione dei dati di Amburgo, Johannes Caspar. Secondo Caspar, Clubhouse non soddisferebbe i requisiti del Regolamento europeo sulla privacy (GDPR), in quanto la sua dichiarazione sulla protezione dei dati non terrebbe conto di tali requisiti, non verrebbe nominata una persona di contatto e in più l’app obbligherebbe a condividere la propria rubrica con il servizio se si desiderano invitare altre persone, una funzione centrale dato che il servizio si basa su inviti”.



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