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L’altra crisi. Panebianco spiega perché l’Italia non è pronta per Biden

La vera crisi di governo è in politica estera, dice il politologo e saggista Angelo Panebianco. L’Italia del Conte bis non è pronta all’era Biden e neppure al piano per la ripresa dell’Ue. Libia, Egitto, Cina, Mediterraneo, ecco da dove iniziare

L’Italia in Europa sa fare i conti, ma conta poco. Angelo Panebianco, politologo dell’Università di Bologna ed editorialista del Corriere della Sera, mette in guardia dai facili entusiasmi. C’è una crisi nella crisi che dovrebbe preoccupare più di rimpasti e tatticismi. A pochi giorni dall’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca, nel mezzo di una Guerra Fredda fra Stati Uniti e Cina in Europa, la politica estera italiana vive “una fase di smarrimento”.

Panebianco, questo governo ha fatto dell’Europa un punto di forza. L’Italia è davvero forte a Bruxelles?

Direi di no. Il rifiuto del Mes sanitario, senza vincoli, non ci pone in una buona posizione. La logica anti-economica con cui sono stati usati fin qui i fondi europei, con un debito ampliato a dismisura ma senza fini produttivi per rilanciare lo sviluppo, ci presenta come deboli in Ue.

A cos’altro è dovuta questa debolezza?

A tanti fattori. La Brexit ci ha danneggiato notevolmente. Il Regno Unito ha sempre avuto un ruolo positivo per l’Italia, troppo poco sottolineato di fronte all’opinione pubblica.

Cioè?

Ci consentiva di avere un contrappeso rispetto all’asse franco-tedesco. Un asse che, va detto senza sorprendersi, è stato per decenni il motore dell’integrazione europea. Senza Londra, siamo più condizionati dagli umori di Parigi e Berlino.

Litigi, crisi ventilate, incidenti parlamentari. Tutto questo toglie credibilità al Paese di fronte alla sfida europea per la ripresa?

Eccome. L’immagine del Paese ha già perso molti punti, con un governo ormai appeso a un filo, una maggioranza che non si tiene in piedi e non è in grado di garantire una minima coesione. Dall’altra parte, un’opposizione che rispecchia tali e quali le stesse intrinseche debolezze, che non scioglie il nodo del rapporto europeo. È un caos che si riflette su tutta la nostra politica estera.

Dove, ad esempio?

Penso al Mediterraneo, da cui l’Italia è stata praticamente espulsa. Alla Libia, preda di una spartizione fra russi, turchi, egiziani, di interessi petroliferi e flussi migratori di cui il nostro Paese non ha polso. Al rapporto problematico, e irrisolto, con l’Egitto di al Sisi. Il Paese versa in una situazione di grave difficoltà nel Mediterraneo come neanche negli anni ’50, in piena ricostruzione.

L’Italia è pronta all’era Biden?

È presto per dirlo. Con Biden si riaprono canali fra Europa e Stati Uniti che erano stati chiusi e si riporta l’attenzione sugli interessi vitali degli alleati. Certo, il presidente-eletto dovrà prima occuparsi dei problemi interni. Si inizia dal voto in Georgia per il controllo del Senato. Non credo che una vittoria repubblicana sarebbe una catastrofe per Biden. Ripristinerebbe una tradizione americana di lungo corso, interrotta da Trump, di compromesso fra repubblicani e democratici, e gli permetterebbe di tenere a bada l’ala radicale del partito.

In cima all’agenda dei rapporti bilaterali resta la Cina. L’Italia è rimasta dietro le quinte dell’accordo sugli investimenti fra Cina e Ue. Una debolezza o un vantaggio?

Si vedrà nel tempo. È un accordo problematico per tanti aspetti. Nessuno dubita che si debba trattare con la Cina. Farlo senza tener conto dei rischi di un legame con uno Stato autoritario è un errore. C’è stata troppa fretta, un maggior coordinamento con gli americani sarebbe stato auspicabile. Questo è un cruccio di tutto il mondo occidentale: si può anche parlare con le potenze autoritarie, ma con la consapevolezza che alcune differenze non possono essere annullate.

Mentre l’intesa fra Cina e Ue veniva celebrata, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio partecipava a un incontro bilaterale con l’omologo cinese Wang Yi. Tempismo discutibile?

Non darei troppa importanza a questo tipo di incontri. La politica estera non si gioca su singole conferenze ma su linee di lungo periodo. Quelle, per il momento, sono un po’ sbiadite.

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