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Vi spiego come (ri)scrivere il Recovery Plan. Parla Cottarelli

“Tutti i Paesi del versante sud europeo, tranne l’Italia, hanno già presentato la bozza alla Commissione. Questo è effettivamente un problema”, sostiene Carlo Cottarelli in una conversazione con Formiche.net. Un governo di larghe intese? “Non ne vedo le condizioni al momento”

“Tutti i Paesi del versante sud europeo hanno presentato alla Commissione Ue una bozza di piano per il Recovery, tranne l’Italia. Questo è effettivamente un problema.”

Lo dice a Formiche.net Carlo Cottarelli, economista italiano fra i più noti a livello internazionale, (è direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e insegna all’Università Luigi Bocconi), soprattutto è il nome non politico interpellato nel 2018 dal Capo dello Stato.

All’Italia andrà il 30% circa delle risorse stanziate. Quindi se falliremo ci sarà anche un danno di immagine (ed economico) per l’Ue? Per questo Bruxelles è preoccupata per il Recovery Plan in Italia?

L’Ue non è al momento preoccupata per il Recovery Plan italiano, almeno per quanto ne sappiamo. Ho letto alcune delle osservazioni che ci riguardavano, ma le confesso che sono io ad essere preoccupato per l’Italia. Le istituzioni europee non hanno ancora dato un parere di merito. Il commento del commissario Gentiloni è stato fatto in generale su quei piani che sono stati già avanzati, ovvero sulla necessità di avere delle riforme, e non soltanto in Italia ma anche negli altri paesi. Ciò non è stato specificato in maniera sufficientemente chiara, non solo da Roma.

Francia in settembre e Grecia in novembre hanno presentato i primi documenti con le linee guida in Ue. Perché l’Italia ha tardato?

La Francia credo che abbia presentato il proprio piano al pubblico, ma formalmente non ancora alla Commissione. Una decina di Paesi lo hanno fatto, come tutti i Paesi del versante sud europeo, tranne l’Italia. Questo è effettivamente un problema. A voler essere generosi si può dire che avendo l’Italia il piano più grosso necessita di più tempo per scriverlo. Però, insomma, si è perso troppo tempo, su questo non c’è dubbio. Ora l’obiettivo è inviarlo entro aprile, ma non più come una versione-bozza bensì nella versione finale. Al tempo stesso è chiaro che negli ultimi mesi ci sono stati dei contatti con la Commissione.

Confindustria sul Recovery contesta al governo “la mancata conformità con le linee guida indicate dalla Ue”. Ha ragione?

Ci sono elementi delle raccomandazioni europee che non sono ancora state affrontate: penso alla burocrazia, alla scarsa concorrenza, alla riforma della giustizia civile. Si tratta di aree in cui il piano italiano non è sufficientemente ambizioso.

Cosa accadrebbe se Roma attuasse un piano senza un disegno di insieme, ma frutto di generici capitoli di spesa?

Intanto adesso ci sarà l’input della Commissione europea, che evidentemente non approverà qualunque cosa venga presentata. Mi aspetto che alla fine si trovi un equilibrio e un accordo con l’Ue migliorando il piano per renderlo più incisivo in quei settori citati.

La crisi di governo che impatto avrà sul piano?

Bisognerà vedere come andrà a finire, al momento tutte le opzioni sono sul tavolo. Se andasse avanti il governo nella sua formazione più o meno attuale, si perderebbero solo poche settimane: non cambierebbe la sostanza, l’importante è che si giunga ad un piano che sia buono e condiviso dall’Ue, visto che i denari in arrivo sono davvero tanti. Ricordo che però non è solo una questione di soldi, perché a noi servono le riforme, ovvero quelle cose per far ripartire il paese. I soldi sono uno strumento per realizzare ciò che, fino ad oggi, non siamo riusciti a fare.

Come potrà il governo attuare quel debito buono teorizzato da Mario Draghi in contrapposizione al debito cattivo?

Se ci sarà un piano buono, allora si produrrà anche un debito buono.

La Recovery Authority, proposta da Romano Prodi, sarebbe utile in questo senso?

Credo che lo strumento migliore per attuare il piano, dal punto di vista della governance, sia quello di una struttura piuttosto snella alla presidenza del Consiglio, con compiti di supervisione e coordinamento, responsabile per ogni ente pubblico coinvolto nel Recovery. Pensare ad una struttura esterna da creare dal nulla mi sembrerebbe molto complicato, anche in termini di tempi a disposizione. Temo che ci sarebbero anche non poche interferenze con le strutture ministeriali che, alla fine, devono essere ovviamente coinvolte.

La Grecia in quasi default nel 2012 scelse un governo di larghe intese per “accogliere” la troika ad Atene. In Italia?

Non ne vedo le condizioni al momento, perché l’hanno escluso sia il centrodestra che il centrosinistra. Non c’è l’intenzione di un governo ampio. Le opposizioni hanno più volte manifestato la volontà di andare alle urne e non vedo che vantaggio trarrebbero dal cambiare idea, per abbracciare un governo di unità nazionale.

Conte si dimetterà? Come finirà la crisi?

Non ho proprio idea.

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