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Terrorismo, quella spia iraniana che scorrazzava per l’Italia

Assadollah Assadi girava per l’Italia e altri Paesi d’Europa sotto il nome di Daniel. Preparava un attentato a Parigi contro la Resistenza iraniana (sventato da Cia o Mossad). Venerdì il verdetto in Belgio. Teheran starebbe tentando lo scambio di prigionieri

Venerdì il tribunale di Anversa pronuncerà la sua sentenza su Assadollah Assadi, quarantottenne diplomatico iraniano che rischia 20 anni di carcere. Su di lui pende l’accusa di aver pianificato l’attentato contro una manifestazione della Resistenza iraniana a Parigi il 30 giugno del 2018 a cui partecipavano diversi esponenti di spicco della politica internazionale, tra cui l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani, fedelissimo del presidente uscente degli Stati Uniti Donald Trump.

LE ACCUSE

Gli avvocati di Nasimeh Naami e Amir Saadouni, una coppia belga-iraniana complice del diplomatico, trovata in possesso di una bomba nella loro autovettura mentre si recavano in Francia (pare grazie a una segnalazione di Cia o Mossad), hanno dichiarato che l’esplosivo non era abbastanza potente da uccidere. Il legale del terzo presunto complice, Mehrdad Arefani, descritto dall’accusa come un parente di Assadi, ha smentito il suo coinvolgimento e ha anche chiesto l’assoluzione. I pubblici ministeri chiedono una pena detentiva di 18 anni per la coppia e 15 per Arefani. Il giorno dopo l’attentato fallito la polizia tedesca arrestò Assadi, che avrebbe consegnato alla coppia l’esplosivo (miscela TATP), detonatori e istruzioni.

LE TENSIONI IRAN-EUROPA

Il caso ha alimentato le tensioni tra l’Iran e diversi Paesi europei, riaccendendo i riflettori sulle attività internazionali di Teheran. Nell’ottobre del 2018, la Francia ha accusato il ministero dell’Intelligence iraniano di essere dietro il presunto attacco.

IL DIPLOMATICO-SPIA

Infatti, come ha raccontato il Corriere della Sera, Assadi, che era terzo segretario dell’ambasciata iraniana a Vienna, è un membro dell’intelligence di Teheran, con alle spalle un lungo attività di Iraq. Girava l’Europa — compresa l’Italia, Paese in cui, come raccontato da Formiche.net c’è un importante viavai di spie, anche iraniane — sotto il nome di Daniel, “scontata cortina fumogena per un personaggio ritenuto il responsabile del settore Europa meridionale all’interno del network khomeinista”, scrive Guido Olimpio sul quotidiano di via Solferino. “Viaggia in tutto il continente, costruisce la propria rete, torna in patria a riferire. Si sposta spesso in auto, aiutato da un navigatore, e annota molti dettagli su un libricino verde. Che diventerà incriminante”, continua: 289 luoghi in undici Paesi europei, 13 volte in Italia. Obiettivo: “reclutare collaboratori e preparare un attentato (sventato) contro una manifestazione di oppositori”, quella di Parigi.

LA POSIZIONE DI TEHERAN

Come spiega Olimpio, per l’Iran il caso è una provocazione: “Tesi legata al fatto che marito e moglie erano degli oppositori, al punto da aver ottenuto asilo in Belgio. La polizia ritiene, invece, che siano stati arruolati da Assadi perché avevano accesso agli incontri dell’opposizione e nella speranza di far passare l’attacco come una faida. Oppure ha abboccato ad un’esca, era convinto di poter agire ed è rimasto intrappolato. Gli investigatori scopriranno che la donna, violando le regole dell’asilo, si è recata alcune volte in Iran e ritengono che fosse lei ad avere il profilo più importante”.

I SOSPETTI

Nei giorni scorsi Le Monde ha rivelato che tra i visitatori di Assadi nel carcere belga ci sono anche alcuni membri dell’intelligence. “Il regime, dopo aver invocato inutilmente l’immunità diplomatica, ha puntato una via di fuga alternativa. La solita”, scrive Olimpio. “Scambiare l’arrestato con qualche pedina detenuta in Iran, uno dei diversi ricercatori con doppia nazionalità rinchiusi nelle prigioni con questo obiettivo”. Una possibilità che potrebbe aver ventilato anche il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, intervenendo a dicembre ai Med Dialogues 2020 organizzati dall’Ispi e dalla Farnesina. “Siamo pronti allo scambio di prigionieri, lo possiamo fare da domani, lo possiamo fare oggi”, aveva detto Zarif. “Ci sono tanti iraniani detenuti ingiustamente in Europa, negli Usa e in Africa. È nostro interesse che queste persone tornino dalle loro famiglie”, aveva poi aggiunto. Dichiarazioni il cui tempismo, come aveva spiegato l’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata, non è parso affatto casuale.

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