Le tappe istituzionali, le strategie delle forze politiche in campo e il nodo del contendere nella crisi politica aperta da Italia Viva, culminata con le dimissioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Conversazione con Giovanni Guzzetta, ordinario di Diritto pubblico all’Università Tor Vergata
“Il Recovery Plan è forse al cuore di questa crisi. Intorno al Recovery si gioca un’opportunità enorme per il Paese, ma si giocano anche appetiti altrettanto enormi, trattandosi di gestire la distribuzione di 209 miliardi e quindi se Parigi val bene una messa, il Recovery Plan vale molto di più”. È naturalmente nel piano Marshall europeo che l’ordinario di Diritto pubblico all’Università Tor Vergata Giovanni Guzzetta individua il centro della crisi politica che sta terremotando l’esecutivo e il sistema politico italiano, ma la grande nebbia che avvolge l’uscita dalla crisi dipende dal fatto che tutte le forze politiche hanno più di un interesse in gioco, il che moltiplica i possibili scenari quasi all’infinito. “Ho l’impressione che non sarà un crisi breve”, aggiunge il professore, che percorre con Formiche.net le prossime fasi della crisi.
Conte si è dimesso, la palla ora è in mano a Mattarella. Prossimi passi?
Adesso chiaramente il Presidente della Repubblica svolgerà le sue consultazioni. L’ex Presidente della Repubblica (Giorgio Napolitano, ndr), i presidenti delle Camere (Casellati e Fico, ndr) e i rappresentati delle forze politiche. Da questo primo giro dovrà farsi un’idea sulla prospettiva di soluzione della crisi, che ovviamente dipende molto dai messaggi che riceverà, sia con riferimento alla formula politica, sia con riferimento al nome del premier che all’eventuale preferenza per lo scioglimento delle Camere.
Gli scenari sono quindi tutti aperti e possibili?
Tutti questi aspetti che io ho indicato – la formula politica, il nome del premier e la possibilità delle elezioni – sono tutti scenari possibili malgrado vengano considerati improbabili da una parte o dall’altra. È difficile cogliere dal di fuori l’infinità di intrecci e trattative che si stanno svolgendo in queste ore, perché la verità è che ciascuna forza politica ha più convenienze, non una scelta secca, e questo moltiplica le possibilità.
Partiamo dal presidente del Consiglio. Quali sono le sue possibili scelte?
Conte da un lato ovviamente comprensibilmente aspira a rimanere tale, allo stesso tempo agita indirettamente lo spettro di una possibile forza elettorale da poter utilizzare nel caso si scivolasse verso le elezioni.
E gli altri partiti?
Anche gli altri partiti si trovano a dover indagare più possibili soluzioni. Ma in genere quando ci sono le crisi quello che viene dichiarato raramente corrisponde a quello che effettivamente si pensa.
Partiamo dal Conte ter sostenuto dalle forze della maggioranza uscente: ci sono margini?
Immaginare ipotesi che non siano state già espresse da opinionisti, retroscenisti o commentatori mi sembra difficile, quelle già vagliate son ben più di tre. Se combiniamo le variabili che ho detto prima, il numero cresce esponenzialmente. Si parla di un governo che rimanga nell’area nella stessa coalizione che ha sostenuto fino ad ora Conte. In realtà anche lì ci sono più variabili, perché potrebbe essere la stessa coalizione a cui sommare le forze responsabili o di Italia Viva. Insomma, già partendo dal perimetro del precedente governo ci sono almeno due varianti possibili.
Oppure?
Oppure c’è la possibilità dell’allargamento della maggioranza che vada verso qualcosa che somiglia a un “governo di salute pubblica” o di “unità nazionale”, ma anche lì le varianti son diverse: una vede un governo di unità nazionale in termini tradizionali, quindi in cui tutte le forze politiche si uniscono; poi c’è la soluzione che stabilisce un confine alle sole forze cosiddette europeiste, lasciando fuori le forze sovraniste e anti-europeiste, quindi anche questa opzione ha più variabili.
