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Conte può governare con un governo di minoranza? I dubbi di Celotto

Il governo Conte II pur avendo ottenuto la nuova fiducia in entrambe le Camere è chiaramente ancora in crisi politica. Perché ha perso una delle quattro forze della coalizione e non può certo pensare di reggere con l’appoggio sporadico di senatori a vita o confidando in assenze e astensioni. Non può farlo soprattutto perché siamo nella più grave fase di crisi sanitaria ed economica che la Repubblica abbia mai vissuto. Serve ora più che mai un governo saldo e solido, non certo un governo fragilmente di minoranza

La Costituzione non pone ostacoli. Come ben chiarisce l’art. 94 Cost. è sufficiente la maggioranza semplice, cioè dei votanti per far restare in carica il governo.

Lo capiamo ancora più chiaramente dai lavori dell’Assemblea costituente.

L’art. 87 del Progetto di Costituzione prevedeva infatti espressamente che la fiducia dovesse essere accordata con la maggioranza “assoluta”. Invece nella seduta del 24 ottobre 1947 questo requisito venne soppresso.

Limpide sono le parole spese quel pomeriggio da Costantino Mortati, uno dei più esperti giuristi fra i costituenti:
“La soppressione del requisito della maggioranza assoluta nel voto di fiducia si basa sulla considerazione della attuale situazione politica italiana, caratterizzata dalla mancanza di grandi partiti e dalla necessità di dar vita a ministeri di coalizione. In presenza di una siffatta situazione può sembrare opportuno, proprio ai fini della stabilità del governo, non richiedere una maggioranza assoluta. Chi propose il testo del progetto, e fra questi anch’io, si indusse a porre la condizione della maggioranza assoluta nella convinzione che essa potesse contribuire a dare maggiore saldezza alla compagine del governo.

Ma una più matura considerazione ha portato a ritenere che il mantenimento di una disposizione di questo genere potesse in certi casi riuscire controproducente, ed anzitutto rendere più difficile la risoluzione delle crisi, prolungando il periodo di carenza del governo, ed in secondo luogo rendere più debole la compagine del Ministero, che, dovendo contare su un maggior numero di consensi, sarebbe costretto ad includere nel suo seno elementi di maggiore eterogeneità e, quindi, perdere di compattezza.

È chiaro che più sono i gruppi e gruppetti che entrano nella coalizione di governo più si accrescono le possibilità di crisi, per l’uscita dalla coalizione stessa di qualcuno di essi”.

Ho voluto riportare un ampio stralcio dei lavori della Costituente per porre in rilievo come già allora fossero consapevoli delle difficoltà di formare un governo di coalizione.

Così nella storia repubblicana ne abbiamo visti di governi che sono rimasti in carica senza ottenere la maggioranza assoluta nel voto di fiducia. Forse il caso più noto è quello del governo Andreotti III del 1976 che si reggeva sulla astensione dei comunisti, in anni di compromesso storico.

Ora, il governo Conte II pur avendo ottenuto la nuova fiducia in entrambe le Camere è chiaramente ancora in crisi politica. Perché ha perso una delle quattro forze della coalizione e non può certo pensare di reggere per i due anni che ancora mancano alla fine della legislatura con l’appoggio sporadico di senatori a vita o confidando in assenze e astensioni.

Non può farlo soprattutto perché siamo nella più grave fase di crisi sanitaria ed economica che la Repubblica abbia mai vissuto. Serve ora più che mai un governo saldo e solido, non certo un governo fragilmente di minoranza.

Come finirà? Dobbiamo aspettare una settimana per capire se ci sarà un nuovo innesto robusto di parlamentari in maggioranza per formare un Conte III oppure se vanno a pensare nuove soluzioni, politiche o tecniche. Con tutte le incognite di una crisi istituzionale, ma confidando che si arrivi a governare con saldezza questi mesi difficili.


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