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Nuovo capo del Pentagono? Prova superata per Austin (e Biden)

Maggioranza schiacciante per il generale Lloyd Austin a Capitol Hill, dove un doppio voto ha autorizzato la deroga che gli consente di assumere l’incarico di segretario alla Difesa per cui è stato scelto da Biden. A stretto giro è arrivata oggi la conferma del Senato. È il primo capo del Pentagono di colore nella storia degli Stati Uniti

Via libera dal Congresso degli Stati Uniti per il generale Lloyd Austin. Sarà il capo del Pentagono di Joe Biden, il primo segretario alla Difesa di colore. Oggi è arrivato il passaggio di conferma formale del Senato, piuttosto scontato visto che ieri Austin ha incassato un’ampia maggioranza in entrambe le Camere per la deroga alla legge che impone siano passati almeno sette anni dal ritiro del servizio attivo per poter accedere alle cariche di vertice civile del Pentagono.

Il generale quattro-stelle dell’Alabama, classe 1953, ha guidato il Comando centrale degli Stati Uniti fino al 2016 (era stato scelto da Barack Obama) passando poi nel consiglio d’amministrazione di Raytheon, uno dei colossi americani del settore, come spesso accade per i generali in congedo. Ha già lasciato il suo ruolo nel cda, promettendo di delegare ad altri nel Pentagono tutti gli affari relativi a Raytheon per i prossimi quattro anno (invece dei dodici mesi previsti dalla legge).

Lo ha promesso di fronte al comitato Armed Services del Senato, lì dove è stato sentito martedì nell’ambito dell’esame sul “waiver” (la deroga) necessario alla sua designazione. Insolitamente, alla Camera la stessa audizione non c’è stata, vista l’urgenza di confermare la nomina e le difficoltà a formare dopo il voto i vari comitati parlamentari. La deroga è dunque passata direttamente all’assemblea, ottenendo ieri 326 voti a favore e 78 contrari. Negli stessi minuti votava anche il Senato, con un risultato simile: 69 favorevoli e 27 contrari.

Il segnale politico è rilevante soprattutto per Biden, riuscito a compattare il suo partito su un punto delicato. Quando rese pubblica la designazione per Austin, l’8 dicembre, furono molte le critiche che gli piombarono addosso dal mondo dem, tradizionalmente rigido sul principio del controllo civile delle Forze armate. Quattro anni fa, quando Donald Trump propose il generale Jim Mattis per la guida del Pentagono, i democratici furono critici e battagliarono parecchio. Mattis ottenne comunque la deroga, grazie a un curriculum di peso e al favore di maggioranze repubblicane a Capitol Hill.

Per Austin la partita era apparsa da subito più difficile, con diversi esponenti del mondo democratico a non assicurare il loro sostegno. Il generale dell’Alabama invece ce l’ha fatta, complici le forti rassicurazioni fatte in Senato sul controllo civile del Pentagono, ma anche la determinazione di Biden nel sostenere la sua scelta. Già il 9 dicembre l’allora presidente-eletto firmava un lungo editoriale su The Atlantic per spiegare “perché abbiamo bisogno di Austin”. Parole simili sono state usate dalla speaker Nancy Pelosi e dal presidente del comitato Armed services della Camera Adam Smith nei messaggi degli ultimi giorni ai compagni di partito, una vera e propria chiamata all’unità per dare con celerità un capo del Pentagono a Biden.

Ottenuta la deroga legislativa, al generale Austin è arrivato oggi la conferma del Senato. Il passaggio era considerato scontato, sulla scia dell’accelerazione che Capitol Hill ha impresso alle varie conferme sul nuovo gabinetto presidenziale. Austin prende il posto di David Norquist, segretario pro tempore da due giorni (prima era vice segretario) succeduto a Chris Miller, l’uomo che Trump aveva messo al vertice del Pentagono (anche lui pro tempore) dopo le dimissioni di novembre di Mark Esper.

Sono stati d’altra parte mesi turbolenti all’interno del dipartimento della Difesa, tra cambi frequenti e comitati “indipendenti” riempiti con fedelissimi dell’ex presidente. Ad Austin il compito di riportare la calma, a fronte comunque di sfide non da poco sul fronte interno e internazionale. Avrà ad affiancarlo Kathleen Hicks, vice segretario, Colin Kahl in qualità di sottosegretario per le politiche e Kelly Magsamen come capo di gabinetto. La Hicks porta in dote esperienze importanti all’interno del dipartimento nell’era Obama, ma anche la rete di contatti con think tank e mondo della ricerca, essendo vice presidente e direttore dell’autorevole Csis. Profilo tra accademia e politica quello di Kahl, esperto di Medio Oriente, docente a Stanford e già consigliere per la sicurezza nazionale di Biden quando era vice presidente.

Intanto, l’audizione di martedì ha permesso di identificare diversi punti sull’agenda del prossimo segretario alla Difesa. Nella lista di priorità del Pentagono la Cina resta ai vertici, una sfida “crescente” secondo Austin. C’è anche la Russia, “in declino” ma comunque in grado di porre “minacce importanti”. Per questo il generale ha promesso di voler rivedere la postura americana in Europa, compreso un passo indietro rispetto alla decisione di Trump sul ritiro in Germania. Si ripristineranno le varie alleanze in giro per il mondo, compresi i toni concilianti all’interno della Nato. Ciò non farà però venir meno le richieste americane tra spese per la Difesa e apertura dei vari progetti dell’Unione europea per le aziende americane.

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