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Energia, cosi Ue, Usa e Cina possono far rete

Tra i primi provvedimenti dell’amministrazione Biden un intervento sulla sicurezza della rete elettrica americana, poi un pacchetto per le politiche climatiche. Ci sono i margini per una cooperazione fra Usa, Ue e Cina? Quali sono i rischi maggiori? Analisi e scenari con i commenti di Corrado Clini e Arvea Marieni
L’amministrazione Biden il 20 gennaio ha sospeso per 90 giorni un ordine esecutivo di Trump che impediva ad aziende straniere di entrare con investimenti e attività in alcune infrastrutture sensibili come la rete elettrica. La nuova Casa Bianca vuole inserire il provvedimento all’interno di un più ampio quadro di policy sull’energia ma non per questo ne sottovaluta le ragioni all’origine. Cioè il rischio di affidare la rete – o parti di essa – a chi nella più recente National Security Strategy è considerato, con la Russia, una della due “rival powers” statunitensi.
“La decarbonizzazione delle economie, obiettivo di Europa, Cina e ora di Usa, passa attraverso l’aumento della penetrazione elettrica negli usi finali, per esempio per alimentare le auto elettriche. E naturalmente l’elettricità a emissioni zero deve essere prodotta da rinnovabili o nucleare”, spiega a Formiche.net Corrado Clini, ex ministro dell’Ambiente italiano e esperto internazionale di tematiche ambientali.

La questione ha carattere strategico, anche perché rappresenta uno dei grandi temi ricollegabili al confronto globale tra Stati Uniti e Cina. La grid statunitense ha bisogno di essere rivista, ha collegamenti tra Stati mal funzionanti e poco sviluppati, serve un investimento in questa infrastruttura critica se gli Usa intendono continuare a cavalcare il futuro. “L’esperienza già consolidata in Cina – aggiunge Clini – con la realizzazioni di reti ultra-critiche ad alta capacità che trasportano elettricità da fonti rinnovabili dalle zone remote alle aree urbane della costa è un riferimento prezioso. Anche perché i progetti in Cina sono stati realizzati con il.supporto di imprese e tecnologie europee”. La spinta verso un Electro State cinese è anche la risposta alla carenza di materie prime energetiche in un Paese che invece ne ha enorme necessità, ma è anche funzionale a muoversi di anticipo sul corso delle cose.

L’ex ministro ricorda come comunque si sta aprendo “la possibilità di una cooperazione tecnologica fruttuosa e importante”, tra Usa, Cina e Ue. L’amministrazione Trump aveva affrontato il tema da un lato, quello del confronto con Pechino, e con un ordine esecutivo aveva fatto in modo di escludere le aziende cinesi – riconducibili al Partito/Stato – dall’assegnazione di lavori di ristrutturazione della rete americana. Il problema evidenziato sta nei rischi di dare in mano certe strutture critiche, da cui dipendono questioni di sicurezza (economica, sanitaria, sociale, militare) del paese, a società che sono ricollegabili al governo cinese.

“Il tema delle reti elettriche come infrastrutture abilitanti della energy transition è chiaro – spiega a Formiche.net Arvea Marieni, business consultant di GCM Consulting a partner di Brainscapital Benefit Company, esperta di tematiche energetiche e ambientali e di innovazione – e d’altro canto deve essere tenuto a mente e chiarito che molte delle tecnologie di base per le reti UHV sono europee”. Le UHV, le reti ultracritiche, sono le infrastrutture che permettono la trasmissione di energia ad altissima tensione e, insieme con le tecnologie per le reti intelligenti (smart grids), la generazione da rinnovabili e le soluzioni per l’accumulo (energy storage), incluso l’idrogeno, costituiscono “l’infrastruttura necessaria (enabling infrastructure) della transizione energetica”, spiega Clini.

Marieni ricorda però che la Cina, con il progetto Global Energy Interconnection (GEI) mira a creare una rete mondiale di linee di trasmissione UHV in grado di fornire elettricità tra i continenti. In caso di successo, la generazione di elettricità nelle aree più remote – si pensi ai deserti e all’Artico – diventa praticabile, così come la capacità della Cina di vendere elettricità direttamente all’Europa – successo su cui, secondo un’analisi pubblicata da Marieni e Clini per EnergyPost, dovrà superare due sfide tecnologiche: la perdita di energia lungo le linee di trasmissione che si estendono per migliaia di chilometri e lo stoccaggio.

State Grid, colosso statale di Pechino, la più grande azienda elettrica del mondo (che tra le varie cose controlla il 35 per cento di Cdp Reti), ha già acquisito nella costruzione esperienza di deployment e ingegnerizzazione/ottimizzazione. Ora – fanno notare entrambi gli esperti sentiti da Formiche.net – si apre però la possibilità di sviluppare insieme a americani, europei, cinesi, su grandi distanze e progetti complessi, reti ultracritiche e upgrade delle infrastrutture esistenti, e questo vuole dire avere la possibilità di fare progetti di co-sviluppo, eco-innovazioone e open innovation. “Tanto più se consideriamo che oggi nulla è più un segreto, e, come insegna la ricerca sui vaccini, per le sfide globali abbiamo bisogno di intelligenza collettiva”, chiude Marieni.


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