Nessuno sa cosa succederà nelle prossime ore, cosa farà il Quirinale e se Conte riuscirà a superare i continui balzelli di una maggioranza minima che ha come opposizione una maggioranza massima. Il futuro però promette una lotta politica duale, nella quale beneficerà la democrazia e la coerenza delle opposte identità
L’attuale crisi di governo, alla cui celebrazione pubblica abbiamo assistito ieri al Senato, rappresenta certamente la più importante e chiarificatrice di questa Legislatura. Il secondo esecutivo Conte, infatti, nato dalle ceneri dell’alleanza giallo-verde, si è fondato proprio sulle medesime premesse che ieri hanno giustificato l’astensione di Italia Viva e la sua non sfiducia: vale a dire l’opposizione al Centrodestra.
In tal senso, sebbene molti dubbi possano essere sollevati sulla linearità politica dell’operazione, sicuramente Matteo Renzi non ha peccato di incoerenza, come, per altro verso, non lo fece Matteo Salvini nell’agosto del 2019.
Ad emergere è stato uno schema politico, una collocazione parlamentare delle forze in campo, sicuramente molto più razionale di quanto non fosse all’inizio del caotico 2018. Vi è da un lato un’alleanza ormai strutturata tra sinistra, Pd e M5S, e dall’altro un blocco unitario di Centrodestra che ha trovato, forse per la prima volta, una sostanziale omogeneità di fondo che promette di durare nel tempo. In mezzo sta l’unico centrista, che esplicitamente si comporta come tale, vale a dire il politico toscano.
La maggioranza è indebolita. È quasi inutile ricordalo ormai. Come è tedioso ribadire che Mattarella si accontenterà di quel che resta del Conte bis. Ma un fatto è indubbiamente degno di nota: il sistema politico ha trovato una recente chiarezza all’insegna delle diverse identità, esibite come necessità più che come convinzione da tutti i partiti.
Se il Pd ha accolto i Grillini come un socio predestinato, il presidente del Consiglio come il nuovo Prodi, ossia come colui che consolida l’unione anticonservatrice, ecco che invece il Centrodestra si avvicina sempre di più a poter governare tutta la nazione, dopodomani o domani chissà, con una maggioranza popolare schiacciante.
Un elemento degno di nota, oltre ai confermati talenti dei due Matteo e oltre all’efficacia almirantiana di Giorgia Meloni, è che per una volta i movimenti moderati hanno scelto di non fare gli (ir)responsabili pronti ad ogni utile soccorso, ma hanno aderito, almeno per ora, ad un’appartenenza politica naturale di centrodestra che è vanto di coerenza ed espressione di lungimiranza.
A parte qualche piccola defezione personale, dunque, il Centrodestra è unito, e Renzi, liberato da ogni ambiguità, è unito perlomeno a se stesso.
Nessuno sa cosa succederà nelle prossime ore, cosa farà il Quirinale e se Conte riuscirà a superare i continui balzelli di una maggioranza minima che ha come opposizione una maggioranza massima. Il futuro però promette una lotta politica duale, nella quale beneficerà la democrazia e la coerenza delle opposte identità, anche laddove ha regnato la massima spregiudicatezza del trasformismo.
Così, cominciando dalle prossime elezioni amministrative, vedremo se l’Italia vuole puntare sulla propria sovranità oppure sulla sovranità europea, se vuole scommettere sui valori etici essenziali della tradizione oppure su quelli progressisti ed evolutivi del corrente relativismo: insomma, se vuole essere se stessa o sognare altrimenti. In tal senso, questa crisi di governo è espressione di un bisogno di coerenza del popolo italiano, che fa sì che chi è di destra sia di destra e chi è di sinistra sia di sinistra: un modello dualistico intramontabile, pure al variare dei contenuti storici, a cui, alla fine, si dovrà sottomettere ineluttabilmente principalmente chi legittimamente si sente di centro e soltanto di centro.