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Strage a Baghdad. L’ombra dell’Is e le elezioni

Un attentato sanguinario squarcia Baghdad. Due kamikaze si fanno esplodere in un mercato e si aprono scenari che riguardano anche le elezioni recentemente spostate dal governo

Una doppia esplosione ha dilaniato il mercato dell’abbigliamento nella zona di Bab al-Sharji vicino a piazza Tayaran, un’area del centro di Baghdad. Dalle immagini e dalle informazioni che Formiche.net raccoglie grazie a Sempre, testata giornalistica della Comunità Papa Giovanni XXIII, si è trattato di un attentato esplosivo. La Comunità è presente nella capitale irachena, che da tempo non veniva investita da certi atti di violenza sanguinaria.

Ci sono 30 persone morte, circa 100 ferite molte in condizioni critiche, dunque il bilancio è destinato ad aumentare. L’esplosione – ripresa dai terrazzi sovrastanti al mercato – è avvenuta in mezzo alla gente. Secondo le informazioni raccolte da Sempre, un primo attentatore ha iniziato a dire di aver mal di stomaco e ha raccolto attorno a sé un gruppetto di persone che volevano aiutarlo, a quel punto si è fatto esplodere. Il secondo si è fatto saltare in aria mentre altre persone erano arrivate a soccorrere le vittime della prima detonazione.

Non ci sono rivendicazioni, ma è molto plausibile – stante al modus operandi – che si tratti di un attacco organizzato dallo Stato islamico. L’Is aveva conquistato grosse fette del paese, ma non era mai arrivata alla capitale nel suo controllo territoriale, e questo genere di attacchi sono sempre stati rari, perché Baghdad è protetta da un dispositivo di sicurezza teoricamente molto serrato. L’ultimo attentato ha colpito la città a gennaio 2018 (morirono 35 persone).

Ultimamente i baghdadisti, ridotti a forza clandestina strisciante dopo la perdita della statualità, erano tornati a muoversi (a novembre del 2020 c’era stato un attentato nella provincia di Salahuddin), e sull’azione c’è una sovrapposizione temporale importante. Il governo iracheno ha spostato le elezioni generali anticipate da giugno a ottobre per dare alle autorità elettorali più tempo per registrare gli elettori e i nuovi partiti. Decisione percepita come un tentativo di prendere tempo da parte di chi amministra il potere, nonostante la crisi legata anche alla pandemia, corra.

“È triste quello che è successo, ma è ancor più triste il fatto che sono certa che mentre saremo occupati a piangere i nostri morti, tutte le fazioni politiche costruiranno il loro gioco politico su questo evento per convincerci ad eleggerli in nome della sicurezza”, ha spiegato la fonte di Sempre. Il gioco politico è mosso da fazioni armate come i gruppi che fanno parte della Popular mobilization force, la milizia ombrello con cui l’Iran ha voluto raggruppare – per coordinarle – tutte le unità politico-militari che hanno combattuto lo Stato islamico negli anni passati.

Contro le realtà interne della macro-fazione ci sono state diverse proteste nel corso del 2019 e del 2020 perché considerate responsabili della corruzione endemica che blocca il paese e viste come interessate solo al proprio tornaconto e al gioco di influenza che l’Iran intende esercitare attraverso di loro nel paese.


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