La sentenza 465/2020 del Tar Piemonte dirime alcuni dubbi in merito all’equivalenza terapeutica. Confermando del resto quanto già sancito dall’Aifa, secondo cui il principio fondamentale e non derogabile resta la libertà prescrittiva del medico. Ne consegue, dunque, che mentre l’intercambiabilità non solo è consentita ma anche auspicata, la sostituibilità automatica resta pratica vietata
Il tema delle competenze in Italia fa purtroppo la parte del leone nelle dinamiche spesso ingarbugliate della giurisprudenza nazionale, generando talvolta una serie di sovrapposizioni che vanno ad appesantire una burocrazia già ampiamente sovraccarica. Lo dimostra un recente caso, esemplare, ancor più perché riguarda un settore particolarmente critico come quello della sanità, messo già ampiamente a dura prova dalla pandemia di Covid che sta coinvolgendo e sconvolgendo l’interno pianeta. Del resto, la sanità, per suo carattere endogeno, ma ancor più in seguito all’evoluzione legislativa in tema di federalismo fiscale nel 2001 e in tema di federalismo fiscale sanitario nel 2011, si presta facilmente a una serie di misunderstanding e soprattutto di misinterpretation funzionali e applicativi, che rendono di difficile scioglimento eventuali conflitti di competenza.
IL CASO UNICO SENTENZA 465/2020 DEL TAR PIEMONTE
In riferimento alla recente gara per la fornitura di farmaci a base di Adalimumab, il Tar Piemonte ha stabilito – con sentenza 465/2020 – che “non sono ammesse, pena l’esclusione, offerte economiche in aumento rispetto alla base d’asta”, anticipando dunque la stipula di un accordo quadro “con gli operatori economici risultanti idonei” e, al contempo, limitando la “libertà prescrittiva” ai medici esclusivamente “tra quelli inclusi nella procedura”, impedendo dunque la rimborsabilità da parte del SSN di qualunque ulteriore farmaco.
ADALIMUMAB, COS’È E A COSA SERVE?
Adalimumab è il principio attivo contenuto nel farmaco del ricorrente titolare del farmaco originatore, Humira ©, un medicinale utilizzato per il trattamento di malattie infiammatorie quali artrite reumatoide, artrite idiopatica giovanile poliarticolare, artrite associata ad entesite, spondilite anchilosante, spondiloartrite assiale senza evidenza radiografica di spondilite anchilosante, artrite psoriasica, psoriasi a placche, idrosadenite suppurativa, malattia di Crohn, colite ulcerosa e uveite non infettiva. Adalimumab è un anticorpo monoclonale umano, ovvero una proteina che si lega a un bersaglio specifico. Il bersaglio di Adalimumab è una proteina denominata fattore di necrosi tumorale (TNFα), che è coinvolto nel sistema immunitario (di difesa) ed è presente a concentrazioni maggiori nelle malattie infiammatorie di cui sopra. Attraverso il legame al TNFα, il farmaco diminuisce il processo infiammatorio di queste malattie.
BENESSERE DEL PAZIENTE E CONTENIMENTO DELLA SPESA, QUALE BILANCIAMENTO?
Il caso risulta degno di nota sia per quanto concerne il dibattito sull’equivalenza fra farmaci biologici e biosimilari, che da anni incendia il dibattito di settore, ma ancor più per quanto riguarda il conflitto di competenze che spesso coinvolge la sanità pubblica, spesso minandone l’efficienza. La questione sull’equivalenza terapeutica oscilla infatti fra la impostazione normativa che, al fine di perseguire la massima efficienza e il contenimento della spesa sanitaria, definisce equivalenti un biologico originator e il suo similare e, al contempo, il perseguimento della libertà prescrittiva del medico come interesse prioritario rispetto agli altri interessi coinvolti.
LIBERTÀ PRESCRITTIVA DEL MEDICO
“L’intercambiabilità fra un biosimilare e un biologico originator è riconosciuta da Aifa, ma pur sempre nei limiti di un precetto legislativo che impedisce la sostituibilità automatica. Ciò che differenzia l’intercambiabilità (consentita) dalla sostituibilità automatica (vietata) risiede nella figura del medico prescrittore, il quale è il solo che può disporre un cambio di farmaco o di terapia, sempre e solo nell’interesse del paziente. A mio avviso la sentenza di primo grado del Tar Piemonte rischiava di essere intesa in maniera contraria alla legge: ossia che il soggetto aggregatore possa offrire al clinico la scelta solo di alcuni prodotti autorizzati da Aifa”, ha commentato l’avvocato amministrativista ed esperto di contratti pubblici Riccardo Bond. Del resto, è il medico l’unico soggetto deputato a definire un determinato farmaco, per un determinato paziente, considerate le sue determinate caratteristiche patologiche personali, preferibile a un altro.
CONTINUITÀ TERAPEUTICA, UN DIRITTO MANCATO?
Come più volte sancito dall’Aifa e confermato dallo stesso Consiglio di Stato la continuità terapeutica resta una priorità al fine di “osservare la cautela, una volta iniziato il trattamento con un prodotto, di proseguirlo con lo stesso prodotto”. Spesso, infatti, il dibattito sull’intercambiabilità dei farmaci, insiste proprio su questo punto, ovvero sulla necessità di poter garantire a un soggetto in condizione di debolezza, poiché malato, di poter proseguire la cura già iniziata nonostante nel mercato entri un nuovo farmaco alternativo.
