La Grecia da cenerentola d’Europa è diventata snodo di tre gasdotti, il Tap (operativo), il Tanap (verso i Balcani) e l’Eastmed (da Israele al Salento). Abbastanza per innescare una buona dose di tensioni che investono anche altre dinamiche (Turchia, Iran, IS, Balcani)
C’è un aspetto che, nel passaggio dall’amministrazione Trump a quella targata Biden, potrebbe non cambiare nello scacchiere geopolitico del Mediterraneo: il link che si è fatto pian piano più forte tra Usa e Grecia. Atene da cenerentola d’Europa, con ancora addosso i segni della troika e del primo debito assoluto tra Paesi Ue, sta progressivamente assumendo il ruolo di nuovo player nel mare nostrum, forte di uno status peculiare: dalla Grecia transiteranno contemporaneamente tre gasdotti, il Tap (operativo), il Tanap (verso i Balcani) e l’Eastmed (da Israele al Salento). Abbastanza per innescare una buona dose di tensioni tra il principale avversario degli Usa nella macro area, ovvero Mosca, su dinamiche diversificate (Turchia, Iran, IS, Balcani).
QUI MOSCA
“La questione bilaterale della Grecia e di altri Paesi è lo sviluppo della cooperazione tra loro nel settore militare. Tuttavia, a nostro avviso, va esclusa la possibilità che il territorio del Paese amico per noi venga trascinato nel gioco geopolitico di moderazione della Russia”. Lo ha affermato il viceministro degli Esteri russo, Alexander Grusko, dopo i contatti avuti con i diplomatici greci, in merito alla cooperazione greco-americana.
Il nodo del contendere è variegato: si parte dal raddoppio della base som di Souda bay, avallato da Pompeo come alternativa a Incirlik, per arrivare a due mosse strategiche: la privatizzazione (Usa) del porto di Alexandrupolis da dove passano due gasdotti come il Tap e il Tanap e la realizzazione della via Carpatia, che dalla Grecia parte in verticale fino alla Lituania: sarà la nuova autostrada della Nato su per i Balcani. Dopo la fine del governo Tsipras, che si era caratterizzato per una spiccata relazione con Russia e Cina (anche per possibili linee di credito nei mesi difficilissimi del quasi default), il nuovo governo conservatore guidato da Kyriakos Mitsotakis ha imboccato una postura decisamente più atlantista.
SI SCRIVE ATENE SI LEGGE WASHINGTON
Lo scorso anno l’allora segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha visitato la Grecia ben due volte, la seconda occasione ospitato nella magione del premier Mitsotakis a Creta, l’isola diventata nuovo hub geopolitico verso il settore mediorientale. Si tratta di una fase di relazioni su cui ha pesato il lavorìo dell’ambasciatore americano ad Atene, Jeoffrey Pyatt, grande esperto di energia (prima dell’incarico greco era di stanza a Kiev).
In virtù della crescente instabilità dei rapporti turco-americani, sfociati nel conflitto tra il sistema missilistico russo S-400 e i caccia F-35, gli Usa hanno immaginato una strategia di disimpegno progressivo dalla base turca di Incirlik, il cui peso specifico militare potrebbe essere sostituito da Souda Bay a Creta. Non solo polo avanguardistico per i sommergibili, ma anche centro addestramento Nato e “nuova casa” della nave porta elicotteri statunitense Uss Hershel Woody Williams. Giunta sull’isola nell’agosto scorso per una esercitazione come parte del dispiegamento della sesta flotta Usa nell’ area, l’unità navale di 239 metri sarà il presidio a stelle e strisce nel Mediterraneo orientale.
IL RISIKO NEI BALCANI
Come si inserisce in tale quadro geopolitico l’importanza del settore infrastrutturale che si interseca con gli interessi divergenti dei due super player nei Balcani? Non va dimenticato che il costone balcanico è terreno di aspra contrapposizione tra Washington e Mosca, ma anche dei relativi alleati come dimostra l’ultrainvasività cinese in loco e la progressiva presenza anche della Turchia. Ankara realizzerà di tasca propria il nuovo aeroporto internazionale in Albania; inoltre dal 2015 ha effettuato grossi investimenti nel sistema dei trasporti serbo con quasi 200 milioni di dinari per la manutenzione regolare delle infrastrutture stradali. In tutto si parla di 400 milioni di euro giunti in Serbia, 300 milioni da un prestito da Banca Mondiale, BEI e EBRD e 100 milioni dal bilancio statale per riabilitare 1.000 chilometri di strade. Stesso clichet applicato da Pechino, con le ramificazioni della Via della Seta nei singoli Paesi.
È dunque nei Balcani che si sta giocando una partita non secondaria dove, da un lato, si assiste al tentativo Ue di allargamento (“L’accesso all’Unione – è la tesi di Borrell – è una prospettiva per tutti i Balcani occidentali, ma la cooperazione regionale è un obbligo vincolante”) e, dall’altro, a interventi esterni in parte già realizzati. La Grecia è la porta di ingresso, da oriente, verso quella fascia di Paesi: proprio per questa ragione la Via Carpatia rappresenta un pugno nell’occhio per Mosca.
Anche per questa ragione Usa e Russia fanno (di nuovo) a braccio di ferro nell’Egeo in una contrapposizione che si preannuncia lunga e intensa.
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