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Ora tocca a me. Così Conte scende in politica

Al Senato Conte fa il re-play del discorso alla Camera ma la prudenza è doppia e i numeri ballerini. Sul piatto per gli indecisi ci sono rimpasto e legge proporzionale. Poi l’annuncio finale, scende in politica: “Siate con me, io farò la mia parte”

Al Senato Giuseppe Conte entra col passo felpato. Dopo il discorso alla Camera chiuso con un voto di fiducia che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a Palazzo Chigi, 321 sì, la resa dei conti lo aspetta a Palazzo Madama.

Qui la cinghia è più stretta, la maggioranza assoluta, per ora, rimane un miraggio. Dopo un ricordo di Emanuele Macaluso, scomparso questa mattina, il premier riprende in mano lo stesso copione recitato a Montecitorio. Ma il testo è limato, i passaggi più polemici sono stati rivisti.

Così la lunga lista di provvedimenti del governo difesi il giorno prima viene oggi frammezzata da tante postille. Il governo, dice Conte, ha “bilanciato delicati equilibri costituzionali”, ma “con fatica nella convergenza di vedute”.

I ristori per la pandemia sono proporzionali, ma “non sono sufficienti” a compensare le perdite di ristoratori, albergatori, negozianti. E ancora, è “opinabile” se il governo abbia preso o meno le scelte migliori.

La prudenza è d’obbligo, in un’aula che da giorni tiene col fiato sospeso la maggioranza. Da quando Matteo Renzi ha staccato la spina con le dimissioni della squadra di Italia Viva la conta dei “responsabili” si è fatta frenetica, con un lavorio instancabile degli sherpa di Palazzo Chigi. Anche tra chi gli accorda la fiducia non mancano i mal di pancia. Basta sentire Pier Ferdinando Casini, che annuncia il sì ma si dice “molto preoccupato dell’entusiasmo per il pallottoliere mentre si dimenticano le ragioni della politica”.

Questa volta Renzi è in aula, ma Conte ripete la stessa strategia della Camera: un’ora di discorso, neanche una menzione. Niente show contro l’ex premier, in ossequio a quella che Marco Travaglio ha ribattezzato “la legge del 2%”. L’invettiva contro i renziani, semmai, è ancora più flebile. Il premier è in aula per convincere gli indecisi, anche fra i loro.

Sul piatto mette le stesse cose. Rimpasto, “un rafforzamento della squadra di governo”, legge proporzionale, “che possa coniugare pluralismo e stabilità del sistema politico”. Via la delega al comparto intelligence ma, scandisce scrutando l’emiciclo, a un’autorità “di mia fiducia”.

“Bisogna voltar pagina – dice Conte – il Paese merita un governo coeso per favorire la ripartenza della vita sociale e l’incisiva ripresa della nostra economia”. Si parte dallo scostamento al bilancio, calendarizzato già per mercoledì. Servirà una maggioranza assoluta, e ci sarà: i renziani, come annunciato, daranno il via libera.

Poi “un patto di legislatura”, con un’aggiunta. Conte invita a costruire “un nuovo vincolo politico”. Poi promette: “farò la mia parte”. È una discesa in campo, a tutti gli effetti. Amici e avversari avvisati: l’avvocato è entrato in politica.

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