IL CONFLITTO DI COMPETENZE
La vicenda giuridica si complica nel delineamento esplicito della non rimborsabilità del farmaco originator da parte del Tar Piemonte. Come si legge nel testo della sentenza, infatti, “per le specialità non contrattualizzate nell’accordo quadro [quello stipulato fra SCR Piemonte e i tre soggetti vincitori, ndr] i relativi oneri economici non possono essere posti a carico del SSN”. Secondo quanto previsto dal sistema, però, come si legge sul sito della stessa Agenzia italiana del farmaco, “Ad Aifa e alle sue commissioni tecnico-consultive spetta la definizione del regime di rimborsabilità e di fornitura di tutti i medicinali autorizzati, nonché la negoziazione del prezzo di quelli a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), a seguito di contrattazione con le aziende farmaceutiche”. Il tema è quanto mai attuale, basti prendere la recentissima ordinanza della Corte Costituzionale che, ha di fatto, “ricentralizzato” competenze in materia di salute pubblica che una Regione Italiana (la Val D’Aosta) aveva tentato di esercitare adottando misure anti-Covid difformi da quelle adottate dallo Stato Centrale. Nell’ordinanza la Corte ha riaffermato i principi di accesso ed uniforme applicazione e rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (cd. LEA) su tutto il territorio nazionale.
LA RECENTE DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO SULLA RIMBORSABILITÀ
La complicata vicenda è stata portata sin dinnanzi al Consiglio di Stato, il quale si è premurato di ristabilire la corretta interpretazione sulle norme che regolano la rimborsabilità dei farmaci, con particolare riguardo a quelli biologici. Il Consiglio di Stato ricorda che: “il farmaco rientra nella fascia H per l’essenzialità del principio attivo Adalimumab che ne è alla base, esso è sempre e comunque rimborsabile dal Servizio sanitario nazionale, laddove il medico, nella sua autonomia prescrittiva, ritenga necessario somministrarlo al paziente al fine di garantire la continuità terapeutica”. Il Consiglio di Stato pone l’accento sul fatto che non è la procedura di gara prescelta a determinare la rimborsabilità o meno di un farmaco, perché questa decisione è rimessa alla discrezionalità di AIFA e non alla programmazione finanziaria delle Regioni.
I TERMINI DELLA SENTENZA
Sul punto la sentenza è chiara quando afferma: “Pertanto, la circostanza che esso [il farmaco ricorrente, ndr] non figuri tra i primi tre farmaci nella graduatoria dell’accordo-quadro o, addirittura, non sia stato ammesso alla gara […] – pur rientrando, in linea di principio, fra quelli concorrenti al lotto unico di cui alla lett. a) dell’art. 15, comma 11-quater – non determina alcun limite né alla prescrittibilità del farmaco, da parte del medico che lo ritenga necessario sulla base di adeguata motivazione, né alcun limite alla rimborsabilità del farmaco stesso che, in quanto inserito in fascia H, è sempre e comunque rimborsato dal Servizio sanitario nazionale”. Il Consiglio di Stato ritiene un farmaco in fascia H sia sempre acquistabile, anche se si pone al di fuori dell’accordo quadro, nei casi in cui questo strumento è obbligatorio ai sensi dell’art. 15, comma 11-quater, lettera a) del DL 95/2012 (noto anche come “decreto spending review 2”).
DIRITTO ALLA SALUTE E ALLA CONTINUITÀ TERAPEUTICA
Nella sentenza viene anche riformata la decisione del Tar Piemonte in merito ad eventuali costi superiori del farmaco non ammesso all’accordo quadro, stabilendo che “l’esclusione dalla gara nei confronti del farmaco più costoso, ma necessario in rapporto al singolo paziente quantomeno per ragioni di continuità terapeutica, costituirebbe un limite irragionevole alla prescrizione del farmaco da parte del medico o alla sua rimborsabilità, nonostante la sua (permanente) insostituibilità per il singolo paziente, e dunque un ostacolo inaccettabile, per mere ragioni di risparmio, al fondamentale diritto alla salute del paziente stesso, con evidente violazione dell’art. 32 Cost”. Quando la prescrizione medica è motivata e tecnicamente ragionevole il farmaco a più alto costo, anche se escluso dall’accordo quadro, non solo può essere acquistato, ma deve essere acquistato se è necessario a tutelare il diritto alla salute del paziente, così come garantito dalla Costituzione.
I DUBBI INTERPRETATIVI SONO RISOLTI?
“Dubbi interpretativi sulla rimborsabilità, a mio avviso, non ce ne sono mai stati prima della sentenza del TAR Piemonte.” prosegue l’Avvocato Riccardo Bond. “Quella sentenza ha rappresentato un caso isolato di interpretazione, senza una reale copertura legislativa. Non esiste una norma che consenta alle Regioni di scegliere quali farmaci vuole rimborsare, perché per legge quando un farmaco è in fascia H deve essere posto a carico del SSN.” L’avvocato Riccardo Bond prosegue: “L’aspetto più importante di quella sentenza è la riaffermazione della preminenza del diritto alla salute rispetto alle strategie di acquisto poste in essere da un soggetto aggregatore. Viene ribadito che un farmaco, autorizzato da AIFA e ammesso alla classe di rimborsabilità, deve poter essere messo a disposizione dei medici prescrittori per i loro pazienti, ponendo gli oneri a carico del SSN. Se così non fosse il soggetto aggregatore compirebbe, di fatto, una sostituzione automatica del farmaco, che è vietata dalla legge. Auspico che il Consiglio di Stato definisca sempre con maggiore chiarezza il ruolo del medico nella prescrizione dei farmaci, per evitare che la prassi amministrativa sconfini nella sostituzione automatica di fatto, limitando la scelta di farmaci anziché ampliarla”.