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Il Conte-ter non ci sarà. O si va a votare o… Ecco gli scenari possibili

Sfuma l’ipotesi di un Conte-ter, il passo indietro del “responsabile” Vitali è solo l’ultimo segnale. Si cerca un altro nome per Palazzo Chigi, da un tecnico come Cartabia a una soluzione istituzionale come Fico o europea come Gentiloni, cresce anche il partito del voto. Ecco nomi e indiscrezioni

Soffocato nella culla. Il Conte-ter è finito. Anzi, non è mai iniziato. La prima giornata delle consultazioni al Quirinale, con i “piccoli”, Leu, Iv e il Pd, in processione da Sergio Mattarella, ha calato il sipario.

Matteo Renzi è l’unico che gioca a carte scoperte. Quell’affondo frontale in diretta facebook mercoledì sera contro “lo scandalo” del mercato delle vacche in corso al Senato ha spento gli ultimi lumicini.

La conta dei “Responsabili” non va, i numeri mancano, perfino al forzista Luigi Vitali, “costruttore” per un giorno, hanno spiegato che l’operazione è in un vicolo cieco e infatti ha già cambiato idea. In queste condizioni, chiedere il reincarico al capo dello Stato è a dir poco un azzardo. E non ci vuole un genio per capire che la messa in scena in Parlamento, con il centralino di Palazzo Chigi che fuma di chiamate all’ultimo secondo in cerca di un voto in più, non è considerata proprio edificante dalle parti del Colle.

Il Conte-ter, allora, si riduce a un artificio. Si parte da lì, per trattare e arrivare a qualcos’altro. Cosa? Difficile dirlo. Una sola cosa è certa: Renzi si è preso la sua rivincita. Non esiste una sola ipotesi, sul tavolo dei negoziati, che non lo veda architrave di una nuova maggioranza. E la speranza di Conte, tornare a trattare con il rignanese da una posizione di forza, con una maggioranza assoluta al Senato in tasca, è già sfumata da un pezzo.

Così, dietro al grido “avanti con Conte” che proviene in queste ore dal Movimento Cinque Stelle e dal Pd, si cela una complessa partita a scacchi. Due le ipotesi in campo.

Da una parte il ritorno al voto. C’è un partito compatto, trasversale alle forze politiche, che tira la corda per andare alle urne. Conte e Nicola Zingaretti sono i primi a tirare, ma possono contare su un supporto eterogeneo, da Fratelli d’Italia a parti della Lega e del Movimento.

Il voto è un rischio, ma può essere anche catartico. Il premier-avvocato capitalizza ora il consenso nei sondaggi e il Pd si libera del renzismo (anche quello residuale fra le sue fila).

Poi c’è il partito del non-voto, che certo non manca di militanti. Sciogliere ora le camere significa dimezzare (nel migliore dei casi) i posti disponibili, grazie al referendum sul taglio dei Parlamentari che ha visto il Sì trionfare a settembre. E l’ultima finestra di voto è più vicina di quanto non si pensi. L’11 aprile, sussurra su Twitter il Dc azzurro Gianfranco Rotondi.

Anche qui le forze tagliano a metà lo schieramento politico. Perfino Matteo Salvini, con stupore di qualcuno dei suoi, mercoledì ha aperto a un governo di larghe intese.

Certo, decidere chi sarà il prossimo inquilino di Palazzo Chigi è tutta un’altra storia. La palla è in mano al Capo dello Stato. La soluzione di un premier tecnico, i nomi in campo sono tanti, da Marta Cartabia a Carlo Cottarelli fino a Enrico Giovannini, sarebbe digerita da buona parte del centrodestra, Lega in testa, ma con ogni probabilità andrebbe di traverso ai Cinque Stelle.

Loro, insieme a una fetta del Nazareno, accetterebbero più volentieri una soluzione istituzionale, come Roberto Fico, il presidente della Camera che va d’accordo con i dem. L’alternativa è una scelta “europea”. Non dispiacerebbe un ritorno a Piazza Colonna di Paolo Gentiloni, il commissario Ue pronto a sacrificarsi per portare in porto il Recovery Fund. Direbbe sì pure Renzi, e i numeri in aula tornerebbero. Ma la lista è lunga. Il toto-nomi è affollato, da Dario Franceschini a Lorenzo Guerini fino a Pier Ferdinando Casini. La matassa è ingarbugliata, spetterà a Mattarella sbrogliarla.

Da nessuna parte, nel (vero) pallottoliere della crisi, c’è scritto il nome del Conte-ter. Che aleggia ancora nei palazzi romani, ma è solo più un fantasma.

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