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La Bce, Conte e un Paese che non può fallire sul Recovery Plan. Parla Micossi

L’economista e numero due di Assonime. L’Italia ha avuto più risorse di tutti, è un credito e una benevolenza che non può essere sprecata. Questa crisi politica proprio non ci voleva, adesso bisogna a tutti i costi individuare una governance adatta per il Recovery Plan. L’Authority suggerita da Prodi? Non mi convince. E meno male che c’è la Bce…

Forse ha davvero ragione Christine Lagarde, governatore della Bce, quando sferza i governi dell’Eurozona affinché si diano una mossa nel predisporre i piani di azione propedeutici al Recovery Fund. Il tempo stringe, l’orologio fa tic-tac e almeno per quanto riguarda l’Italia la situazione si è fatta decisamente complessa. Il Recovery Plan uscito da Palazzo Chigi è ancora troppo vago e fumoso e per di più il governo Conte è sul punto di stramazzare a terra sotto i colpi di una crisi politica aperta ufficialmente ieri. Per fortuna, dice a Formiche.net l’economista e direttore generale di Assonime (l’associazione delle spa italiane) Stefano Micossi, c’è chi ci sostiene ancora: la Bce, per l’appunto.

Micossi, il governo Conte è in crisi, barcolla. Che cosa dovrebbero pensare le imprese italiane che lottano per la sopravvivenza?

Difficile dire qualcosa. Avremmo tutti preferito che si trovasse un accordo politico che scongiurasse questa situazione. A un certo punto sembrava che il premier avesse aperto la porta alle richieste che gli erano state avanzate. Ma alla fine non è bastato. Una cosa è certa, bisognava fare di tutto per evitare questa crisi di governo.

Il Paese vive il suo momento più difficile dal Dopoguerra, non lo si può certo negare…

No, l’Italia e le sue imprese stanno affrontando una situazione estremamente complessa. Per giunta c’è da ricordarsi che l’Italia ha degli impegni internazionali a cui non può certo sottrarsi.

Ecco, siamo al punto. Tra meno di tre mesi c’è da presentare all’Ue un piano per il Recovery Fund che però a molti appare ancora vago. E il governo è in difficoltà.

Un piano grosso modo c’è. Certo, va migliorato ma il problema è semmai un altro. L’assenza di una governance e manca del tutto. Non è un dettaglio, perché stiamo parlando di un requisito formale, cioè previsto dallo stesso regolamento del Recovery Fund. Questo è un vuoto che va per forza di cose colmato. Come se non bastasse, mancano le semplificazioni necessarie alla stessa gestione dei fondi. E anche qui, francamente, non capisco queste omissioni.

Eppure due giorni fa Christine Lagarde, presidente della Bce, ha invitato i governi comunitari a velocizzare al massimo la predisposizione dei piani. Completi di governance, ovviamente.

Lagarde è perfettamente conscia delle difficoltà dell’economia europea. L’Italia ha un ruolo cruciale, perché nei suoi confronti, non dimentichiamocelo, è stato fatto uno sforzo di solidarietà non indifferente. Voglio dire, il grosso delle risorse è andato a Italia, Spagna, Grecia. Il problema è che questo sforzo implica il passaggio di alcune linee rosse, e l’Italia deve riuscirci. Altrimenti sarà la prova che noi non abbiam saputo sfruttare questa opportunità, questo credito. Perché il nostro successo è anche quello dell’Europa, non possiamo fallire sul Recovery Fund, anche per questo.

L’ex premier Romano Prodi ha fatto una proposta: un’Authority per il Recovery Plan. Ci sta, o no?

Ci sono molti modi di governare le risorse. Prodi è un uomo molto saggio, bisognerebbe ascoltarlo. Però onestamente ho paura di una nuova Authority, perché la Pubblica amministrazione non la seguirebbe. La via maestra rimane la nostra Pa ma con un centro forte, un coordinatore che riporti direttamente al governo. Altre idee potrebbero non garantire la forza di questo coordinamento.

Micossi, si sarà accorto di una certa benevolenza da parte dei mercati in questi giorni di crisi. Spread contenuto e Borsa cauta… Come lo spiega?

C’è sicuramente il sostegno della Bce, che assicura il finanziamento del nostro debito, che diventa sempre più grande. E poi c’è una certa benevolenza da parte delle cancellerie dell’Ue. Una benevolenza che va a tutti i costi confermata e protetta. Perché se i mercati e gli altri governi prendono coscienza del fatto che siamo incapaci di gestire questa fase, allora la musica cambierà.

Anche perché la Bce non potrà continuare in eterno a sostenere i debiti sovrani…

Per i prossimi due anni, sì. Poi si vedrà.

Politica industriale. In Italia è sconosciuta da anni. Vero o falso?

In questo momento fare della buona politica industriale è aiutare le imprese in difficoltà. Come Assonime abbiamo fatto la proposta di un fondo per la ricapitalizzazione delle imprese. Al di là dei tecnicismi, l’idea è che, dopo le misure per assicurare liquidità alle imprese, ci troveremo ad avere imprese altamente indebitate che avranno difficoltà a riprendere la via degli investimenti e a ripagare i debiti contratti. Senza contare che le imprese italiane già sono parecchio indebitate e sottocapitalizzate. Ci sarà bisogno di nuovi investimenti per adeguarsi alle nuove pratiche di produzione in un mondo che avrà ancora paura dei contagi.

Chiudiamo sugli Stati Uniti. L’era Biden sta per cominciare e Janet Yellen, ex governatore della Fed, è segretario al Tesoro. Ma non sarà facile risollevare un’economia devastata dal Covid.

Guardi, l’amministrazione Usa ha una potenza di bilancio che noi ci sogniamo. E poi il dollaro è sempre la valuta di scambio internazionale senza considerare che gli Stati Uniti stanno già mettendo in campo misure per le imprese. Non mi preoccuperei per l’America, meglio pensare a noi.



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