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Lo Stato dentro Stellantis non è una cattiva idea, anzi. Parola di Misiani

Intervista al viceministro dell’Economia: ma quali spettatori della partita, abbiamo seguito gli sviluppi della fusione e garantito a Fca un prestito da 6 miliardi. E comunque un ingresso dello Stato in Stellantis non va escluso, a patto che sia una scelta di politica industriale. I nostri asset strategici? Una priorità difenderli

Si fa presto a fare lo spettatore, assistendo alla partita dalla panchina. Peccato che le cose non siano andate così se l’evento in questione è la fusione tra Psa e Fca in Stellantis e lo spettatore, che spettatore poi non è, è lo Stato italiano. Antonio Misiani, viceministro dell’Economia in quota Pd, non vede una sconfitta della nostra politica industriale nella maxi-operazione da 40 miliardi e passa che ha portato a inizio anno alla nascita del quarto costruttore mondiale di auto. E comunque, confida a Formiche.net, c’è sempre tempo per fare un passo in avanti.

Viceministro Misiani, a detta di molti lo Stato italiano si è mostrato poco più che spettatore nel percorso che ha portato alla creazione del quarto costruttore di auto mondiale. Non era meglio essere della partita, fin da subito, come fatto dai francesi?

Lo Stato francese era già presente nel capitale di Psa ben prima dell’inizio del percorso che ha portato alla nascita di Stellantis. Quanto al governo italiano, abbiamo seguito e valutato con favore l’operazione, perché comporta importanti ricadute positive per il comparto dell’auto in Italia.

Dunque niente panchina, ma ruolo titolare fin dal fischio di inizio?

Non siamo stati della partita in termini di partecipazioni azionarie, ma non siamo certo rimasti alla finestra. Abbiamo monitorato con attenzione gli sviluppi della fusione e siamo intervenuti a sostegno di Fca Italy garantendo un prestito di oltre 6 miliardi di euro.

Due giorni fa ha detto che un ingresso dello Stato Italiano nell’azionariato non è da escludere, a patto che ci siano delle condizioni. Quali?

Ho espresso un mio giudizio personale, sottolineando che un eventuale ingresso dello Stato italiano non può essere considerato un tabù, ma andrebbe valutato all’interno di un ragionamento più ampio, che deve necessariamente partire dalla consapevolezza che si sta parlando di società quotate in più mercati azionari mondiali. E che quindi un’eventuale operazione di questo tipo non potrebbe che avvenire in modo del tutto consensuale, non certo aggressivo. Ma non è tutto.

Prego.

Soprattutto dovrebbe essere funzionale ad una strategia di politica industriale, nell’ambito di una visione complessiva, che riguardi la produzione di veicoli e l’intero comparto automotive. Il tema dell’azionariato viene dopo un ragionamento di politica industriale che va fatto per quanto riguarda la produzione di veicoli e l’intero automotive. L’Italia ha un settore della componentistica importantissimo fortemente interconnesso con le altre economie europee. Dobbiamo valorizzarlo e sostenerlo.

Misiani, spesso si dice che la Francia scippi le nostre imprese migliori. A volte è vero, a volte no. Nel dubbio, non sarebbe meglio dotarsi di una politica industriale a prova di straniero?

La politica industriale deve porsi come obiettivo il rafforzamento del nostro apparato produttivo, l’occupazione e lo sviluppo sostenibile, non il contrasto a prescindere di investimenti stranieri. In quest’ottica, operazioni di così ampio respiro come Stellantis sono benvenute, se in grado di produrre benefici rilevanti per tutti gli stakeholder.

Proteggere i nostri asset però ha la sua importanza, non crede?

Sì. Tutelare i settori strategici del nostro sistema produttivo è e resta una priorità da perseguire sia con l’utilizzo oculato degli strumenti a nostra disposizione, Golden Power compresa, ma anche, e forse soprattutto, con una prospettiva di più ampio respiro, che incoraggi i processi di crescita e trasformazione che di per sé sono in grado di rafforzare, e quindi difendere, le nostre realtà industriali e produttive.

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