E poi la scelta del premier…
Se restiamo nell’ipotesi di un governo sempre nello schema dell’unità nazionale, che allarga ancora di più i confini, possiamo immaginare molte ipotesi: se debba essere una figura politico-istituzionale, una figura tecnica oppure ancora Conte. Anche all’interno delle figure tecniche ci sono soluzioni diverse.
Ad esempio?
Ad esempio deve, questa figura tecnica, guidare il Paese per tutto il prosieguo della Legislatura anche con innesti tecnici tra i ministri, quindi una caratura tecnocratica, oppure si parla di una figura tecnica che accompagni il Paese verso le elezioni da qui a qualche mese? Devo dire che per i bookmakers non è un momento facile…
Intanto nel caos scenaristico, l’Europa aspetta il Recovery Plan…
Il Recovery Plan è forse al cuore di questa crisi. Intorno al Recovery si gioca un’opportunità enorme per il Paese, ma si giocano anche appetiti altrettanto enormi, trattandosi di gestire la distribuzione di 209 miliardi e quindi se Parigi val bene una messa, il Recovery Plan vale molto di più.
Quale governo può avallare Mattarella, con i soldi del Recovery in sospeso per l’Italia?
Il Presidente della Repubblica ha detto con molta chiarezza, dal mio punto di vista in modo condivisibile, che quello che nascerà deve essere un governo solido, non raccogliticcio. Anche perché non si sarebbe aperta la crisi se non ci fosse stato questo paletto posto dal Presidente della Repubblica. Il problema è su cosa si fonderà questa possibile solidità del governo, che tipo di alleanza: se sarà autenticamente politica o un’alleanza finalizzata alla gestione di tutti questi quattrini.
Conte ha raccolto il sostegno di Movimento 5 Stelle, Partito democratico e LeU, mentre Italia Viva resta – chiaramente – in bilico. Ma può essere Conte il punto di equilibrio tra queste stesse forze?
Questo bisognerebbe chiederlo alle forze politiche ed è difficile a dirsi, è evidente che la crisi aperta da Italia Viva passava anche per una valutazione della gestione di Conte non condivisa. Se la situazione per Italia Viva si sia modificata è difficile dirlo, il fatto che non ci sia una chiara indicazione di Conte da parte di IV mi pare il segno che questo nodo non sia del tutto sciolto. Diciamo che siamo nella fase dell’astensione, bisogna vedere se poi si trasforma. Ho la sensazione, però, che non sarà una crisi dai tempi rapidissimi.
Come ha insegnato la VXII legislatura, nata con le genesi del Conte I durata per circa tre mesi…
Questa legislatura al netto del Covid, che chiaramente ha complicato molto una situazione già non semplice, è la dimostrazione che il sistema politico è molto frammentato e che le linee di cesura non sono solo di tipo tradizionalmente politico.
Cosa intende?
Sono tre le faglie: la divisione destra-sinistra, la divisione populisti-anti populisti e la terza è la divisione tra europeisti e anti europeisti. Tutte queste faglie si mischiano perché non coincidono con le fratture politiche. A sinistra c’è Il Movimento 5 Stelle che conserva venature populiste e anti europeiste, a destra ci sono partiti che invece hanno posizioni più filo europeiste e meno populiste e per altre è in continuo movimento. C’è da sperare, però, che al netto delle diversità di vedute non si sprechi questa enorme occasione di ripartenza legata ai fondi europei, la più grande dopo il Piano Marshall.
A proposito di frammentazione, il sistema italiano non da oggi mostra una instabilità notevole. Servono riforme, o è un problema di classe politica?
La buona politica funziona grazie alle regole e grazie ai comportamenti, mi pare che in questo momento noi siamo carenti sui entrambi i versanti. È chiaro che ci vogliono riforme, ma è altrettanto chiaro che queste riforme di cui parliamo da decenni evidentemente la classe politica non è così convinta. Mi sembra quindi un po’ astratto parlare di riforme, certo se penso che una delle prospettive più concrete è una ulteriore proporzionalizzazione del sistema elettorale e quindi una ulteriore frammentazione e aumento dei rischi di crisi come quelli visti in questa legislatura sono molto preoccupato.