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007, armi e traffici opachi. Quel filo rosso fra Italia e Iran

Il recente caso del traghetto italiano che sarebbe stato trasformato in una nave da guerra dei Pasdaran è soltanto l’ultimo di una serie di affari pericolosi (e illeciti) tra Roma e Teheran. Ecco i più clamorosi negli ultimi 10 anni

Il mistero della nave-traghetto costruita in Italia (con ombre cinesi) nel 1992 e convertita in una nave da guerra dei Pasdaran iraniani armata con droni, elicotteri e missili da crociera ha riacceso i riflettori sugli intrecci iraniani Italia, Paese al centro di traffici internazionali (e illegali) di armi e droga ma anche di reti di spionaggio.

IL CASO FIROUZ

Il caso più recente riguarda Said Ansary Firouz, iraniano di 68 anni coinvolto in un traffico di armi (elicotteri e droni) con Teheran (in cui compare anche la ’ndrangheta), assassinato il 20 ottobre scorso a Formello da un connazionale che subito dopo si è suicidato. Firouz, ha rivelato il Messaggero, aveva raccontato a maggio agli inquirenti di collaborare con gli 007 italiani: gli fu chiesto di acquisire informazioni sulla vendita illegale di armi al regime iraniano. A conferma della sua versione “vi sono delle chiamate partite dal suo cellulare ad un numero intestato alla presidenza del consiglio de ministri il 22 novembre del 2016, proprio nei giorni in cui avvenivano gli incontri con i delegati di Teheran”, scrive il quotidiano romano. Alla fine, però, Firouz si era convinto di essere finito in mezzo a una guerra tra bande della nostra intelligence.

IL SOTTOMARINO DI MADURO

A settembre Panorama aveva rivelato che la marina di Nicolás Maduro dispone di un battello subacqueo prodotto in Italia: “Piccolo, maneggevole, con ottima tecnologia, com’è arrivato in Venezuela? Mistero”, scriveva Paolo Manzo sul settimanale diretto da Maurizio Belpietro. “Il sospetto dei servizi statunitensi, però è che possa essere utilizzato per spedizioni di droga o, peggio, in attacchi terroristici”. Ed è nota la collaborazione tra il regime venezuelano e il quello iraniano (in particolare con Hezbollah, proxy libanese di Teheran) nel traffico di armi e droga.

LA SPY STORY ESTIVA

Tra luglio e agosto su Formiche.net avevamo raccontato la storia di Danial Kassrae, un ventinovenne iraniano con cittadinanza italiana espulso dall’Albania con l’accusa di spionaggio per conto dell’intelligence di Teheran contro la Resistenza in esilio e spedito in Italia. Addirittura, secondo il Consiglio nazionale della resistenza iraniana, Kassrae sarebbe stato “precedentemente impiegato come reporter dalla televisione statale iraniana Press TV a Roma” e sarebbe stato lo stesso Mois a inviarlo dall’Italia in Albania “contemporaneamente al trasferimento in Albania degli ultimi gruppi di membri del Mek dall’Iraq”.

LA COPPIA DI SAN GIORGIO A CREMANO

Come ricordavamo già alcune settimane fa su Formiche.net, nel 2017 furono fermate dalla polizia tributaria della Guardia di finanza di Venezia, su ordine della Dda di Napoli quattro persone indiziate di traffico internazionale di armi e di materiale dual-use, di produzione straniera. Si trattava di tre italiani e un libico accusati di aver introdotto, tra il 2011 e il 2015, in Paesi soggetti a embargo, quali Iran e Libia, in mancanza delle necessarie autorizzazioni ministeriali, elicotteri, fucili di assalto e missili terra aria. Tra loro italiani una coppia di coniugi di San Giorgio a Cremano: Mario Di Leva, convertito all’Islam con il nome di Jaafar, e Annamaria Fontana, ex assessore del comune. Agli atti dell’inchiesta finì anche una foto della coppia in compagnia dell’ex premier iraniano Mahmoud Ahmadinejad.

LE ALTRE INCHIESTE

Al centro di quei traffici c’era Mohsen Rezaian, ufficialmente un venditore di tappeti da anni residente a Napoli e amico della “dama nera” Fontana e il marito Di Leva: nel 2017 L’Espresso raccontò, grazie ai Malta Leaks, come le armi di Finmeccanica fossero finite in Iran nonostante l’embargo. Era, invece, il 2016 quando a Milano furono arrestati sei agenti dei Pasdaran iraniani, anche loro pronti a rifornire (illegalmente) Teheran di armamenti dal nostro Paese.

L’HEZBOLLAH-CONNECTION

Nelle scorse settimane, dopo che le rivelazioni statunitensi circa i traffici di nitrato di ammonio in Francia, Grecia, Italia, Spagna e Svizzera da parte di Hezbollah, su Formiche.net avevamo analizzato la connection italiana del gruppo sciita (e anche qui tornava la ’ndrangheta). Dal caso delle sette tonnellate di T4 destinato al gruppo ritrovate nel 2010 in un container di una nave attraccata nel porto di Gioia Tauro all’indagine Araba Fenice (a cui collaborarono anche l’Fbi e l’Europol) sul riciclaggio di denaro per Hezbollah (una movimentazione di capitali pari a 70milioni di euro, in entrata e in uscita) in Piemonte, Liguria e Toscana fino al recentissimo episodio di luglio con gli 84 milioni di pasticche con il logo Captagon sequestrate dalla Guardia di Finanza di Salerno.

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