Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Effetto Biden su Riad-Doha. I risvolti in Libia secondo Colombo (Ispi/Ecfr)

Sulla Libia come altrove la riconciliazione tra Arabia Saudita (ed Emirati Arabi) e Qatar potrebbe portare modifiche di contesto: il flusso generale porta verso atteggiamenti di dialogo, anche (o soprattutto) per non scontentare l’amministrazione entrante statunitense

La riconciliazione tattica tra Arabia Saudita e Qatar è un fattore determinante nel Golfo. La riapertura delle relazioni bilaterali tra Doha e Riad – che nel giugno del 2017 aveva messo i qatarini in uno stato di isolamento totale – è certamente un passo verso la stabilizzazione delle regione, con effetti che si possono prolungare all’interno dell’intera area MENA (l’acronimo che la dottrina internazionale affida alla fascia Nord Africa – Medio Oriente).

Secondo quanto analizzato su queste colonne da Cinzia Bianco, Riad ha spinto per il riavvicinamento e la chiusura della crisi con Doha soprattutto perché interessata a recuperare terreno e buoni uffici con l’entrante amministrazione statunitense, che sarà guidata dal democratico Joe Biden (che potrebbe tenere con l’Arabia Saudita una postura più rigida di quella vista negli ultimi quattro anni).

L’effetto Biden è possibile anche secondo Matteo Colombo, ECFR Pan-European Junior Fellow e ricercatore associato per l’Area Mena dell’Ispi, che spiega a Formiche.net come l’effetto generale dell’ingresso alla Casa Bianca del presidente eletto è questa possibilità di dialogo tra attori che finora hanno vissuto contrapposizioni anche piuttosto aggressive.

“Sembra che con le elezioni di Biden si sia aperta un po’ una nuova fase – aggiunge Colombo – e la forte contrapposizione, il blocco e la linea massimalista, visti finora pare stiano cambiando. Ci sono Paesi come Kuwait e Oman, ma anche l’Egitto potrei dire, che hanno da sempre una posizione più dialogante e ora stanno dettando un po’ più la traiettoria, anche perché l’Arabia Saudita ha scelto di seguire questa linea, dato che Riad vuole cambiare in parte la sua percezione”.

Uno dei dossier in cui questa contrapposizione interna al mondo islamico si è manifestata in modo più esplicito e aggressivo è quello libico. La Turchia, sostenuta (soprattutto economicamente) dal Qatar, ha appoggiato con sempre maggiore decisione il governo onusiano Gna anche perché a opporsi a questo c’è una milizia ribelle dell’Est che riceve protezione e finanziamento da Emirati, Egitto, e in seconda linea dall’Arabia Saudita. La Libia è stato un territorio di scontro proxy per la faglia intra-sunnita, ruotata sulla dominazione del mondo collegato alla maggioranza musulmana, aspetto che è statao alla base dell’isolamento del Qatar.

Ora potrebbe cambiare qualcosa? “Il Qatar – risponde Colombo – è interessato alla Libia ma fino a un certo punto: sostanzialmente Doha è sul lato del Gna fondamentalmente perché è alleato turco, ha alcuni progetti e interessi, ma più che altro è coinvolto come finanziatore. Se anche il Qatar, a seguito della riconciliazione, dovesse scegliere di mollare il suo coinvolgimento, cosa molto difficile, significherebbe che ci sarebbero meno fondi e non troppo di più. Doha non è il Paese decisivo, il ruolo cruciale lo gioca comunque la Turchia. Ma più che lo specifico è il contesto che cambierà”.

Il ricercatore italiano ricorda comunque come resta la possibilità che attori interni prendano decisioni che vadano a compromettere i movimenti internazionali, cosa che in Libia è praticamente all’ordine del giorno.”Il confronto resta – spiega – ma il punto sostanziale è che non esistono più tabù sul fatto che i due blocchi si parlino. Trasformazione di contesto, in Libia come altrove, dove questo lo vediamo anche con la missione egiziana a Tripoli. Diciamo che già che ciò che prima era difficile da concepire, ora diventa possibile. E questo è anche, o soprattutto, frutto del fatto che la nuova amministrazione americana vede di buon occhio il multilateralismo, approva che tutti si parlino”.

Per ora l’effetto Biden è questo: le contrapposizioni esistenti restano, ma i vari attori in campo decidono tatticamente di passarci sopra, preferiscono affrontarle con il dialogo piuttosto che con lo scontro, ritengono necessario il colloquio per non dispiacere Washington. Almeno per adesso, ossia nella fase iniziale in cui l’amministrazione democratica statunitense darà le proprie carte – amministrazione che per altro, a quanto pare, riceverà il supporto di entrambi i rami legislativi, dunque avrà maggiore capacità di incidere. Un assestamento che ricorda il peso che ancora l’America ha su diversi dossier del mondo; situazioni in stallo da tempo che forse cercavano una forza dinamizzante.

×

Iscriviti alla newsletter