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La Repubblica in coma dei post-grillini e degli straccioni di Valmy

grillini

Da quando i grillini, diventati negli ultimi tre anni post-grillini, si sono accomodati nella famosa scatoletta di tonno che avrebbero voluto smontare pezzo per pezzo, si sono smarriti nei meandri del politicismo. In altre parole, hanno assunto le fattezze peggiori di un partito normale, dal correntismo esasperato alla pratica “poltronista”. Il commento di Gennaro Malgieri

È stata la “parlamentarizzazione” del Movimento Cinque Stelle che lo ha privato della sua identità e del suo slancio pseudo-rivoluzionario. Da quando i grillini, diventati negli ultimi tre anni post-grillini, si sono accomodati nella famosa scatoletta di tonno, vale a dire la “casa della Casta”, che avrebbero voluto smontare pezzo per pezzo, trovandocisi comodi abbastanza per abbandonare l’insano e velleitario proposito, si sono smarriti nei meandri del politicismo. In altre parole, hanno assunto le fattezze peggiori di un partito normale, dal correntismo esasperato alla pratica “poltronista” di pura matrice partitocratica.

Hanno persino fatto credere che il cambio di alleanze, estremamente disinvolto, corrispondeva alla “nuova politica” della quale si presentavano come portatori, incuranti delle categorie storiche e delle appartenenze ideologico-culturali. Dunque, un partner valeva l’altro, lo si poteva cambiare come una camicia. E dimenticare, dunque, con leggerezza la Lega (altro esempio di coerenza…) per abbracciare il Partito democratico e la sinistra estrema è stata cosa da niente. Così pure le opzioni internazionali – da fautori della rivolta dei gilet gialli ad europeisti sostenitori di Ursula von der Leyen – sono state sacrificate al realismo del potere facendoli diventare ciò che non erano ai tempi dei traguardi storici quando si piccavano di voler abolire la povertà e flirtavano con il terzomondismo del quale quell’Alessandro Di Battista era l’alfiere indiscusso. Nella discarica pure lui, i cui toni ribellistici non si confanno ai velluti del Palazzo ed alle felpate macchinazioni per reggere un governo senz’anima, senza progetto e senza capacità.

Per strada hanno perso la Tap, la Tav, i No Vax ed altri allegri movimenti regressisti, ma hanno guadagnato posizioni ragguardevoli nelle stanze dei bottoni, ed uno di loro è stato perfino scelto come “esploratore” nella giungla partitica per tentare di rappattumare i cocci della maggioranza dissolta dalle velleità renziane e dalla caparbietà contiana. Mai tale Roberto Fico, assurto allo scranno più alto di Montecitorio, avrebbe immaginato di tenere per qualche giorno in mano il futuro della Repubblica. Che poi il suo tentativo fallisca ha poca importanza: il medagliere dei post-grillini si è comunque arricchito di un’altra testimonianza della trasmutazione a cui dal 2018 stanno lavorando alacremente incuranti dei consensi che perdono ad ogni tornata elettorale.

Insomma, i Cinque Stelle, nelle cui mani i destini italiani sono finiti, raccolgono pezzi di potere per poter gestire la cosa pubblica, proprio quella che volevano cambiare. E per tale ragione hanno una fifa blu che la situazione precipiti costringendoli a confrontarsi con l’elettorato, quello stesso che per circa due terzi in poco più di trentasei mesi li ha abbandonati.

Non ci sono né serie né nobili ragioni ideologiche che giustifichino la débâcle del Movimento. E neppure sono insorte esigenze politiche legate alla terribile crisi socio-sanitaria che ci tiene in apprensione contando quotidianamente contagiati e morti. Tantomeno la caduta dei Cinque Stelle può essere addebitata ad un radicale sommovimento politico che li ha sommersi. Niente di tutto questo.
Si sono rivelati irrilevanti per il semplice motivo che non hanno saputo strutturarsi come una forza credibile di governo e, legittimati dall’essere il primo gruppo parlamentare alla Camera ed al Senato, reclamare il ruolo che costituzionalmente gli spettava.

Consapevoli della loro inadeguatezza hanno preferito controfigure surrogate dall’establishment (che pure combattevano) immaginando di manovrarle come burattini, mentre non si accorgevano che venivano a loro volta manovrati. Sicché la crisi di governo in atto li vede protagonisti, per la terza volta in questa legislatura, ma in negativo, vale a dire subalterni al Pd, a Renzi, ai raccoglitori della polvere del potere altrimenti chiamati “Responsabili” o “Costruttori”, cascami del velleitarismo partitocratico che tutti insieme, se fossero uniti da un’ambizione comune, potrebbero determinare sorti di un esecutivo: straccioni di Valmy che con disinvoltura hanno cambiato casacca – a cominciare dagli eletti grillini – ed ora vorrebbero essere i puntelli di una immaginaria maggioranza.

A questi il Movimento pentastellato non ha mosso un appunto, non li ha neppure apostrofati come voltagabbana, chissà, forse per decenza: del resto se due anni fa avevano fatto un governo con i loro più accaniti nemici e dodici mesi dopo un altro con altrettanti avversari, non avrebbero potuto tacciare i molti Fregoli del Parlamento di incoerenza e rifiutare il loro ipotetico appoggio per tenere insieme la traballante maggioranza che ha sostenuto e difficilmente sosterrà quell’avvocato pugliese, abile al punto di essere anti europeista ed europeista, a seconda delle stagioni, simpatizzante di Trump e poi amico di Biden, prodotto dell’opportunismo al punto di cercare tra i sullodati straccioni di Valmy – miserabili e grottesche figure della commedia dell’arte politica all’italiana – i suoi possibili compagni d’avventura nella ipotizzata formazione politica che sembra stia mettendo in campo.

In questo scenario, segnato dal maggior partito della coalizione che si sfalda, dal presidente del Consiglio in pectore che pensa al suo futuro (magari anche in Europa se Gentiloni dovesse prendere il suo posto a Palazzo Chigi), dalle frattaglie partitiche che come anime vaganti s’aggirano tra i Palazzi elemosinando posti in cambio di voti, dovrebbe nascere un governo, addirittura di unità o di salvezza nazionale.

Ridicolo se non fosse drammatico. Mentre la tragedia dei vaccini, delle mascherine, del distanziamento, dell’igiene preventiva come un coperchio protegge il verminaio politico sottostante dall’ira del popolo che ha ben altro a cui pensare e lascia a lorsignori i giocherelli nei quali sono diventati esperti. Ma prima o poi il coperchio salterà e tutti, anche i più distratti, potranno vedere che la Repubblica non è stata salvata, ma anzi è entrata in coma. Irreversibilmente.


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