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Prima l’economia, poi il deficit. L’Ocse detta la linea all’Ue per il 2021

Il 2021 sarà l’anno in cui l’Ue dovrà scegliere cosa essere e come comportarsi dinnanzi a una crisi senza precedenti. Per l’Organizzazione di Parigi il primo passo è comprendere che certe regole di bilancio non possono più venire prima della crescita e del lavoro. Ma non sarà facile farlo capire a Bruxelles

Quante volte si è sentita la frase che dopo la grande pandemia, nulla sarà come prima. Forse è davvero così, la finanza, pubblica o privata che sia e l’economia, poggeranno su nuovi equilibri. E nuove regole. Per questo l’errore madornale che i governi europei non devono commettere è quello di tornare a ragionare su parametri ormai superati, perché travolti dalla peggiore crisi socio-economica dalla fine della Seconda guerra mondiale. Lo sanno fin troppo bene all’Ocse, l’Organizzazione mondiale con sede a Parigi punto di rifermento per la vita economica del pianeta.

In un colloquio con il Financial Times, il capoeconomista dell’Ocse, Lawrence Boone, ha rivolto un caldo invito ai governi dell’Ue proprio in questo senso: guai a cercare di rimettere subito deficit e dunque debiti sovrani sotto controllo, a colpi di rinnovata austerità. Si rischierebbe una rivolta sociale. Non è certo un mistero che il grosso delle misure anti-Covid, complici i ritardi dell’entrata in azione del Recovery Fund, siano state finanziate in disavanzo, con conseguente esplosione dei rapporti tra Pil e deficit.

Se ne è accorta la stessa Ue, sospendendo il temuto/odiato Patto di Stabilità per tutto il 2020 e il 2021 e, forse, anche per il 2022. Quelle regole però, non dovrebbero ritornare, secondo l’Ocse. Insomma, per l’Ue è tempo di ripensare l’approccio ai bilanci pubblici e ai debiti sovrani.

Dopo la crisi “la gente chiederà da dove viene tutto questo denaro fatto a deficit e temo che i governi farebbero fatica a sostenere che non potrebbero spendere quel denaro per affrontare, per esempio, il cambiamento climatico o per aiutare chi ha perso il lavoro: se pensavamo che ci fosse stato risentimento popolare perché la qualità del lavoro stava diminuendo, allora dopo la pandemia non bisogna aumentare questa rabbia già presente con nuova austerity”.

La visione dell’Ocse per il post-pandemia è chiara. Prima di pensare ai numeri e alle finanze pubbliche, serve rimettere in sesto le economie devastate e ridare una speranza alle persone e ai lavoratori. “I Paesi dovrebbero abbandonare gli obiettivi numerici a breve termine per i disavanzi pubblici e il debito e invece abbracciare obiettivi di sostenibilità a lungo termine, inclusa l’accettazione che gli oneri del debito pubblico aumenterebbero fino a quando le economie non tornino a carburare”.

Dunque, abbandonare “la mentalità bastata su regole fiscali solo in chiave debito e deficit”. Non è una sfida da poco, lo sanno anche all’Ocse. “Si tratterebbe di un cambiamento radicale in Europa, dove i trattati dell’Ue obbligano i Paesi a puntare a limitare il debito al 60 per cento del prodotto interno lordo”. Ma vale la pena tentare.


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