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Italia, e se a guidarla fosse una donna?

In un clima politico surreale, al pari dell’emergenza sanitaria che drammaticamente sconvolge la vita sociale ed economica dell’Italia, quali prospettive?

Dopo 72 anni di “Man of the Year” per gli uomini più influenti del pianeta e dopo aver convertito, nel 1999, l’iniziativa trasformandola in “Person of the year”, il Time ha dedicato le copertine del 2020 a 100 donne della Storia, dal 1920 ad oggi.

Sono tante le donne che, in Europa e nel mondo, occupano, oggi, ruoli chiave di leadership con competenza, determinazione, coraggio. In ogni settore, politico, finanziario. Nella medicina, nell’economia e nella scienza. In organismi nazionali e internazionali.

Un esercito di professionalità concrete, artefici di un “femminismo non militante” in un mondo sempre più imprevedibile. Con soluzioni che avanzano con forza e pragmaticità. Con la sensibilità e la passione della femminilità.

Prima tra tutte, la Regina Elisabetta d’Inghilterra. Indiscussa autorità pubblica e morale. Amata dal suo popolo per la grazia e, insieme, l’intransigenza e il rigore.

E la cancelliera Angela Merkel. Accogliendo la nuova sfida in tempo di pandemia, ha sostenuto la solidarietà europea. Con un linguaggio non scevro da sentimento.

La Commissione europea ha un presidente donna. L’Estonia vanta la presenza di due donne come capo di stato e premier. Guida al femminile dell’esecutivo anche in Nuova Zelanda, Lituania, Norvegia, Islanda, Danimarca e Finlandia, che ha il primato della più giovane leader di governo nel mondo. Una donna Presidente della BCE e a capo della Borsa di Parigi.

Sono donne le protagoniste del governo Biden. Non solo la vicepresidente Kamala Harris. Kamala, “fiore di loto”. Un fiore che “cresce sott’acqua, spunta sulla superficie mentre le radici sono piantate saldamente nel fondo del fiume”, spiega nella sua autobiografia ”The truths we hold” (Le nostre verità).

Donne con squadre in gran parte femminili. Perché, tra donne, si possono esprimere più liberamente critiche costruttive. A condizione di non far prevalere il modello “maschile” e di non voler accentrare autorità e potere.

E mentre in Europa e nel mondo sono sempre più le donne che stanno scrivendo la storia del proprio Paese, cosa succede in Italia?

Secondo un dossier della Camera dei deputati del marzo 2020, siamo al 14mo posto nell’Unione europea nella classifica della parità uomo-donna. E i dati del Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum collocano l’Italia al 76mo posto su 153 Paesi.

Nessuna italiana nella lista della Rivista Forbes 2020 delle 100 donne più potenti del mondo.
Un lungo cammino da percorrere verso l’uguaglianza e la parità di genere?

E se il futuro prevedesse un nome femminile per governare l’attuale momento politico?
E’ tempo di farla finita con la “caccia alle streghe”!

Quel femminicidio di massa che devastò l’Europa tra il quindicesimo e il diciottesimo secolo, donne bruciate, torturate, accoltellate e sepolte vive, accusate di “stregoneria”, lussuriose amanti del diavolo, ha posto le basi per un modello di sottomissione, pregiudizi e timori di cui ancora la donna paga drammaticamente il conto. Con nuovi “roghi” in famiglia e nella società.

“Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle”, ci ricorda Voltaire.
Nonostante i grandi progressi compiuti per la parità di genere, nell’immaginario odierno è ancora “strega” la donna quando prova a superare alcuni confini?

Da cittadina, vorrei mettere alla prova il “sistema Paese” con il passo di una donna. Come Marta Cartabia, ad esempio, già prima donna Presidente della Corte Costituzionale. Professionalità, garbo, equilibrio e rigore giuridico sono i suoi tratti. Una voce chiara non solo nel cammino per i diritti delle donne ma per un radicale cambiamento culturale di una società disorientata, alla ricerca di riferimenti e di speranza.

Una donna che possa rendersi interprete di bisogni e desideri di un’umanità e consolidare il senso di una comunità condivisa per credere in un futuro possibile. A prescindere dal genere.

Marta Cartabia ha dedicato all’imperfezione uno scritto nel saggio “Edipo re” contenuto in “Giustizia e mito”. E’ una possibilità che consente di rimanere aperti all’imprevedibilità dei fatti e delle persone, spesso foriera di novità in attesa. Di trovare soluzioni.

E per me, che scrivo sul valore aggiunto della fragilità e dell’imperfezione, è già l’inizio di un sogno! Non ci resta che attendere.



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